Colao difenda la “sua” firma digitale

Mario Staderini, Marco Gentili e Riccardo Magi

Firma l’appello al Governo per la firma digitale

Da una ventina d’anni si parla di e-government, cioè della possibilità di poter interagire online con la pubblica amministrazione per poter sbrigare numerose pratiche burocratiche, raramente si parla invece di e-democracy, cioè della possibilità di “godere del progresso scientifico e delle sue applicazione” per far valere i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali. Una possibilità che dovrebbe essere centrale a una strutturale transizione verso una democrazia digitale o OnLife, come direbbe Luciano Floridi.

Onlife è un neologismo che si riferisce all’esperienza in cui “non si distingue più tra online o offline” e dove “non è più [neanche] ragionevole chiedersi se si è online o offline”. Nell’Online Manifesto coordinato da Floridi nel 2015 si premette che “siamo probabilmente l’ultima generazione a sperimentare una chiara differenza tra offline e online […] le dicotomie scontate come quelle fra reale e digitale o umano e macchina non sono più sostenibili in maniera nitida”. 

Nell’estate del 2021, per la prima volta nella storia della Repubblica italiana, e unico caso al mondo, l’Associazione Luca Coscioni ha raccolto oltre 1 milione di firme online a sostegno di referendum su Eutanasia e Cannabis. La sottoscrizione dei quesiti era stata resa possibile dall’anticipo dell’entrata in vigore di una norma adottata dal Governo per rispondere a una serie di osservazioni del Comitato Onu sui diritti umani e dalla possibilità di poter utilizzare un service provider privato, già autorizzato per altri tipi di firme digitali, per consentire l’esercizio di un diritto politico grazie lo SPID e altre modalità meno conosciute.

La possibilità di usare la firma digitale per godere di un diritto e non solo per poter sveltire passaggi burocratici aveva fatto entrare l’Italia nell’OnLife politico istituzionale relativamente all’attivazione dell’articolo 75 della Costituzione..

L’anticipo dell’entrata in vigore ad agosto 2021 delle norme adottate l’anno prima in conseguenza della decisione del Comitati diritti umani dell’ONU nel caso Staderini/DeLucia vs Italy, dava seguito a un accordo informale raggiunto dall’Associazione Luca Coscioni con il ministro Vittorio Colao per cui, in assenza di una piattaforma pubblica, i promotori del referendum si sarebbero adoperati per trovarne una con caratteristiche simili. Avendo per anni denunciato gli “irragionevoli ostacoli” frapposti alla agibilità democratica in Italia, i comitati dei referendum eutansia e cannabis avevano avviato da tempo contatti con un’azienda per rendere possibile la raccolta firme online.

Grazie alla disponibilità, e sensibilità civica, di Gianni Sandrucci, AD di ItAgile, una società specializzata nella fornitura di soluzioni informatiche per il documento digitale, l’emendamento presentato ad agosto scorso dal Deputato Riccardo Magi divenne immediatamente applicabile e dal 12 agosto partì la raccolta online per l’eutanasia legale con dei costi fissi. Ogni firma online aveva il costo di 0.40 di autenticazione SPID, 0.20 per il certificato qualificato, 0.20 gestione del documento firmato – incluso invio PEC per certificato elettorale – e 0.5 per la marca temporale qualificata più IVA al 22% – totale 1.05 Euro. Per qualche strano arcano fiscal-burocratico le firme raccolte per una proposta di legge d’iniziativa popolare hanno l’IVA al 4%…

La firme online ha consentito di raccogliere in 6 giorni le prime 500.000 firme in calce al referendum sulla cannabis. Questa partecipazione straordinaria che in un mese ha fatto raccogliere oltre un milionie di firme per entrambi i questiti non ha sorpreso i comitati promotori – tanto l’eutanasia quanto la cannabis sono tematiche molto popolari a livello socio-culturale e che si confrontano col silenzio della politica – ma ha incontrato lo scetticismi di accademici e intellettuali che hanno subito gridato alla “sivlizzazione” o “iper-semplificazione” dell’istituo referendario. 

“Non ho assolutamente messo in discussione l’istituto referendario” ha dichiarato Massimo Cacciari a Radio Radicale commentando un suo editoriale per l’Espresso dell’autunno scorso “ma la situazione generale in cui oggi si colloca la pratica di questo istituto”. Secondo l’ex sindaco di Venezia la situazione generale sarebbe quella creata dall’avvento della firma digitale che gli aveva fatto scrivere “Coi clic Ferragni ne potrebbe indire 500 al giorno”. 

