La lunga strada iniziata con Piergiorgio Welby

Aggiornamento 17 giugno 2024

In Italia oggi il “suicidio medicalmente assistito” è possibile grazie alla sentenza 242 del 2019 della Corte costituzionale (caso Cappato-Dj Fabo). La Consulta ha disposto che la persona malata che vuole accedere all’aiuto alla morte volontaria (“suicidio assistito”) deve essere in possesso di determinati requisiti: che sia capace di autodeterminarsi, affetta da patologia irreversibile, che tale malattia sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che la persona reputi intollerabili e che sia dipendente da trattamenti di sostegno vitale. Questi requisiti devono essere verificati dal Servizio sanitario nazionale (SSN) con le modalità previste dalla legge sulle Dat agli articoli 1 e 2 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, 219/17), previo parere del comitato etico territorialmente competente. Al SSN spetta anche il dovere di fornire l’aiuto richiesto nel caso in cui la verifica dei requisiti abbia dato esito positivo.

Una lunga strada iniziata con Piergiorgio Welby, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, diventato un simbolo per chi lotta per poter decidere se e quando terminare la propria vita. Poeta, pittore, attivista politico, Welby era affetto da distrofia muscolare, una malattia degenerativa che causa l’atrofia progressiva della muscolatura scheletrica, e desiderava porre fine alle sue sofferenze. Il 20 dicembre 2006, dopo una lettera al Presidente della Repubblica e un ricorso giudiziario d’urgenza, grazie all’aiuto del dottor Mario Riccio, ottenne ciò che inizialmente gli era stato negato dal tribunale di Roma: l’aiuto di un medico per staccare il respiratore previa sedazione, diventando così il primo caso di aiuto medico alla morte volontaria con sedazione profonda reso pubblico in Italia, nel rispetto della Costituzione. La Procura di Roma aveva formulato a carico del medico l’imputazione per omicidio del consenziente (articolo 579 del codice penale), ma il Giudice nell’udienza preliminare dispose il non luogo a procedere nei confronti dell’imputato, che fu prosciolto dalle accuse. Il giudice nel 2007 ritenne che Welby aveva esercitato un diritto costituzionale fondamentale, aveva cioè rifiutato le cure così come previsto dall’articolo 32 della Costituzione, sicché il dottor Riccio non poteva essere punito perché aveva dato adempimento al rapporto medico paziente partecipando a un’azione lecita.

Dopo di lui, sono tante le storie di persone che negli anni a seguire hanno chiesto allo Stato di rispettare le proprie scelte di fine vita.

Nel 2007 Giovanni Nuvoli, malato di Sla di Alghero, che chiedeva il distacco del respiratore previa sedazione palliativa profonda: il Pubblico Ministero della Procura di Sassari intervenne inviando i Carabinieri per bloccare il dottor Tommaso Ciacca che avrebbe dato seguito alla richiesta di Giovanni. Nuvoli iniziò allora uno sciopero della fame e della sete lasciandosi morire. (Qui intera vicenda).

Nel 2009, dopo 17 anni in stato vegetativo senza alcuna possibilità di recupero, muore Eluana Englaro. Il padre Beppino, sostenuto anche dall’Associazione Luca Coscioni, ha condotto un’estenuante battaglia nei tribunali nazionali mirata all’ottenimento del diritto a sospendere le cure e la nutrizione della figlia nel rispetto della precedente volontà espressa da Eluana. Il caso divise l’Italia, coinvolgendo il mondo giuridico, culturale e istituzionale a tutti i livelli, fino all’autorizzazione, dopo un iter travagliato, concessa al padre, in qualità di tutore, a interrompere il trattamento di idratazione e nutrizione forzata che manteneva in vita Eluana (qui l’intera vicenda).

Nel 2015, alla luce della mancata discussione della proposta di legge di iniziativa popolare per la legalizzazione dell’eutanasia, depositata nel 2013 dall’Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, Mina Welby e Gustavo Fraticelli, fondano l’Associazione Soccorso Civile dichiarando che avrebbero aiutato le persone in determinate condizioni di salute a porre fine alle loro sofferenze con azioni di disobbedienza civile fino a quando nel nostro Paese non ci sarebbe stata una norma che riconosce tutte le scelte di fine vita. 

Nel 2015, Marco Cappato fornì aiuto materiale per andare in Svizzera e porre fine alle sue sofferenze a Dominique Velati, malata terminale. Marco Cappato si autodenunciò alle forze dell’ordine per aver fornito le informazioni utili e i soldi necessari a intraprendere la procedura. In questo caso, però, la magistratura ritenne di non dover procedere.

