Molte coppie, dopo aver eseguito dei percorsi di fecondazione assistita, ottengono degli embrioni che non sono però idonei a una gravidanza.
La legge 40/2004, all’articolo 13, vieta l’utilizzo di questi embrioni ai fini di ricerca scientifica, prevedendo la pena della reclusione da 2 a 6 anni e una multa da 50mila a 150mila euro per chi li utilizza a questi fini, e il successivo articolo 14 ne vieta anche la distruzione.
I medici della PMA così costretti a crioconservare gli embrioni non idonei per una gravidanza.
Gli embrioni sono formati da cellule staminali totipotenti, ovvero cellule che possono svilupparsi in qualsiasi tipo di cellula dell’’organismo. Per tale motivo sono utilizzati per la ricerca per trovare cure per malattie irreversibili.
Ma con il divieto illogico e insensato della legge 40 questo non è possibile in Italia.
Infatti nel resto del mondo sono in corso oltre un centinaio di ricerche scientifiche sulle linee staminali embrionali con risultati sorprendenti. A esempio in Inghilterra sono state avviate sperimentazioni cliniche mirate alla cura della degenerazione senile della macula retinitica che porta, con l’avanzare dell’età, alla cecità. La sperimentazione ha generato dalle cellule staminali embrionali un epitelio retinico che poi trapiantato nei pazienti ha determinato la riacquisizione della vista. Pazienti che prima non riuscivano a leggere oggi sono tornati a leggere.
Vi è poi la ricerca dell’azienda Neurona che utilizza le cellule embrionali staminali per trovare una cura all’epilessia mediante la loro trasformazione in interneuroni inibitori che a oggi sono stati impiantati in due pazienti e in entrambi i casi si è registrata una diminuzione del 95% della frequenza delle crisi epilettiche.
Negli Stati Uniti e in Svezia (con lo studio coordinato dalle ricercatrici Amisha Parmar e Agnete Kirkeby), si stanno conducendo simili sperimentazioni sul morbo di Parkinson. In particolare, in questi studi, le cellule staminali embrionali vengono utilizzate per generare i neuroni dopaminergici per poi iniettarli nei pazienti in fase di sperimentazione clinica. La dopamina, una sostanza chimica che aiuta a regolare i movimenti corporei, a causa della perdita delle cellule nervose derivante dal Parkinson non viene più prodotta in modo tipico nelle persone che ne sono affette. Con la creazione di questi neuroni dopaminergici è dunque possibile recuperare il controllo dei movimenti corporei, possibilità questa impraticabile in assenza dell’utilizzo di staminali embrionali.
Ma in Italia questo non è possibile e ciò ai danni delle tante persone affette da patologie oggi incurabili, che non possono sperare in una cura, e dei nostri ricercatori o scegliere di partecipare alla sperimentazione clinica.
I ricercatori italiani infatti non possono utilizzare le cellule staminali embrionali italiane per fare ricerca scientifica. Ma possono importare dall’estero quelle straniere. Un controsenso con ingenti costi anche ai danni dello Stato.
Nel 2016 questa norma viene sottoposta all’attenzione della Corte costituzionale che, con la sentenza 84/2016, dopo aver ricordato che anche la Corte EDU ha censurato questa norma per contrasto con l’articolo 8 della CEDU, ha dichiarato inammissibile la questione affermando che la materia – visti i diversi interessi in gioco da bilanciarsi tra loro – spetta unicamente al legislatore che ha invitato a intervenire in materia.
A oggi, il legislatore non è ancora intervenuto in materia. Ed è per questo motivo che come Associazione Luca Coscioni stiamo lavorando nei tribunali per superare questo divieto illegittimo e discriminatorio.
La storia di Maurizio
Maurizio Fravili ha 68 anni e nel 2020 riceve la diagnosi di Parkinson, che nel giro di pochissimo tempo comporta gravi difficoltà deambulatorie e di movimento in generale, tremore continuo agli arti superiori e la necessità di essere assistito, anche nelle attività di vita quotidiana, dalla sua famiglia.
Maurizio è sempre stata una persona dinamica e proattiva e così, nel fare ricerche sulla sua malattia, viene a conoscenza di un progetto di ricerca condotto in Svezia dalla professoresse e ricercatrici Malin Parmar e Agnete Kirkeby, in fase clinica, sulle cellule staminali e con riferimento a persone affette dal morbo di Parkinson. Decide di mandare una richiesta a Malin Parmar e Agnete Kirkeby per accedere a questo progetto, speranzoso di trovare così una cura. Ma riceve una risposta negativa: lo studio è aperto solo a cittadini britannici e svedesi.
Maurizio decide così di inviare una lettera ai Ministri della Salute, Orazio Schillaci, e dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, esponendo la sua situazione e chiedendogli, nell’esercizio dei loro propri doveri e compiti istituzionali, di rimuovere il divieto di ricerca scientifica sulle blastocisti non idonee a una gravidanza di cui all’art. 13 della legge n. 40 del 2004 perché illogico e ingiustificato. Solo superando questo divieto, infatti, sarebbe possibile per i ricercatori italiani condurre delle ricerche sulle staminali embrionali, come avviene nel resto del mondo, e trovare una cura a malattie oggi definite incurabili.
Ma non ha mai ricevuto alcuna risposta.
Ha deciso allora di scrivere una lettera anche alla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, chiedendo il superamento di questo divieto, così da donare una speranza alle tanta migliaia di italiani oggi affetti da patologie inguaribili, ma che la ricerca potrebbe curare.
Ma anche questa richiesta non ha avuto mai un riscontro dalle istituzioni.