Ringrazio Marco Cappato e Filomena Gallo per l’invito a questo appuntamento che ha per me un alto valore perché da sempre attivamente impegnata a favore della libertà di coscienza e della laicità dello Stato, oltre che interessata ai per i temi su cui si fonda l’associazione: la libertà della ricerca scientifica in vista della guarigione o del miglioramento di malattie ora inguaribili anche con l’utilizzo delle cellule staminali embrionali, il testamento biologico. (finanziamento ricerca Elena Cattaneo-Milano)

Devo dire che il mio interessamento concreto alla vostra ricerca e battaglia politica è iniziato con il seguire la vicenda, e l’alta testimonianza morale ed etica di Pier Giorgio Welby e di Mina. E’ con loro che ho scoperto la vostra associazione, le sue battaglie, la sua determinazione morale e politica e vi sono riconoscente per questo. E poi seguendo e partecipando alla vicenda di Eluana Englaro e alla battaglia civile, mite, e piena di sofferta dignità di Beppino, che ho poi reincontrato in numerosi dibattiti e occasioni di testimonianza politica e civile.

Ma voglio dare senso alla mia partecipazione dicendo che sono qui in quanto membro della chiesa Valdese e sua pastora, nonché, negli ultimi sette anni, a capo del suo esecutivo, e quindi cristiana e credente. Voglio dirvi che la mia fede non mi impedisce, anzi, mi sollecita nell’impegno incondizionato per la libertà personale, per la assunzione di responsabilità nei confronti di ogni problema, e per la libertà di scelta.

In materia di disposizioni di fine vita, la situazione italiana è assolutamente arretrata rispetto a molte altre democrazie e in aperto contrasto con l’art. 32 della Costituzione che prevede la libera scelta in materia di cure mediche.

La paralisi de legislatore contrasta con quanto mostrano vari sondaggi e cioè che la maggior parte degli italiani sono favorevoli alla libertà di adottare per sé scelte come quelle dei casi Welby ed Englaro.

Questa situazione assurda ha una unica causa: il legislatore accetta supinamente come ostativa la posizione e l’ideologia delle gerarchie cattoliche, introducendo di fatto una eticizzazione dello stato, che  oltre tutto non ha riscontro nella sensibilità degli italiani che come mostra lo studio degli indici di secolarizzazione è sensibile/insensibile ai dettami del magistero cattolico in misura del tutto analoga a quanto avviene negli altri paesi avanzati d’Europa. Il legislatore si fa dunque – poco importa se per un calcolo politico, certamente miope nel caso del centro sinistra – strumento di una battaglia clericale che i clericali hanno tutto il diritto di sostenere dal basso, non di avere già in tasca prima e al di là della necessaria negoziazione nel quadro della democrazia discorsiva. Ma, appunto, si tratta di intendere i “valori non negoziabili” per la coscienza di una minoranza come assoluti e normativi per ogni cittadino.

I concetti di “natura” e di “vita” usati nelle vergognose campagne anti-libertarie nei casi Welby ed Englaro  con la pretesa che essi fossero assunti dal legislatore come sovraordinati e vincolanti sono una posizione – rispettabile e seria, certo – ma di parte, come altre. Non possono che essere iscritte in un quadro che garantisca ad ogni cittadino tutti i diritti di libertà

E qui bisogna far valere una considerazione del tutto elementare e ovvia a chi ragioni in termini liberal-democratici e non di stato etico: la libertà di scegliere personalmente  la sospensione di trattamenti medici – perché di questo si tratta – come antibiotici, dialisi, respirazione, idratazione e anche alimentazione artificiali, con buona pace della propaganda clericale –  non coarta né influenza in alcun modo l’uguale libertà di richiedere tali interventi sine die, cioè fino a quella che qualcuno – non tutti – ritiene la “fine naturale” della vita. Come la libertà di divorziare non impedisce ad alcuno di vivere fino alla morte un unico matrimonio sacramento. Come il riconoscimento pubblico e legale di coppie di fatto – etero o omosessuali che siano – non ostacola la costituzione di famiglie “tradizionali”. Vero è – e tragicamente – il contrario: l’assunzione  a livello legislativo della ideologia della vita a cui ho fatto sopra riferimento – coarta la libertà di chi non la condivide espressamente – e abbiamo visto essere la maggioranza degli italiani.

Tutta la discussione italiana in materia di fine vita è caratterizzata anche da un provincialismo culturale, certamente favorevole al tentativo di mantenere il paese nella condizione di orto del Vaticano, ma del tutto inadeguato al livello che la discussione richiederebbe. Un solo esempio: in Germania, circa 3 milioni di cittadini hanno già sottoscritto un testamento biologico (disposizioni del paziente) cristiano. Nel documento che lo accompagna, la presidenza della Chiesa evangelica e la Conferenza episcopale cattolica dichiarano esplicitamente che la richiesta di sospendere trattamenti medici antibiotici, dialisi, respirazione, idratazione e anche alimentazione artificiali è moralmente accettabile e giuridicamente lecita. In Germania, dunque, i vescovi di Roma hanno accettato ciò che i loro colleghi italiani hanno bollato e bollano come omicidio.

Queste considerazioni mi portano – e non sono sola – a ritenere che impegni chiari e vincolanti su queste materie, in senso democratico e liberale – debbano far parte dei programmi elettorali di chi ci chiede il voto per la prossima tornata elettorale. Le pur impellenti  e drammatiche questioni economiche, di (il)legalità, di corruzione, di sfascio istituzionale ecc. non possono essere usate come argomento per non affrontare i problemi di cui stiamo parlando, pena il decadimento della qualità democratica della nostra Repubblica.