Anche Max Fanelli, malato di Sla morto per cause naturali nel 2016, chiedeva una legge sull’eutanasia. E sempre nel 2016, Walter Piludu, ex presidente della provincia di Cagliari malato di Sla, è morto ottenendo la sospensione dei trattamenti di sostegno vitale previa attivazione di sedazione palliativa profonda: il tribunale di Cagliari, per la prima volta in Italia, aveva ordinato alla struttura sanitaria di procedere come da volontà della persona malata (Qui intera vicenda).

Nel 2017 la storia di Fabiano Antoniani, noto come Dj Fabo, rimasto tetraplegico in seguito a un incidente stradale, che scelse di morire con l’aiuto medico alla morte volontaria in una struttura svizzera, il 27 febbraio del 2017. Con lui c’era Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, che il giorno successivo si autodenunciò, portando alla storica sentenza costituzionale 242/2019.

L’8 novembre 2017, iniziò il processo a Marco Cappato, imputato per aver aiutato Dj Fabo a raggiungere la Svizzera per ottenere il suicidio assistito. La Corte di Assise di Milano sollevò l’incidente di costituzionalità sull’articolo 580 del codice penale per la parte che prevede il reato di aiuto al suicidio. Dopo aver dato 11 mesi di tempo al Parlamento per risolvere la questione attraverso una norma e nella latitanza di questo, la Corte costituzionale il 25 settembre 2019 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una parte dell’articolo 580 del codice penale a determinate condizioni (Qui intera vicenda).

A seguito di tutti questi casi, durante il processo pubblico a carico di Marco Cappato imputato per il reato di aiuto al suicidio per l’aiuto fornito a Fabiano Antoniani, il Parlamento approvò la legge 219/2017 recante norme sul consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento (DAT o testamento biologico), che stabilisce le modalità di attuazione del diritto costituzionale e rifiutare o sospendere qualsiasi terapia. Grazie a questa legge si possono prevenire, per chi ha redatto le DAT, situazioni come quella di Eluana Englaro. Per coloro che non le hanno redatte, l’amministratore di sostegno può ricostruire la volontà della persona dinanzi al Giudice Tutelare e così procedere nell’affermazione completa della volontà della persona.

Vicenda analoga a quella di Fabiano è la storia di Davide Trentini, malato di sclerosi multipla dal 1993. Dopo avere contattato Marco Cappato e Mina Welby, fu aiutato dal primo per la parte economica e poi accompagnato in Svizzera da Mina Welby. Davide Trentini è morto il 13 aprile 2017. Marco Cappato e Mina Welby, imputati per il reato di istigazione e aiuto al suicidio, sono stati assolti perché l’aiuto al suicidio fornito non costituisce reato ai sensi della sentenza numero 242/19 della Corte costituzionale (Qui intera vicenda).

Le richieste di morte volontaria medicalmente assistita in Italia

Dal 2019 ad oggi, sono state 5 le persone, seguite dall’Associazione Luca Coscioni, che hanno fatto richiesta di accesso alla morte volontaria in Italia. 3 di queste hanno poi deciso di procedere, 2 no.

Chi ha chiesto e ottenuto l’accesso al suicidio assistito in Italia.

  1. Nel giugno 2022, Federico Carboni, 44enne di Senigallia, conosciuto durante la sua battaglia con il nome di fantasia “Mario”, è stato il primo italiano ad aver chiesto e ottenuto l’accesso al suicidio medicalmente assistito, reso legale dalla sentenza della Corte costituzionale 242/2019, dopo quasi due anni dalla prima richiesta alla azienda sanitaria e dopo una lunga battaglia legale, in cui è stato assistito dall’Associazione Luca Coscioni. La strumentazione per l’autosomministrazione del farmaco è stata acquistata tramite una raccolta fondi organizzata dall’Associazione Luca Coscioni e la consulenza medica è stata del dottor Mario Riccio, già anestesista di Piergiorgio Welby. (Qui l’intera vicenda).
  2. Nel 2023, “Gloria” (nome di fantasia), donna veneta di 78 anni, paziente oncologica, è stata la seconda italiana, dopo Federico Carboni, ad accedere al suicidio medicalmente assistito e la prima ad aver ricevuto il farmaco letale e la strumentazione per la sua autosomministrazione da parte della ASL competente. Anche nel suo caso, l’assistenza medica è stata prestata dal dottor Mario Riccio, anestesista di Welby e medico di fiducia di Federico Carboni. L’azienda sanitaria veneta, nel valutare la presenza dei requisiti per l’accesso al “suicidio assistito” di “Gloria”, ha considerato i farmaci antitumorali mirati come trattamento di sostegno vitale. Il Veneto è dunque la prima Regione in cui la sentenza numero 242/19 della Corte costituzionale è stata applicata nel pieno rispetto della Carta costituzionale.
  3. Nel 2023, “Anna” (nome di fantasia), donna di 55 anni affetta da sclerosi multipla, è la terza italiana ad accedere al suicidio medicalmente assistito, la prima ad aver potuto accedere alla procedura con l’assistenza completa del Servizio sanitario nazionale. Infatti il farmaco letale e la strumentazione sono stati forniti dal SSN e un medico individuato dall’azienda sanitaria, su base volontaria, ha provveduto a supportare l’azione richiesta nell’ambito e con i limiti previsti dalla Ordinanza cautelare pronunciata dal Tribunale di Trieste, il 4 luglio 2023, e quindi senza intervenire direttamente nella somministrazione del farmaco, azione che è rimasta di esclusiva spettanza di “Anna”.

