CBD: dove non è arrivato Speranza è riuscito Schillaci

Il CBD (cannabidiolo) e il THC (tetraidrocannabinolo) sono i principi attivi della cannabis più noti, il primo non è contenuto nelle tabelle delle Convenzioni Onu, il secondo sì. Entrambi hanno anche impieghi terapeutici, spesso anche accoppiati. Gli stati membri delle Nazioni unite che hanno ratificato i tre documenti sulle sostanze narcotiche e psicotrope sono tenuti ad adeguare le normative nazionali a quanto previsto dalle convenzioni internazionali. Se una sostanza non è in tabella, come per esempio il CBD, lo Stato non ha l’obbligo di imporre ulteriori ristrettezze normative. La mancanza di evidenze scientifiche relative alla pericolosità del principio attivo, legate al suo ampio uso terapeutico sotto controllo medico e, come nel caso dell’Unione europea, l’esistenza di decisioni della Corte di giustizia europa che non consentono la proibizione di un prodotto liberamente prodotto e/o commerciato in un altro stato dell’UE avrebbero quindi sconsigliato l’adozione del primo decreto del 2020 a cui qualche settimana fa il Governo Meloni ha messo mano.

Infatti, il 7 agosto scorso, un decreto del Ministro della Salute Orazio Schillaci, ha revocato il decreto del Ministro della salute Roberto Speranza che il 28 ottobre 2020 aveva sospeso l’entrata in vigore di un altro suo decreto a seguito di una levata di scudi da parte di associazioni di persone malate che usano la cannabis terapeutica, farmacisti e organizzazioni della società civile che avevano criticato fortemente la decisione di includere il CBD nella tabella delle sostanze stupefacenti. 

Il decreto di quest’anno in premessa ricorda l’intricata serie di stop and go di richieste di pareri tecnici all’Istituto superiore di sanità, al consiglio superiore di sanità per arrivare perfino a ricordare un voto in seno alla Commissione Droghe delle Nazioni unite per giustificare la necessità dell’entrata in vigore del decreto di Speranza. Naturalmente non si ricorda la decisione della Corte del Lussemburgo né le innumerevoli raccomandazioni dell’Organizzazione della sanità circa i benefici terapeutici del CBD. Assenti anche studi indipendenti a conforto della eventuale tossicità e potenziale pericolosità del CBD.

Schillaci quindi porta quindi a termine un iter legislativo avviato da Speranza tre anni fa. A conferma del conservatorismo anti-scientifico della politica italiana di destra e di sinistra, all’inizio del 2022 – senza alcun conforto scientifico – Speranza aveva preso decisioni analoghe relativamente alla ayahuasca. Contro una politica ufficiale che si è formata su leggi e propagande proibizioniste non resterà che tornare a interessare le giurisdizioni nazionali e internazionali perché, in questo caso, si vanno. creare irragionevoli ostacoli al diritto alla salute di chi trae giovamento dall’uso di prodotti a base di CBD oltre che alla ricerca scientifica che adesso dovrà avere a che fare con una serie di ulteriori limitazioni burocratiche derivanti alla tabellazione del principio attivo.