Ove mai Chiara Ferragni, una influencer con oltre 25 milioni di follower sui social (non necessariamente con diritto di voto in Italia), decidesse di presentare in Cassazione proposte di referendum per lanciare una raccolta firme, una volta raggiunte le 500.000 sottoscrizioni necessarie dovrebbe accoppiarle con altrettanti certificati di iscrizione nelle liste elettorali di chi ha firmato per depositare il tutto alla Suprema Corte. La Cassazione controllerebbe la documentazione e se tutto fosse in ordine il quesito dovrebbe poi passare il vaglio della Corte Costituzionale.

Per scrivere un referendum occorrono conoscenze specifiche relative alle norme che si vogliono eliminare e competenze tecniche per un ritaglio che non sia manipolativo di leggi la cui abrogabilità è consentita dalla Costituzione. Altrettante competenze e conoscenze devono essere poi attivate per presentare alla Consulta delle memorie a sostegno dei quesiti. Ferragni sicuramente saprebbe mettere in campo tutto ciò, ma cliccare non sarebbe che una parte necessaria ma non sufficiente per l’impresa.

Alla necessaria, ma non sufficiente, operazione di raccolta di sottoscrizioni va quindi aggiunta quella dell’accoppiamento dei certificati di iscrizione nelle liste elettorali di chi ha firmato perché altrimenti le firme sono inutili. Entrambe le attività sono in capo ai comitati promotori tanto per l’off che l’online, L’estate scorsa i comitati hanno dovuto inviare centinaia di migliaia di PEC per richiedere la necessaria documentazione da oltre 5000 comuni. Il ritardo, o divario, digitale della pubblica amministrazione che storicamente non risponde nelle 48 ore previste dalla legge inviando quel che viene richiesto – e non quello che solitamente mette a disposizione della cittadinanza – ha reso questa (pre)rivoluzione digitale un esercizio in buona parte ancora Novecentesco. Giusto per fare un esempio Il Comune di Roma per settimane non ha inviato oltre 40.000 certificati. Per questi motivi i comitati hanno diffidato oltre 1800 amministrazioni comunali aggiungendo quindi costi legali e di comunicazione al costo delle firme.

Questo era lo stato della cosiddetta SPID Democracy a ottobre del 2021. In più occasioni pubbliche era stato assicurato che, come la legge stessa prescrive (art 343 legge 30/12/2020 N 178), da gennaio 2022 sarebbe stata pronta una piattaforma gratuita che avrebbe interpellato direttamente una banca dati nazionale coi numeri dell’iscrizione nelle liste elettorali di chi firma rendendo l’intero processo gratuito e immediato.

Eppure siamo a luglio 2022 e ancora della piattaforma non ci sono tracce. Le modifiche legislative che nella primavera del 2021 avevano ampliato la platea di chi da allora può certificare le firme prevedendo anche la sottoscrizione online è frutto di un ricorso internazionale presentato nel 2015 da Mario Staderini che a seguito di una raccolta referendaria di 10 anni fa aveva denunciato alle Nazioni unite una serie di problemi insiti nella legge che governa i referendum portando l’Onu a mettere in mora la Repubblica italiana per “irragionevoli ostacoli” frapposti al godimento dei diritti civili e politici nel nostro Paese. 

Negli ultimi sei mesi ben due interrogazioni parlamentari, entrambe di Magi, hanno chiarito lo stato dell’arte della costruzione della piattaforma: a marzo era stato annunciato che nel secondo semestre la piattaforma sarebbe stata pronta, a giugno che quando sarà pronta non consentirà la certificazione delle firme. Tra le due risposte del Ministero dell’interno e del Ministro Colao stesso, l’Autorità garante per la privacy ha avanzato una serie di rilievi che hanno ulteriormente complicato il processo decisionale. Nel comunicato dell’Autorità, tra le altre cose si legge “giova ricordare, che i dati dei sottoscrittori di una proposta di referendum o di un progetto di legge rientrano nell’ambito delle particolari categorie di dati per i quali il Regolamento europeo prevede rigorose tutele a garanzia della loro riservatezza. Essi rivelano infatti, oltre al dato sulla partecipazione alla consultazione referendaria, le opinioni o la posizione politica del sottoscrittore”. Parere, ma non veto com’è stato scritto da più parti, che conferma da una parte la totale mancanza di conoscenza dei meccanismi referendari – già oggi le operazioni non tutelano la privacy di chi forma e, comunque chi firma un referendum non è d’accordo coi ritagli referendari bensì con la proposta di sottoporre a referendum una determinata modifica legislativa.