Chi ha chiesto e ottenuto l’accesso al suicidio assistito in Italia, senza procedere.
Oltre a chi ha chiesto e ottenuto il suicidio assistito in Italia, ci sono state altre due persone che, dopo aver fatto richiesta e aver ricevuto il via libera, hanno scelto di non procedere.

  1. “Antonio” (nome di fantasia), marchigiano tetraplegico dal 2014, dopo ben due anni dalla sua richiesta, nel 2023 ha ottenuto il via libera per poter accedere legalmente al “suicidio assistito”. Da quel momento è libero di scegliere se e quando porre fine alle sue sofferenze.
  2. Nel 2023, Stefano Gheller, 49enne veneto, affetto da distrofia muscolare. Dopo aver ottenuto questo diritto, Gheller ha scelto di non accedere alla pratica. È morto a causa dell’evoluzione della malattia nel 2024.

Chi ad oggi ha chiesto ma non ottenuto il via libera per accedere al suicidio assistito in Italia:

  1. Nel 2021, Daniela, pugliese di 37 anni, affetta da un tumore al pancreas senza possibilità di cura, ha inoltrato la richiesta di accesso alla morte volontaria assistita, alla ASL della regione di residenza (Lazio) e a quella di domicilio (Puglia). Dopo mesi di attese e il primo diniego, dall’Asl di Roma, Daniela muore a causa del cancro, come non avrebbe voluto. Dopo due giorni dalla sua morte, la ASL pugliese comunica l’inizio delle visite per la valutazione delle sue condizioni. 
  2. Nel 2022 Fabio Ridolfi, 46enne di Fermignano, da 18 anni immobilizzato a letto, a causa di una patologia irreversibile, ha fatto richiesta per poter accedere al “suicidio assisitito” ma a causa dei ritardi e della inadempienza dell’ASUR Marche, ha scelto di voler porre fine alle sue sofferenze tramite la sedazione profonda e continua.
  3. Laura Santi, 49enne umbra, affetta da sclerosi multipla, completamente dipendente dall’assistenza personale. Ha chiesto ormai quasi 2 anni fa all’azienda sanitaria di essere sottoposta alle verifiche previste dalla sentenza 242. Non avendo ricevuto risposte, tramite i suoi legali ha inviato una diffida all’azienda sanitaria e successivamente era stata sottoposta alle verifiche previste, si è vista riconoscere dal Tribunale di Perugia il diritto a ottenere una relazione medica completa. Dopo un primo diniego per assenza di trattamenti di sostegno vitale, è stato chiesto riesame delle condizioni in continuo perggioramento e ora la AUSL Umbria dovrà emettere un provvedimento definitivo che indichi se Laura Santi sia in possesso dei requisiti per l’accesso al “suicidio assistito” in Italia.
  4. Martina Oppelli, 49 anni di Trieste, tetraplegica, affetta da sclerosi multipla, completamente immobile, e dipendente dall’assistenza di terzi, ha diffidato l’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI) dopo il diniego ottenuto nel 2024 alla sua richiesta di accesso al “suicidio assistito” e presentato ricorso in Tribunale pe rla corretta identificazione della sua condizione. L’azienda sanitaria di riferimento non le riconosce il criterio del “trattamento di sostegno vitale”. Oppelli ha dichiarato di essere pronta ad andare in Svizzera per porre fine alle proprie sofferenze.

Oltre a loro, un’altra persona ha richiesto, ma non ottenuto l’accesso alla morte volontaria in Italia. A seguito del diniego, è stata costretta ad andare in Svizzera per poter porre fine alle proprie sofferenze.

