Mai dati. Dati aperti (sulla 194)
Perché sono nostri e perché ci servono per scegliere
Domande e risposte a cura di Chiara Lalli e Sonia Montegiove. QUI trovi l’indagine completa.
I dati: come li abbiamo, come li vogliamo (da #MaiDati a #DatiAperti)
Oggi nella Relazione del Ministero della salute i dati sono in formato chiuso, aggregati per regione, vecchi (gli ultimi definitivi si riferiscono al 2019). Anche i nostri dati sono vecchi, in parte perché ce li hanno mandati già vecchi, in parte perché i primi ce li hanno mandati mesi fa (le prime richieste le abbiamo inviate ad agosto 2021).
Forse è utile sapere qual è la procedura per ottenerli: mandi una PEC con la richiesta di accesso civico generalizzato, chi ti risponde spesso manda un pdf o un documento che nemmeno puoi copiare, trascrivi in un foglio di calcolo, alcuni dati sono parziali e devi chiedere chiarimenti, non tutti ti rispondono e rimani in attesa con un dato inutile (magari aggregato). Cioè, non abbiamo uno strumento magico per vedere cosa sta succedendo ma solo un meccanismo lento e tortuoso sia per averli sia per registrarli.
Il nostro intento è proprio far vedere l’inutilità di avere dati non aggiornati, chiedere che siano resi accessibili in un flusso continuo (tramite pubblicazione di API da interrogare) e per ogni struttura sanitaria (ospedale o consultorio). Solo in questo modo possiamo sapere oggi cosa succede negli ospedali e se la legge è ben applicata. Solo in questo modo possiamo scegliere. E solo in questo modo possiamo individuare responsabilità e difetti nei servizi, e quindi rimediare. Altrimenti è come avere una vecchia mappa dove ci sono ancora Stati che non esistono più e confini che sono stati spostati.
In sintesi: abbiamo dati chiusi e vecchi e aggregati, li vogliamo aperti e aggiornati in tempo reale e per singola struttura sanitaria. (L’obiezione di coscienza è solo un criterio e da solo non ci basta, ovviamente, per sapere se la 194 è ben applicata.)
I numeri di Mai dati sono già vecchi?
Sì, certo. Perché è passato del tempo da quando li abbiamo chiesti e ce li hanno inviati. Come già detto, alcune pubbliche amministrazioni ce li hanno mandati del 2020, alcuni più recenti ma comunque i numeri possono cambiare in seguito a spostamenti di personale, pensionamenti o a cambiamenti burocratici. Cioè, sono in continuo cambiamento.
A chi avete mandato la richiesta di accesso civico?
Alle circa 180 strutture sanitarie italiane*. Ogni struttura sanitaria ha risposto per gli ospedali e per i consultori di sua competenza. Abbiamo chiesto il numero totale e il numero di obiettori per categoria professionale (ginecologi, anestesisti, professioni non sanitarie come da tabella 28 della Relazione ministeriale). Poi abbiamo scritto alle Regioni per chiedere alcuni chiarimenti, per chiedere se era «stata attivata la possibilità del trattamento di IVG farmacologica in regime ambulatoriale, così come previsto dalle Linee di indirizzo per la IVG farmacologica dell’agosto 2020», e per avere informazioni sulla formazione del personale sanitario. In totale abbiamo inviato più di 300 PEC tra la prima richiesta, il sollecito al responsabile anticorruzione e trasparenza per chi non aveva risposto entro i 30 giorni previsti, le integrazioni e le ulteriori richieste di chiarimenti. (Ci sono state anche delle telefonate nel tentativo di chiarire o di integrare alcune informazioni non chiare e mai chiarite.)
* Le strutture sanitarie sono i gestori di ospedali e consultori (ogni struttura sanitaria si ramifica in ospedali e in consultori). Perché circa? Perché l’elenco che abbiamo ricostruito è il frutto di un lavoro di confronto e di integrazione tra la banca dati pubblicata nella sezione open data del Ministero della salute (aggiornato al 2019), quella presente in formato aperto sul sito Ipa, l’indice delle pubbliche amministrazioni, che contiene l’elenco degli indirizzi di posta elettronica certificata degli enti pubblici e un riscontro fatto direttamente sulle sezioni delle direzioni sanitarie delle singole Regioni. Il condizionale è d’obbligo perché non esiste una banca dati completa, aggiornata, geolocalizzata, in formato aperto del dato che serviva per questo lavoro. (Non tutte le strutture hanno risposto, alcune hanno risposto con dati parziali o aggregati.)
Quanti vi hanno risposto?