Fermo restando l’approccio conservatore dei Ministeri dell’Interno e della Giustizia entrambi coinvolti nella decisione finale, sorprende che il Ministro manager Vittorio Colao, che sta cercando di portare nel nuovo millennio la burocrazia post-borbonica della Repubblica italiana e che ha già messo in operazione altre piattaforme, abbia rinnegato le sue parole dell’estate scorsa. Rispondendo a un’interrogazione di Magi alla fine di Giugno ha infatti affermato che “il dettato normativo garantisce solo la digitalizzazione della raccolta della firme, che è il segmento iniziale del processo di promozione dell’iniziativa, ma non consente una completa digitalizzazione, estesa per esempio all’autenticazione delle firme o alla raccolta dei certificati elettorali, che sono disciplinati ancora in maniera analogica”.

Quanto lasciato agli atti parlamentari dal Ministro Colao non è in linea con l’art 344 legge 30/12/2020 N 178 che già chiarisce che la piattaforma è da ritenersi un sistema di autentica delle firme, il fatto che uno strumento innovativo copra solo una parte delle azioni necessarie per poi presentare un referendum o una legge d’iniziativa popolare cozza col buon senso ancor prima che con la legge

Sorprende infine che la piattaforma debba essere istituita con un dpcm (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri) e che il motivo del contendere pubblico col Garante per la privacy sia il regolamento in allegato che stabilisce le caratteristiche tecniche che verranno date in appalto ad aziende private. 

Questo rimbalzare di competenze, riserve, profili di presunta violazione di obblighi europei sta portando indietro l’orologio non solo all’anno scorso ma a stagioni politiche italiane in cui le promesse non venivano mantenute e in cui il walter delle dimissioni di responsabilità finiva nel momento in cui si scioglievano le Camere. Se in passato si trattava di governi frutto di coalizioni tra partiti in questo caso si tratta di tre ministeri, più la Presidenza del Consiglio, che sono diretti da chi si è affacciato alla politica solo da qualche mese. Passare alla storia per aver bloccato il pieno godimento dei diritti civili e politici in spregio a un pronunciamento delle Nazioni unite non è un buon viatico per il futuro e la reputazione personale di chi, sicuramente, avrà molto altro da fare dalla primavera dell’anno prossimo mentre il “popolo sovrano” dovrà tornare a tassarsi per far vivere la Costituzione più bella del mondo.

Testo dell’interrogazione di Riccardo Magi al Ministro per la Transizione digitale, Vittorio Colao

Al Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:

  • la legge 30 dicembre 2020, n. 178, all’articolo 1, comma 341, come modificata dal decreto-legge n. 77 del 2021, ha istituito un fondo con dotazione di 100.000 euro annui a decorrere dal 2021 destinato alla realizzazione di una piattaforma digitale per la raccolta delle firme degli elettori necessarie per i referendum previsti dagli articoli 75 e 138 della Costituzione, nonché per i progetti di legge previsti dall’articolo 71, secondo comma, della Costituzione;
  • l’articolo 1, al comma 343, della legge n. 178 del 2020 impegna la Presidenza del Consiglio dei ministri ad assicurare l’entrata in funzione della piattaforma sopra citata entro il 31 dicembre 2021 e, con proprio decreto adottato di concerto con il Ministro della giustizia, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, a definirne le caratteristiche, nonché le modalità con cui i promotori mettono a disposizione dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione le firme raccolte elettronicamente;
  • seppure l’articolo 1, al comma 344, della legge n. 178 del 2020 abbia stabilito grazie all’approvazione di un emendamento a prima firma dell’interrogante che, a decorrere dal 1° luglio 2021 e fino alla data di operatività della piattaforma, le firme possano essere raccolte anche mediante documento informatico, sottoscritto con firma elettronica qualificata, è utile segnalare che tale procedimento transitorio non può essere ritenuto pienamente alternativo a quello che avrebbe dovuto già essere garantito ai sensi del comma 343, anche soltanto poiché, in attesa che della piattaforma pubblica, gli ingenti costi derivanti dai contratti con le società che gestiscono le raccolte firme sono a carico dei promotori;
  • in risposta all’interpellanza urgente 2-01431 a prima firma dell’interrogante, il 4 marzo 2022 il Governo aveva affermato che l’iter di adozione del decreto attuativo si sarebbe concluso entro la fine di marzo 2022;
  • tuttavia, il 12 aprile 2022 il Garante per la protezione dei dati personali ha reso un parere negativo sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sottoposto, rilevando una serie di aspetti critici: come e in quali tempi il Ministro interrogato intenda procedere al fine di evitare che criticità tecniche superabili abbiano come esito quello di ostacolare l’attuazione della legge a danno dell’esercizio dei diritti politici dei cittadini.