Sibilla Barbieri, 58 anni, paziente oncologica, ha ricevuto nel 2023 un diniego da parte della propria ASL alla richiesta di accesso al suicidio medicalmente assistito, perchè non sarebbe stato presente il requisito del “trattamento di sostegno vitale”. Barbieri, tramite i suoi legali, si è opposta al diniego della ASL, senza avere alcun riscontro. La ASL senza effettuare ulteriori verifiche ad un mese dalla prima verifica, ha confermato il parere espresso. Per questo, visto il progressivo peggioramento delle sue condizioni di malata terminale ha deciso di autosomministrarsi il farmaco letale lontana da casa sua e andare quindi in Svizzera, dove è stata accompagnata tramite un’azione di disobbedienza civile dagli attivisti di “Soccorso Civile”.

Chi è stato accompagnato in Svizzera tramite azioni di disobbedienza civile a causa dell’ambiguità del criterio del trattamento di sostegno vitale.

Negli ultimi due anni, 6 persone hanno deciso di andare in Svizzera e di farsi accompagnare, tramite un’azione di disobbedienza civile, dagli attivisti dell’Associazione Soccorso Civile, il cui responsabile legale è Marco Cappato.
Altrettanti dunque i procedimenti a carico di Cappato insieme agli altri disobbedienti indagati presso i tribunali delle 3 città dove sono avvenute le autodenunce, depositate nel 2023. Per un totale di 6 filoni giudiziari aperti.

  1. Elena Altamira malata oncologica (autodenuncia dei disobbedienti civili a Milano, nel 2022. Richiesta di archiviazione dei PM, in attesa della decisione del GIP) 
  2. Romano malato di Parkinson (autodenuncia a Milano, nel 2022. Richiesta di archiviazione dei PM, in attesa della decisione del GIP)
  3. Massimiliano affetto da Sclerosi Multipla (autodenuncia a Firenze nel 2022. Richiesta di archiviazione del PM, rimessa questione di legittimità costituzionale alla Corte costituzionale) 
  4. Paola malata di Parkinson (autodenuncia a Bologna, nel 2023. Richiesta di archiviazione dei PM, in attesa della decisione del GIP) 
  5. Sibilla Barbieri, malata oncologica che aveva fatto anche richiesta in Italia (autodenuncia a Roma nel 2023. Fase indagini) 
  6. Margherita Botto, malata oncologica (autodenuncia a Milano, nel 2023. Fase indagini) 

Qui i dettagli delle loro storie.

40 GLI ISCRITTI A SOCCORSO CIVILE, di questi 13 attivisti si sono già autodenunciati: i responsabili di Soccorso Civile Marco Cappato, Mina Welby e Gustavo Fraticelli; la giornalista e bioeticista Chiara Lalli, la pensionata Felicetta Maltese, l’attivista Virginia Fiume, Cinzia Fornero, guardia parco, e l’ex senatore radicale Marco Perduca.

Tra i famigliari delle persone malate figurano il figlio di Sibilla Barbieri, Vittorio Parpaglioni, e il fratello di Margherita Botto, Paolo, che hanno accompagnato i propri cari in Svizzera.

I Parlamentari Riccardo Magi, Ivan Scalfarotto e l’ex senatore Luigi Manconi si sono autodenunciati per il supporto organizzativo all’accompagnamento di Sibilla Barbieri.

Le richieste sul fine vita all’Associazione Luca Coscioni

13.977 richieste di informazioni in un anno al Numero Bianco sui diritti nel fine vita 0699313409. 7 richieste al giorno di aiuto a morire.

Negli ultimi 12 mesi sono arrivate 13.977 richieste di informazioni sul fine vita tramite il Numero Bianco coordinato dalla compagna di Dj Fabo Valeria Imbrogno e le email dirette all’Associazione Luca Coscioni. Si tratta di una media di 38 richieste al giorno con un aumento del 23,8% in confronto ai 12 mesi precedenti. Nel dettaglio: 2470 richieste di informazioni su eutanasia e suicidio medicalmente assistito (circa 7 richieste al giorno, +16,7% rispetto all’anno precedente) e 782 richieste di informazioni rispetto all’interruzione delle terapie e alla sedazione palliativa profonda (circa 2 richieste al giorno, +35,5% rispetto l’anno precedente). Informazioni riguardanti le procedure italiane o contatti con le strutture svizzere per il percorso di morte volontaria medicalmente assistita sono state fornite a 533 persone (51% donne, 49% uomini).