Con Bassiouni scompare uno studioso e un militante dello Stato di Diritto

Lunedì 25 settembre è venuto a mancare nella “sua” Chigago, M. Cherif Bassiouni, uno dei rari casi di accademico in prima linea per la denuncia delle violazioni dei diritti umani e di instancabile militante della traduzione dello spirito e lettera dei trattati internazionali in istituzioni per la promozione di una giustizia realmente terza e giusta nei confronti anche dei peggiori criminali.

Nella sua ultra quarantennale carriera, il Professor Bassiouni ha ricoperto 22 cariche in seno alle Nazioni Unite, fra le quali: Presidente e poi Membro della Commissione di Inchiesta per la Libia (2011-2012); Esperto Indipendente per i Diritti Umani in Afghanistan (2004-2006); Presidente del Comitato di Redazione della Conferenza Diplomatica sull’Istituzione di una Corte Penale Internazionale (1998); Vice-Presidente del Comitato Preparatorio dell’Assemblea Generale per l’Istituzione di una Corte Penale Internazionale (1996-1998); Vice-Presidente del Comitato Ad Hoc dell’Assemblea Generale per l’Istituzione di una Corte Penale Internazionale (1995); Presidente della Commissione di Esperti Stabilita in Conformità alla Risoluzione n. 780 del Consiglio di Sicurezza per Investigare le Violazioni al Diritto Umanitario Internazionale nell’ex-Jugoslavia (1993-1994).

Ho conosciuto Bassiouni, all’inizio della mia ventennale “carriera” a metà degli anni ’90 quando al Palazzo di Vetro erano iniziati i lavori che avrebbero portato alla convocazione a Roma di una conferenza diplomatica di plenipotenziari per l’adozione dello Statuto della Corte Penale Internazionale – uno degli obiettivi fissati dal Partito Radicale alla fine degli anni Ottanta nel momento in cui era stata decisa la sua evoluzione da soggetto politico elettorale italiano in organizzazione trans-nazionale.

Bassiouni si era iscritto al Partito e, grazie al costante lavoro di Marino Busdachin, era pienamente coinvolto con le attività dell’associazione Non c’è Pace senza Giustizia nata da una campagna del PR. Nato in Egitto nel 1937 da una famiglia copta, Bassiouni si trasferì negli USA a 25 anni dove finì i propri studi perfezionandoli successivamente in giro per il mondo; era sposato a un’italiana. Parlava perfettamente, arabo, inglese e italiano, ma conosceva tutte le lingue e i linguaggi della diplomazia formale e informale e non si tirava mai indietro quanto si rendevano necessarie delle indagini sul campo. E’ proprio grazie a una di queste sue missioni nei Balcani che finirono i traccheggiamenti intorno all’operatività del Tribunale ad hoc per la ex Jugoslavia.

Negli ultimi anni era tornato ad avvicinarsi al Partito Radicale concordando con Marco Pannella che occorresse operare, con particolare attenzione verso il mondo arabo, per il “diritto alla conoscenza”.

Bassiouni ha seguito i Radicali in giro per il mondo in decine di conferenze organizzate negli anni Novanta contribuendo con argomenti giuridici alle campagne transnazionali per porre fine all’impunità per i peggiori crimini contro l’umanità senza evitare accesissime discussioni con Sergio Stanzani a proposito di tutto: dal fumo alle “cose di cui parlavano una volta certi uomini”, dalla politica italiana ai finanziamenti per le organizzazioni non-governative. Talmente accesi diventavano quegli scambi che chi non capiva l’italiano pensava che i due fossero pronto a scannarsi.

Nell’estate del 1998, durante le cinque settimane di negoziati che alla FAO portarono all’adozione dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, Bassiouni presiedette giorno e notte il comitato di redazione del testo finale lasciando il suo tavolo giusto per andare a dormire. Scomparve per oltre un mese dall’occhio pubblico per portare a casa il miglior compromesso possibile – e nessuno più di lui sapeva praticare l’arte del compromesso avendo partecipato ai negoziati a New York in forza alla delegazione egiziana e statunitense ed essendo stato vicino all’Italia in momenti cruciali. Non credo che però fosse soddisfatto di come la Corte stesse operando.

Nel 2000, quando lo cercai per un aiuto per organizzare la difesa che stavo coordinando per salvare il Partito Radicale dall’attacco che la Federazione Russa gli aveva lanciato a seguito dell’intervento di un parlamentare ceceno alla Commissione Diritti Umani di Ginevra, mi tenne un pomeriggio a parlarmi male di Pino Arlacchi all’epoca capo dell’Ufficio dell’ONU sulla droghe e il crimine. Ebbene si, Bassiouni era anche anti-proibizionista.

I suoi ultimi incarichi lo avevano portarono a interessarsi di Libia e Bahrein. Alla fine dei suoi rapporti c’erano sempre raccomandazioni non ideologiche elaborate sulla base di anni e anni di esperienza legale e diplomatica.

In virtù della sue lotta all’impunità, Bassiouni ha avuto problemi di ogni tipo ma ne è sempre uscito pronto per ributtarsi a capofitto nella lotta. Anche nella battaglia più difficile, quella contro il mieloma, ha resistito fino all’ultimo. La sua eredità va oltre le decine di articoli scritti e raccolte di saggi curati e interventi in consessi pubblici o diplomatici, la sua eredità è quella di un militante dello Stato di Diritto a tutto tondo senza concessioni alle convenienze personali.

Addio Professore.

Qui tutti gli interventi del professore registrati da Radio Radicale.