Grazie, Marco. Data la limitatezza del tempo, incomincio ad andare per titoli che sono titoli di battaglie in parte iniziate, condotte anche con una certa energia in passato, ma che vanno riprese e portate a buon termine. La prima è quella intitolata “libertà di parola”, è un impegno che abbiamo preso personalmente nei confronti di Luca e siccome solo lui può scioglierci, è chiaro che siamo vincolati ad arrivare a buon fine, magari nel più breve tempo possibile. Qualcosa è stato fatto in questo campo, grazie a Maria Antonietta che ha fatto stanziare dei soldi, che poi sono stati distribuiti alle Regioni per l’acquisto dei comunicatori per tutti i cittadini appunto affetti da malattie invalidanti che non gli consentivano di esprimere il proprio pensiero e però è stata distribuita con dei criteri per cui poi sono le Regioni, non è stato attribuito un diritto soggettivo. Qui c’è il problema della revisione dei livelli essenziali di assistenza. La questione del rinnovo dopo 12 anni del nomenclatore delle protesi, attraverso i quali un cittadino che ha certe condizioni, pretende e può ottenere quello che gli spetta, ma se viene dato alle Regioni poi le Regioni lo disciplinano come meglio credono e l’esempio ce l’ha dato Radio Carcere, di un detenuto che a Piacenza, dopo una pena infinita, sdentato completamente, finalmente gli prescrivono la protesi, ma prima di mettergliela in bocca lo trasferiscono al carcere di Voghera e lì apprende che la regione Lombardia non fornisce le protesi. Di questa cosa abbiamo investito la commissione carceri della Regione e vediamo di venirne a capo, ma figuriamoci casi ancora più gravi in che situazioni possono trovarsi. L’altra questione era un impegno che avevo preso con la nostra grandissima segretaria Filomena Gallo, quando è stata a Milano mesi fa e aveva accettato di fare un’iniziativa per esportare nelle regioni Italiane e anche altrove, volendo, dato che la Lombardia è l’unica in Europa che ha una misura di questo tipo, una legge, più che altro un regolamento regionale per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, dove c’è una norma che abbiamo fatto introdurre noi come Associazione per il diritto di abitare, nel lontano 1989, e quindi sono già 22 anni che in regione Lombardia c’è una legge che prevede, nel caso in cui ci siano dei cittadini affetti da malattia cronica invalidante e a prognosi infausta, che scatti l’assegnazione, ed essendo una situazione di sfrattato senza rialloggio o senza tetto, che scatti l’assegnazione automatica su richiesta dell’alloggio, per consentirgli qualcosa che va sotto il titolo, questo l’ho detto a Filomena, di eutanasia. La dolce morte non è necessariamente quell’atto con cui si stacca la spina, ma dolce morte è un concetto da rilanciare in positivo perché è un valore enorme in tutte le culture, nei testi di etnologia, di storie delle religioni, di antropologia culturale, in tutte le culture del mondo da sempre ci sono i riti di passaggio dalla vita alla morte, dove ci sono stranamente delle situazioni e delle condizioni richieste che sono pressoché identiche. Dappertutto si teme la morte violenta, dappertutto si teme la morte con la sofferenza, dappertutto si vuole morire nel proprio letto col sorriso sulle labbra, con intorno i propri cari che ti danno tutto l’affetto, dappertutto c’è il silenzio per facilitare un periodo, da noi sono tre giorni di solito, in cui c’è questo, l’accompagnamento nell’aldilà, che uno ci creda o non ci creda, sono riti che proprio perché… io ci credo tra l’altro, perché quando l’umanità mette a punto dappertutto e con tanta diffusione queste procedure, è meglio crederci. Comunque è un valore: Morire serenamente. Dunque, una delle condizioni è anche il fatto di non morire disperato sotto un ponte o su un marciapiede. Questo la Regione Lombardia nel 1989, la commissione territorio accettò di inserirlo e da allora noi come gruppo antiproibizionistico, con il grande Inzani qui presente, abbiamo assicurato l’applicazione di questa norma e a Milano non c’è stato un caso di malato di AIDS che sia morto sulle panchine, perché siamo riusciti a far applicare a tutti questa normativa. Questa proposta io l’ho mandata, perché me l’ha chiesta, Begonia Rodiguez che è la nostra compagna di Madrid, perché aveva sentito e voleva vedere di farla sbarcare in Spagna, però l’ho mandata anche in Toscana, già che abbiamo un consigliere nostro, e anche l’ho mandata nel Lazio e non so se si è persa da qualche parte. Comunque sia, quindi la cosa va ripresa, ma appunto cercando, e con una lettera che proporrò come bozza a Filomena mi piacerebbe che davvero fosse inquadrata sotto il titolo “La dolce morte e tutte le condizioni di assicurare come livello di civiltà acquisita”. Volevo essere più breve su questo, però l’argomento invece centrale è il discorso del diritto alle cure che mi sembra proprio di competenza dell’Associazione Coscioni. Ieri ho parlato un po’ con Maurizio Turco, abbiamo ricordato i tempi del Cora. Noi abbiamo fatto delle battaglie con il Cora che hanno lasciato il segno non dove c’erano i consiglieri in Lombardia piuttosto che nel Lazio che altrove. noi siamo riusciti ad essere interlocutori alla fine di una serie di battaglie del Ministero della Sanità e siamo stati invitati dall’Unione Europea, dalla commissione quella appunto relativa allo studio delle tossicodipendenze e dell’aids, essendo venuto un medico apposta da Bruxelles a visitare paese per paese e scegliere i casi più importanti da portare in Europa e in Italia, hanno scelto il professor Tagliamonte dell’Unità di Siena e il Gruppo Radicale di Giorgio Inzani. Così siamo andati a Bruxelles e abbiamo spiegato le iniziative, abbiamo segnalato il nome della professoressa Rossi che certo non aveva bisogno delle nostre raccomandazioni, ma di fatto poi è stata contattata e coinvolta in tutte le attività poi a Lisbona, etc.