(3-03050)

Risposta del Ministro Vittorio Colao

Ringrazio l’interrogante che mi offre l’occasione di fornire ulteriori aggiornamenti sullo stato di attuazione di un progetto che il parlamento ci ha affidato che come lei ha ricordato sta particolarmente a cuore. Come ricordato dallo stesso interrogante, rispetto all’iter che avevamo programmato per l’adozione del decreto, sono intervenute due novità che ci hanno imposto una serie di approfondimenti: in particolare la prima, quella già menzionata da parte del garante della protezione dei dati personali e poi nell’ambito del procedimento di acquisizione del concerto anche il Ministero di Giustizia ha reso alcune osservazioni tecniche che abbiamo ricevuto il 25 maggio del 2022. 

Sia il Garante sia il Ministero di Giustizia hanno svolto una serie di considerazioni più generali in ordine ad esigenze di maggiore coordinamento normativo tra la disciplina della raccolta firme mediante la cosiddetta piattaforma referendum e l’intero processo analogico regolato dalla legge 25 maggio 1970 sui referendum previsti su iniziativa legislativa. 

Allora qua vorrei essere chiaro: il dettato normativo garantisce solo la digitalizzazione della raccolta della firme, che è il segmento iniziale del processo di promozione dell’iniziativa, ma non consente una completa digitalizzazione, estesa per esempio all’autenticazione delle firme o alla raccolta dei certificati elettorali, che sono disciplinati ancora in maniera analogica. 

Tali considerazioni esulano dall’ambito propriamente tecnico nostro e del decreto in corso di elaborazione e rimangono affidate alle prerogative del legislatore. Quindi è solo un pezzo, non è tutto il processo.

Nello specifico invece per quel che riguarda da vicino le mie competenze tecniche e la redazione del decreto di funzionamento della piattaforma, il parere del Garante e le osservazioni del Ministero di Giustizia hanno raccomandato alcuni interventi tecnici diretti da una parte a migliorare l’interazione e la coerenza tra il processo analogico di raccolta firme e quello elettronico per l’altro ad agevolare e semplificare il compito degli uffici della Suprema Corte nell’assicurare gli adempimenti successivi.

Noi abbiamo recepito queste osservazioni e abbiamo predisposto una versione aggiornata dello schema di decreto e stiamo di nuovo per inviarlo al Garante e al Ministero di Giustizia per il loro concerto unitamente a un manuale operativo che contiene già tutte le specifiche tecniche di funzionamento.

Con questo noi contiamo di accelerare i tempi, inserendo per esempio nel manuale caratteristiche tecniche, le modalità di funzionamento, i requisiti di sicurezza, le prestazioni di qualità, che – approvato come allegato al decreto – permetterà in tempi più brevi di mettere in esercizio l’infrastruttura, infrastruttura che, ci tengo a ribadire, è deputata solo al processo di raccolta firme no al processo completo.

Replica di Riccardo Magi

Mi preme qui sottolineare due questioni: spero che tutti noi abbiamo e con questo intendo ovviamente anche il Parlamento, presente quanto sia importante che l’innovazione tecnologica e della digitalizzazione siano anche messi al servizio dell’esercizio dei diritti politici dei cittadini e quindi non sia solamente un aspetto che riguarda la maggior efficacia e maggiori efficienza dei processi amministrativi. 

Questo è un punto dirimente su cui abbiamo sin da subito trovato una massima corrispondenza e una massima comprensione proprio da parte del Ministro Colao e quindi se dovessero esserci necessita anche di ritornare anche a livello legislativo con dei miglioramenti rispetto a un procedimento che nel momento in cui si passa alla fase attuativa dovesse richiedere ulteriori interventi legislativi, c’è la massima disponibilità.

Mi preme anche ricordare che il governo italiano in sede di interlocuzione col Comitato dei diritti umani dell’ONU, ha presentato la realizzazione di questa piattaforma come un rimedio al superamento degli ostacoli frapposti all’esercizio del diritto referendario da parte dei cittadini e infine, credo che dobbiamo fare davvero di tutto per evitare che accada quanto spesso accade nei tentativi nel nostro paese di digitalizzazione e di innovazione tecnologica e cioè che di fronte a diversi soggetti istituzionali dei quali ognuno ha le sue competenze, ognuno ha voce in capitolo per intervenire, poi alla fine il cittadino si ritrovi disarmato e nei fatti quella che è una riforma tanto attesa e che sarebbe risolutiva, non veda la luce.

Spero non sia questo il caso grazie.