Chi è Roberto?
Roberto ha 67 anni, vive in Veneto ed è affetto da glioma diffuso, ossia un tumore cerebrale. Diagnosticato nel novembre 2006, nel corso del tempo, seppur lentamente, è aumentato di dimensioni fino a comportare, dal 2018, anno del suo peggioramento, episodi di crisi epilettiche che arrivano oggi anche a 15-20 crisi al giorno.
Roberto nelle ultime settimane ha difficoltà deambulatorie, sia a causa dei dolori agli arti inferiori sia a causa della mancanza di equilibrio, che determinano sempre più frequentemente incidenti e cadute.
Roberto non assume terapia antalgica in grado di contrastare i sintomi del tumore, che non viene difatti neanche suggerita dai medici curanti, e anzi dopo aver inizialmente assunto dei farmaci antiepilettici ha dovuto sospenderne l’assunzione a causa dei loro numerosi effetti collaterali.
A oggi, vista la recente e costante espansione della lesione e il conseguente peggioramento della sintomatologia generale, c’è il concreto rischio di un aggravamento improvviso delle condizioni del signor Roberto e anche di un episodio imprevedibile con il rischio della perdita delle sue capacità cognitive.
La richiesta alla ASL
Vista l’irreversibilità della sua patologia, il continuo peggioramento delle sue condizioni fisiche, nonostante il forte attaccamento alla vita, non ritenendo più dignitosa quella che si è trovato a “vivere”, nell’ottobre 2024 ha inviato all’azienda sanitaria veneta competente la richiesta di verifica delle condizioni per accedere al suicidio medicalmente assistito.
Nel dicembre 2024 l’azienda sanitaria procedeva alla nomina della commissione medica multidisciplinare per le verifiche delle sue condizioni, ma non seguivano ulteriori comunicazioni né tantomeno venivano fissate le visite domiciliari.
Per questo motivo, a cinque mesi dalla richiesta, nel marzo 2025, tramite il team legale coordinato da Filomena Gallo, Roberto ha diffidato l’azienda sanitaria a completare urgentemente la procedura di verifica evidenziando che una eccessiva dilatazione dei tempi determina una compressione ingiustificata e illegittima del diritto di autodeterminarsi del richiedente, che è così costretto a subire ulteriori sofferenze fisiche ma anche psichiche.