Quindi ci sono dei problemi sul diritto alle cure per i tossicodipendenti. Noi dobbiamo ripartire, purtroppo in questi anni non essendoci il Cora qualcuno ha tenuto acceso la candela o il cerino, e ben venga, però noi dobbiamo ripartire da dove eravamo arrivati e cioè dal congresso di Parigi del 1998, dove abbiamo messo nero su bianco che il proibizionismo sulle cure nei confronti di tossicodipendenti è un crimine contro l’umanità. In particolare Giorgio Inzani, è lui che ci ha suggerito la formulazione, facendo anche un’analogia con le politiche di sterminio naziste, ma non solo, se avete visto il programma di Paolini, il monologo quando lui ha parlato della situazione in Germania prima del nazismo, ma non solo in Germania, perché c’era una tendenza un po’ in tutta Europa, per cui il disabile, l’handicappato appunto, il malato di mente, il bambino difficile, erano destinati a dei reparti isolati, dove in particolare i bambini pian piano venivano avviati, attraverso le sperimentazioni, poi ad essere ammazzati semplicemente e finivano in un forno crematorio. Lì c’è stata la prova generale di quello che è stato i campi di sterminio e l’eliminazione anche dei corpi.

Questo è quello che diceva Giorgio, quindi è un disegno conscio o inconscio non si sa, ma comunque un disegno del potere di eliminazione dei tossicodipendenti. Io vi do solo alcuni dati: ormai non si parla più dei morti di overdose, una volta se ne parlava quotidianamente. Noi in Regione facevamo più di un’interrogazione al giorno su ogni caso di decesso, quindi ne abbiamo riempiti di questi casi qui, ora non se ne parla più, eppure se uno va a vedersi le relazioni del Ministero degli Interni scopre che nel 1999 ci sono stati ancora 1002 morti, nel 2000, 1016, poi 520, poi 517, poi 653, poi ancora 653, poi 551, poi 606, poi 517, poi 484, poi 374, poi 362 ed è l’ultimo dato che ho del 2011. Dunque si continua a morire di overdose di eroina, ma nessuno ne parla. Questo è il muro del silenzio da rompere, perché non è tollerabile che ci sia ancora oggi un morto al giorno, quando da decenni si dispone delle cure per impedire tutto questo. Io finisco riferendo semplicemente un’azione non violenta che propongo a tutti e attraverso il microfono qui non soltanto ai Radicali, perché non abbiamo l’esclusiva della pratica non violenta e quindi più arrivano a praticarla e meglio è, ma questa è una proposta che avevo fatto 14 anni fa quando sono iniziate le disobbedienze civili sulla cannabis e io vedendo dall’esperienza dei tossicodipendenti da eroina e vedendoli morire come mosche, dal nostro gruppo sono passati a decine e decine e potrei farvi i nomi di quanti sono morti, sono tantissimi e ho pensato di fare qualcosa non sulla cannabis ma sull’eroina. Quindi cosa ho fatto, ho comperato una dose di eroina e ho preparato il viaggio per Roma per andarlo a consegnare al ministro della sanità. Il titolo dell’azione non era “disobbedienza civile”, era “obbedienza di coscienza” ed era sottrazione dal mercato illegale di dosi di una sostanza sconosciuta, ma potenzialmente letale e dunque sottratta al mercato e quindi a chi potrebbe assumerla e morirne”. Questa è la cosa che partendo da Palermo piuttosto che da Trento, da Torino, da Milano, converge lo stesso giorno da Roma con il cartello al collo “Sto trasportando etc “, avvisando la polizia cinque minuti prima di passare dalle stazioni, in modo da convergere su Roma al Ministero e su questo credo che non una denuncia, ma a chi fa questa azione spetterebbe una medaglia al valore civile.