Le sementi ibride sono più produttive, vigorose e resistenti rispetto alle normali sementi pure. Questo vale non solo per forse il più celebre mais, di cui si semina solo l’ibrido, ma anche per altri cereali tra cui il riso.
Il seme ibrido deriva dall’incrocio di due piante geneticamente diverse, pertanto non solo non può originarsi da autoimpollinazione ma la sua qualità dipende dal tipo di piante incrociate. Ma mentre per il mais produrre sementi ibride è relativamente semplice e può essere fatto a basso costo, per il riso fare semi ibridi è difficile e laborioso.
Per questo motivo in Europa non si produce seme di riso ibrido perché, nonostante i vantaggi in termini di crescita, resistenza e produttività maggiore fino ad oltre il 30% della pianta ibrida, la sua produzione resta troppo onerosa.
Le aziende sementiere e gli scienziati studiano e provano da anni nuove strategie per produrre seme di riso ibrido, ma fino ad ora una soluzione alternativa ai laboriosi incroci classici non si era trovata. Ma ancora una volta la caparbietà degli scienziati unita alle nuove tecnologie per modificare i genomi ha portato ad una tecnica rivoluzionaria per fare i semi ibridi di riso.
È stato pubblicato oggi (12.12.18) su Nature un articolo del gruppo di ricerca di Venkatesan Sundaresan, professore ad UC Davis, California e ricercatore noto per i suoi studi sulla riproduzione delle piante. Nello studio si dimostra come il gene BBM1 sia sufficiente alla attivazione dello sviluppo del seme.
Questa, associata all’eliminazione tramite CRISPR dei tre geni REC8, PAIR1 e OSD1 che controllano la ridistribuzione dei caratteri nell’incrocio, fa si che riso faccia semi geneticamente identici alla pianta madre. Evitando la fecondazione si potranno propagare piante ibride senza dovere incrociare due piante diverse ad ogni generazione, gli ibridi in altre parole potranno essere “fissati”.
La conoscenza profonda ottenuta da anni di studi dei meccanismi molecolari che controllano i diversi aspetti della riproduzione hanno permesso di sviluppare un approccio assolutamente innovativo e potenzialmente applicabile a qualsiasi varietà di riso, superando tutte le limitazioni della produzione degli ibridi classici per incrocio.
I dati presentati da Venkatesan Sundaresan e dai colleghi oggi possono avere enormi vantaggi in agricoltura ma…la legislazione ci permetterà di giovare di queste scoperte? O il riso ibrido biotecnologico di Sundaresan rimarrà nel cassetto insieme a tante altre scoperte e saremo costretti a continuare a utilizzare solo vecchie tecnologie per l’innovazione in agricoltura? Sicuramente ci saranno paesi che decideranno di avvantaggiarsi di queste scoperte, è importante essere tra quelli!
Vittoria Brambilla è laureata in Scienze Biologiche e ha conseguito il dottorato di ricerca in Biologia Vegetale tra l’Università degli Studi di Milano e l’Università di Dusseldorf. Ha lavorato come ricercatrice post doc al Max Planck Institute for Plant Breeding Research di Colonia e al Dipartimento di Bioscienze dell’Università degli Studi di Milano. Nella stessa università, dal 2017 guida un piccolo gruppo di ricerca al Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali. In laboratorio porta avanti progetti di ricerca di base di biologia dello sviluppo e progetti applicati per il miglioramento genetico del riso. Crede nell’importanza della ricerca scientifica nel progresso tecnologico in agricoltura e con l’Associazione Luca Coscioni si impegna nella divulgazione scientifica delle biotecnologie vegetali.