420, giornata mondiale della Cannabis ma non in Italia

Da una trentina d’anni “420”, o “4:20”, è la sigla per ricordare la giornata mondiale per la marijuana. L’espressione deriva dall’ora in cui nel 1971 cinque liceali californiani si trovavano per farsi le canne recuperando il fumo nascosto nei giardini della scuola. Quella caccia al tesoro fu trasformata in leggenda metropolitana dalla rivista High Times che nei primi anni ’90 la rilanciò. Da allora in tutto il mondo il 20 aprile (negli USA il mese viene prima del giorno) si tengono eventi per la cannabis libera – anche se non necessariamente per come liberarla.

 

L’intenzione degli antiproibizionisti italiani era quella di celebrare il 420 del 2022 con il lancio della campagna per il Sì al referendum per legalizzare la cannabis. La decisione della Corte costituzionale ha mandato in fumo i preparativi, ma non per questo la giornata di oggi non verrà sfruttata per tornare a insistere sulle necessità di conquistare una regolamentazione legale per la coltivazione e l’uso della pianta proibita.

 

Alle ore 4 e 20 fino alle 7 di sera, l’Associazione Luca Coscioni, Forum Droghe e Meglio Legale, tra gli ideatori del referendum, promuovono un webinar su quanto può ancora esser fatto in Italia, Europa e nel resto del mondo per liberare la cannabis. Grazie alla partecipazione di una ventina di esperti si affronteranno le famigerate Convenzioni internazionali, le possibilità di azione popolare a livello europeo nonché le prospettive legislative incardinate alla Camera col disegno di legge Magi-Licatini che per ora non hanno alcuna certezza di conclusione.

 

Il Comitato promotore del referendum, ispiratore dell’incontro di oggi, ritiene che la decisione della Consulta sia viziata da un errore materiale nella lettura del Testo Unico 309/90 sulle droghe e da un’interpretazione arbitraria – e datata – degli obblighi internazionali derivanti dalle Convenzioni dell’Onu sulle sostanze psicotrope e narcotiche. Per questi motivi è stato deciso di avviare la preparazione di un ricorso contro la decisione dei giudici costituzionali che si concluderà dopo una serie di incontri con esperti costituzionalisti che, partendo dalla definizione del documento, individueranno e proporranno interlocuzioni direttamente con la Corte Costituzionale articolando inoltre proposte di riforma organica della normativa vigente relativa all’istituto referendario in modo da poter “tornare alla Costituzione” in occasione di eventuali – se non probabili – futuri ricorsi a raccolte firme anche in materia di droghe.

 

La Consulta, per rafforzare la propria interpretazione ultra-conservatrice delle Convenzioni, tralasciando il particolare che il  Testo unico sulle droghe non è mai stato inteso come una “legge di attuazione di ratifica di un trattato internazionale”, ha fatto esplicito riferimento anche alla decisione del Comitato Giustizia e Affari Interni (GAI) del Consiglio europeo del 2004 che, pur rivedendo al ribasso le sanzioni penali relative all’uso personale della cannabis, conferma che questo debba essere penalizzato. Oltre a non essere prevista tra i requisiti per l’ammissibilità del referendum, né essendo mai stata incorporata nel nostro ordinamento, la decisione GAI resta comunque un atto che prevede impegni a livello continentale. Per questi motivi da qualche anno sono in corso studi e contatti tra gruppi di attivisti nell’UE per individuare il testo di una “iniziativa dei cittadini europei” (ICE) che possa rivedere radicalmente le raccomandazioni punizioniste comunitarie rendendo meno difficile le riforme nazionali in materia di cannabis. Per presentare un’ICE alla Commissione occorrono referenti nazionali da almeno sette Stati membri dell’Unione che devono raccogliere almeno un milione di firme distribuite in modo proporzionale alla popolazione nazionale di chi partecipa. L’iniziativa è coordinata a livello europeo dal movimento EUmans, lanciato da Marco Cappato a Varsavia un mese fa, e presto verrà depositata presso la Commissione.

 

In occasione della Commissione droghe dell’Onu del marzo scorso è stato presentato uno studio (ne ha scritto Grazia Zuffa) in cui si ricostruiscono le motivazioni del perché nel 1961 si adottò la Convenzione unica sulle droghe evidenziando i passaggi che non impongono la proibizione come strumento di controllo lasciando ampia libertà a progetti (anche) di legalizzazione ai vari Stati – cosa peraltro già accaduta in Uruguay, Canada e Malta, oltre che in 19 Stati USA. Gli autori presenteranno lo studio insieme ad attivisti statunitensi che aggiorneranno su quanto avvenuto nel Congresso USA qualche giorno fa relativamente al MORE Act.

 

Ultimo, ma non ultimo, il panorama politico legislativo italiano: da settembre scorso la Commissione giustizia della Camera ha adottato un testo base che, pur essendo previsto per un dibattito in Aula nel mese di giugno (quando però sono previste le elezioni amministrative) continua a esser cancellato dall’ordine del giorno delle Commissioni che dovrebbero votare i quasi 600 emendamenti(quasi tutti peggiorativi) di un testo nato per andare a indurire le pene anche per i fatti di lieve entità, recuperato alla ragione grazie a un progetto di legge di più ampia portata presentato da Riccardo Magi di Più Europa e fuso con la proposta di Caterina Licatiini del Movimento 5 Stelle che consentirebbe la coltivazione domestica di quattro piante di cannabis. Il Presidente della Commissione Giustizia Mario Perantoni, anche lui M5S, si è assunto la responsabilità di essere relatore ma non quella di assicurare, per ora, il buon esito dell’iter. Il webinar si concluderà con la partecipazione dei parlamentari che maggiormente si sono spesi in questi mesi perché le promesse, anche elettorali, fossero mantenute al momento delle decisioni legislative.