di Sergio Giordano
Molti lettori de La Voce l’hanno sicuramente conosciuto attraverso i suoi numerosi interventi,da opinionista, su questo quotidiano che,purtroppo, si interruppero, dopo l’esito referendario astensionistico sulla legge 40 e la ricerca scientifica,che Piero, pur di recarsi a votare,rispetto a tanti sani astensionisti, aveva rischiato l’asfissia durante il trasporto al seggio.
La sua lettera al Presidente della Repubblica, Napolitano,ha fatto scoperchiare la pentola sul tema dei malati terminali e numerosi quotidiani e settimanali hanno raccontato della sua battaglia.
Dopo aver scritto la “mia” storia di Piero Welby, pubblicata su La Voce di Romagna il 10 ottobre 2006, da qualche giorno amici e amiche mi hanno posto questa domanda:”ci hai sempre raccontato del tuo Comandante Piero e della vostra zattera e delle sue battaglie,della sua cultura e del vostro navigare immaginario però hai fatto solo un breve cenno a Mina , la sua compagna…..”.
Questi amici hanno ragione nel cercare di capire quale forza ,non comune,ha permesso a tutti noi ,fino al nostro presidente Napolitano,di conoscere chi è Welby.
Dal momento che tanti uomini di Chiesa parlano di “affetto”per sopportare qualunque calvario terreno e tanti luminari della scienza medica si rifanno al supporto delle terapie antalgiche, per giustificare il rifiuto di discutere della libertà di vivere e di morire dei loro pazienti, cercherò di raccontare la “mia” storia di Wihelmine Schett in Welby.
“Ciaoooo Sergiooooo!”con questa voce piena di vita,Mina,mi risponde ogni volta che sostituisco internet con il cellulare per parlare, tramite lei ,con Piero.
Così ,mettendomi subito in “vivavoce”,dentro la camera piena di attrezzature mediche indispensabili per la vita di Piero, invio dalla “Palata” il rumore del mare oppure, da un concerto di Paoli e Vanoni, una canzone…. quelle sensazioni che vorrei potessero essere anche le loro.
Quante volte nei nostri rapporti di coppia quotidiani urliamo al patner ,un pochino irritati,”Faccio tutto io!!”ebbene Mina,per me,rappresenta l’esempio più ecclatante di come una donna sia stata capace di donare tutto il suo corpo ,gradualmente con il progredire della distrofia,al suo compagno.
Non so se questa grande donna sia una cattolica praticante, con una salda fede in Dio, dal momento che la sua dedizione a Piero la tiene completamente impegnata in cose molto più terrene. Tanti anni fa conobbe il futuro marito tramite un viaggio parrocchiale ,dall’Alto Adige a Roma, e sebbene fosse stata subito informata della malattia degenerativa di Piero non volle assolutamente rinunciare a lui.Esistono donne che si trovano a dover gestire malattie non preventivate ma non tutte avrebbero scelto,anche se innamorate,di entrare nel tunnel di una distrofia muscolare progressiva. Mina.a mio avviso ha seguito,in tutti questi anni, il percorso di una “maternità inversa”.
Infatti, anche se una giornalista di un noto quotidiano torinese ,inventandosi una intervista mai concessa,descrisse un dialogo con una figlia “inesistente”la maternità di Mina io l’ho potuta apprezzare nelle visite che, in questi 4 anni e mezzo,ho fatto ai coniugi Welby. Quando Don Oreste Benzi ,nell’apprendere della richiesta di Eutanasia del mio Comandante,imputò alla carenza di affetto la sua voglia di morire ,invitandolo nella sua Comunità,mi resi conto che spesso si va in “scia”di una storia senza conoscerla veramente.Infatti se di una cosa Piero non è carente è proprio negli affetti.La prima volta che ci siamo incontrati,nella loro casa romana,mi era difficile riuscire a capire la flebile voce che usciva con tanta fatica dal mio carissimo amico e solo lei faceva rimbalzare ,interpretandole,le bellissime battute ironiche che fanno parte del nostro navigare sul forum dei radicali(www.radicali.it ).
Mentre Maria Antonietta,moglie di Luca Coscioni,fondatore dell’Associazione Luca Coscioni per la ricerca scientifica(old.associazionelucacoscioni.it), deceduto da pochi mesi ,accettò il rifiuto della tracheotomia da parte di suo marito che gli avrebbe consentito di continuare a “vivere” Mina,al contrario, si trovò in prima persona a gestire questa decisione “salvavita”.