Abbiamo le risposte di 310 interlocutori (oggi, qualche risposta continua ad arrivare). Attenzione: in questo numero ci sono sia ospedali, sia consultori, sia ASL (queste ultime ci hanno inviato un dato aggregato). Anche la definizione di una struttura può cambiare, un reparto può chiudere o aprire, un punto IVG diventare non IVG. Avere dati aperti e in un flusso continuo serve anche a questo.
Questo non è un campione, ma un dominio che si è determinato spontaneamente da chi ha deciso di rispondere.
Ancora, lo ripetiamo: ci servirebbero i dati aperti e aggiornati dei numeri delle strutture, la verifica di punto IVG o non IVG e di tutto il resto.
Cosa avete fatto con chi non ha risposto?
Abbiamo mandato un sollecito al responsabile trasparenza e anticorruzione (della singola struttura o della ASL afferente). Al sollecito non tutti hanno risposto. Hanno risposto alla richiesta di accesso civico generalizzato più del 60% delle strutture.
Quanti sono i punti IVG in Italia?
Non lo sappiamo. Il dato ufficiale (che risale al 2019, tabella 23bis) è di 356 su 564 (non sappiamo quali perché, di nuovo, i dati sono aggregati). Qui mancano alcune strutture come indicato nella nota**.
Dai dati che ci ha mandato la Regione Lazio (2020, unica ad averci mandato i dati di tutti gli stabilimenti) possiamo però inferire quanto segue: in alcuni stabilimenti è «in atto verifica se punto IVG», alcuni punti IVG sono considerati ancora non punti IVG e viceversa. Gli ultimi due anni di Covid hanno verosimilmente complicato tutto.
Leggendo la Relazione, in particolare la tabella a pagina 14, sappiamo che ci sono stati molti cambiamenti nei servizi di IVG (ma non conosciamo i dettagli e non sappiamo se le interruzioni del servizio sono state ripristinate e se i problemi segnalati sono stati risolti).
Il 12 marzo 2022 abbiamo inviato a 4 direzioni del Ministero della salute la richiesta di un elenco aggiornato delle strutture (punto IVG/non IVG compreso). Nessuno ci ha risposto.
** “Non sono state incluse le seguenti strutture: Policlinici universitari privati, IRCCS privati, IRCCS fondazione, Ospedali classificati o assimilati ai sensi dell’art. 1, ultimo comma, della Legge 132/1968 (enti ecclesiatici [sic] civilmente riconosciuti che esercitano l’assistenza ospedaliera), Case di cura private non accreditate, Istituti qualificati presidio della U.S.L., Enti di ricerca e Strutture Private accreditate per le quali le Regioni abbiano esplicitamente dichiarato di non essere autorizzate ad effettuare IVG“ (il corsivo è nostro; anche in questo caso: non sappiamo quali e non sappiamo quali informazioni abbiamo riguardo a quelle strutture che non l’hanno esplicitamente dichiarato).
Cosa avete fatto con chi non ha risposto?
Abbiamo mandato un sollecito al responsabile trasparenza e anticorruzione (della singola struttura o della ASL afferente). Al sollecito non tutti hanno risposto. Hanno risposto alla richiesta di accesso civico generalizzato più del 60% delle strutture.
Avete tutti i numeri di tutti gli ospedali?
No. L’intento non era quello, ma di chiedere al Ministero di aprire i dati e di cominciare a pubblicare in un flusso continuo (pubblicazione di API, come avviene con l’ecosistema digitale della Regione Lombardia E015). Solo in questo modo possiamo sapere che cosa succede davvero negli ospedali, nelle ASL, nelle Regioni. Solo in questo modo possiamo sapere se l’accesso all’IVG è davvero garantito. (Vedi sotto, Come sarebbe possibile fare?)
Quindi i 31 con il 100% (ospedali e consultori) sono tutti quelli con il 100% di obiettori in questo momento? (Vale per tutti gli altri nostri dati e per tutti i dati non in tempo reale.)
No, sono quelli di cui abbiamo i dati (che non essendo in flusso non sono «in questo momento»). Potrebbero esserci altri 100% tra quelli che non ci hanno risposto oppure potrebbero essere cambiati i numeri e le percentuali (questo vale per tutti i nostri numeri e per tutti quelli che non sono rilasciati in un flusso continuo) o la stessa categoria punto IVG/punto non IVG.
In generale, alcuni di quelli che ci hanno fornito i dati specificando se erano punti IVG o non IVG per questi ultimi non hanno indicato i numeri ma hanno lasciato le caselle vuote; alcuni non lo hanno specificato e qualcuno ha dato i numeri anche sui punti non IVG. Come vediamo dal Lazio, c’è anche la categoria «in atto verifica se punto IVG». Non abbiamo quindi una mappa dettagliata e aggiornata nemmeno di questo.
