I tre problemi fondamentali della ricerca pubblica in Italia:
- Scarso finanziamento pubblico. Gli investimenti pubblici nella ricerca sono fondamentali per il futuro di un Paese: la ricerca promuove innovazione, ottiene nuove competenze strategiche atte ad aumentare la competitività nel mercato internazionale e a promuovere il benessere dei cittadini. Nel 2023 il governo ha stanziato per la ricerca l’1,4% del PIL. Questa quota, aumentata negli anni grazie soprattutto ai fondi PNRR, rimaneva comunque molto sotto la media Ue (circa 2,3%). La Finanziaria 2025 ha dato un altro colpo tagliando di circa l’8% il fondo destinato a istruzione e ricerca. In merito agli insufficienti investimenti è molto difficile incidere, come ampiamente dimostrato dal processo di elaborazione della Legge di Bilancio, avendo sempre a che fare con una coperta troppo corta. E’ necessario però continuare a denunciare a tutti i livelli possibili la realtà, sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono vedere, che la ricerca è sempre tra i primi investimenti a finire sotto la scure dei tagli.
- L’eccesso di burocrazia. Università e Enti Pubblici di Ricerca sono soggetti a leggi e regolamenti concepiti per la Pubblica Amministrazione (PA), e devono seguire procedimenti burocratici del tutto inadatti alle caratteristiche della ricerca scientifica. Tra questi, la procedura MePA (Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione) che, studiata per combattere la corruzione, è stata dal 2024 resa obbligatoria per la ricerca anche per spese inferiori ai 5000 Euro. Questo provoca enormi ritardi negli acquisti e conseguenti rallentamenti nei progetti di ricerca. Per di più, gli acquisti sono soggetti al pagamento dell’IVA (22%), che erode non di poco il finanziamento stanziato. L’Associazione ha di recente lanciato una battaglia che si è concretizzato in un appello alla Ministra Bernini contro l’applicazione della Piattaforma MePA anche alle spese per la ricerca e in un comunicato stampa, firmata in pochi giorni da più di 3,000 ricercatori e docenti.
- Mancanza di coordinamento e pianificazione. In particolare: i) la discontinuità dei finanziamenti e dei bandi, le regole continuamente modificate e la complessità e lunghezza dei processi di revisione e assegnazione e, ii) l’assenza di strategie a lungo termine per il reclutamento di personale, con periodi di blocco delle assunzioni e conseguente aumento di “fuga dei cervelli” alternati a periodi di eccessiva apertura che portano ad assunzioni non sempre adeguatamente valutate. L’Associazione ritiene che, per cambiare rotta, sia necessaria una riorganizzazione strutturale con la creazione di una Agenzia Nazionale della Ricerca (ANR), presente nella maggioranza dei paesi Europei e non solo, che si interfacci con i diversi Ministeri coinvolti nella gestione della ricerca, coordini e valuti i finanziamenti, gestisca le attività di ricerca promuovendone la qualità, e contribuisca a ottimizzare il sistema di reclutamento.