Alla nostra richiesta di chiarimenti, in alcuni casi ci hanno risposto che l’IVG si faceva in un’altra struttura, con due accessi al mese oppure che sebbene «auspicabile» i medici erano tutti obiettori.
Ancora una volta: l’unico modo sensato per avere una informazione esaustiva e corretta è costruire un sistema per aggiornare questi dati sulla obiezione e incrociarli con tutti gli altri.
(NOTA: la dicitura «ospedale in cui non si effettuano IVG» è ambigua e può riferirsi sia a un ospedale che non è punto IVG, sia a un ospedale dove il 100% è obiettore di coscienza; sono due realtà diverse e di cui dovremmo sapere i dettagli attuali.)
Qual è il dato più sconcertante?
Che ci sono non obiettori che non eseguono IVG. Questo significa che molte valutazioni si basano su un numero impreciso di operatori che eseguono le IVG (è quel 33% di media nazionale di non obiettori della Relazione ministeriale: quanti di questo 33% eseguono davvero aborti, quanto anche nel secondo trimestre?).
Nella tabella 28 andrebbero quindi indicate almeno altre due colonne: % di non obiettori che eseguono IVG e % di non obiettori che eseguono l’IVG dopo il primo trimestre.
Sebbene già noto, è impressionante che in tutto il Molise ci siano non obiettori solo all’ospedale Antonio Cardarelli di Campobasso (2 su 29, dati di agosto 2021, cioè già vecchi e sicuramente cambiati perché un non obiettore è andato in pensione e una dottoressa è stata spostata).
A che serve avere i dati aperti?
A sapere davvero se e come la 194 è applicata. Questi dati non devono riguardare solo l’obiezione di coscienza ma molti altri criteri e molti altri aspetti (come la formazione degli operatori sanitari, la disponibilità dell’aborto farmacologico, l’attuazione delle linee di indirizzo).
Cosa significa «obiezione di struttura» (e cosa dice la legge)?
Qui c’è un margine interpretativo. La legge dice che il servizio deve essere garantito, e questa garanzia dipende da molte cose e non solo dalle percentuali di obiettori (potremmo dire che è soprattutto una questione di organizzazione).
Non è quindi necessario che in ogni ospedale ci sia un punto IVG. Fatta questa premessa, l’obiezione di struttura cosa significa? Ospedali che non sono punti IVG o ospedali che sono punti IVG e che non riescono a garantire il servizio, come quelli con il 100% di obiettori? Basta non usare la stessa espressione per entrambi.
La garanzia del servizio di IVG può essere anche quella di garantire il percorso, quindi un ospedale che non è punto IVG dovrebbe dare tutte le informazioni e fare in modo che la donna che ha bisogno di una IVG sia indirizzata in una struttura dove può abortire.
Come stabilisce l’articolo 9 della legge 194 «gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale».
Come sarebbe possibile fare?
Ricorrendo alla pubblicazione di API, ovvero veri e propri flussi dati in tempo reale che possono essere letti direttamente da macchine. In un flusso macchina-macchina che dà concretezza al concetto di interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni (la stessa per cui, secondo la Commissione europea, si stima un risparmio di 5 miliardi di euro l’anno). Un esempio è E015, nato con Expo 2015 in Regione Lombardia, che ha messo a disposizione diversi flussi informativi tra i quali il numero di persone in attesa al pronto soccorso per la sanità. Un sistema in RIUSO per le Regioni (ovvero a costo praticamente zero).
Cosa volevamo dimostrare?
Che dall’analisi di dati ufficiali, aggiornati, affidabili, non aggregati, aperti si può trarre informazione e conoscenza. Da tabelle chiuse in pdf, con dati medi, aggregati e vecchi no.
Cosa non serve in questo momento?
Fare polemiche dopo aver letto un titolo, protestare sui numeri che sono diversi, cercare di raccogliere numeri da storie di persone che possono dare una loro interpretazione, confrontare con mappe vecchie e disegnate dal basso, dire che già lo sapevamo che la 194 non stava benissimo.
Il nostro intento era far vedere che i dati come li abbiamo non ci servono. Le nostre richieste sono: di aprirli, di fare attenzione ai non obiettori che non seguono IVG e le IVG dopo il primo trimestre, di inserire un indicatore specifico nei LEA e nel sottoinsieme CORE, di garantire l’accesso alla IVG farmacologica e in regime ambulatoriale (come da disposizioni ministeriali), di presentare le relazioni annuali ogni anno. Tutti i dettagli sono nella lettera inviata al ministro Speranza e alla ministra Cartabia.
Altre inferenze, conclusioni o considerazioni non sono nostre.