La tracheotomia è un intervento cruento capace,nelle malattie degenerative, di farti sopravvivere per rimanere,poi, legato ad un iperventilatore polmonare e questo temibile evento, sempre tenuto presente, aveva generato un patto tra Piero e Mina.Infatti avevano deciso che se ci fosse stata una crisi respiratoria non si doveva chiedere aiuto ma accettare la morte come una liberazione.
Ecco l’amore di questa donna,in quella giornata in cui il marito era sul punto di morire,fu superiore a qualunque”pietas”,avrebbe potuto egoisticamente aiutarlo ,ponendo fine a tutto,ma invece decise di infrangere il patto per dare inconsapevolmente,corpo, a distanza di anni, a questa loro e nostra battaglia che quotidianamente sta imbarcando numerosi uomini ,come equipaggio, su questa zattera che cerca l’approdo,il più dolce possibile, della nostra vita.
Avrei voluto tante volte invitare i coniugi Welby a Rimini e fare con loro e il mio amico bracco ,Tabar,quelle passeggiate in riva al mare ,da anni a loro negate, ma il rischio di peggiorare il suo stato di salute,anche per un banale raffreddore,è sempre stato elevato.Questo cercare di conservare ogni più piccola riserva dal corpo immobile di Piero ci fa capire che,per Mina, anche solo l’osservare il suo compagno ,che tramite l’uso di un dito, continuava a vivere trasmettendo tante sensazioni agli amici le era sufficiente per sentirsi felice e realizzata.Purtroppo in questi ultimi mesi la situazione è ulteriormente degenerata,la macchina iperventilatrice polmonare è continuamente collegata alla gola per evitare l’anossia tessutale,periodicamente,in modo molto ravvicinato nel tempo,Mina è costretta a pulire con il sondino il muco tracheale e cosa ben più grave il nostro Comandante,sempre più immobile, non riesce più a scrivere sui tanti perchè che ci assillano ma solo seguirci con lo sguardo dettandoci la rotta con i suoi bellissimi “copia e incolla”.
Avevo chiesto a Mina di scrivere per voi ,cari lettori,un suo profilo,le tante cose in cui crede ,i suoi timori,le sue ansie e le sue certezze ,ma ieri mi ha risposto dicendomi: “Caro Sergio,con calma, ti scriverò qualche cosa….Ora mi è difficile ,un abbraccio a tutti”.
La sua lettera al Presidente della Repubblica, Napolitano,ha fatto scoperchiare la pentola sul tema dei malati terminali e numerosi quotidiani e settimanali hanno raccontato della sua battaglia.
Dopo aver scritto la “mia” storia di Piero Welby, pubblicata su La Voce di Romagna il 10 ottobre 2006, da qualche giorno amici e amiche mi hanno posto questa domanda:”ci hai sempre raccontato del tuo Comandante Piero e della vostra zattera e delle sue battaglie,della sua cultura e del vostro navigare immaginario però hai fatto solo un breve cenno a Mina , la sua compagna…..”.
Questi amici hanno ragione nel cercare di capire quale forza ,non comune,ha permesso a tutti noi ,fino al nostro presidente Napolitano,di conoscere chi è Welby.
Dal momento che tanti uomini di Chiesa parlano di “affetto”per sopportare qualunque calvario terreno e tanti luminari della scienza medica si rifanno al supporto delle terapie antalgiche, per giustificare il rifiuto di discutere della libertà di vivere e di morire dei loro pazienti, cercherò di raccontare la “mia” storia di Wihelmine Schett in Welby.
“Ciaoooo Sergiooooo!”con questa voce piena di vita,Mina,mi risponde ogni volta che sostituisco internet con il cellulare per parlare, tramite lei ,con Piero.
Così ,mettendomi subito in “vivavoce”,dentro la camera piena di attrezzature mediche indispensabili per la vita di Piero, invio dalla “Palata” il rumore del mare oppure, da un concerto di Paoli e Vanoni, una canzone…. quelle sensazioni che vorrei potessero essere anche le loro.
Quante volte nei nostri rapporti di coppia quotidiani urliamo al patner ,un pochino irritati,”Faccio tutto io!!”ebbene Mina,per me,rappresenta l’esempio più ecclatante di come una donna sia stata capace di donare tutto il suo corpo ,gradualmente con il progredire della distrofia,al suo compagno.
Non so se questa grande donna sia una cattolica praticante, con una salda fede in Dio, dal momento che la sua dedizione a Piero la tiene completamente impegnata in cose molto più terrene. Tanti anni fa conobbe il futuro marito tramite un viaggio parrocchiale ,dall’Alto Adige a Roma, e sebbene fosse stata subito informata della malattia degenerativa di Piero non volle assolutamente rinunciare a lui.Esistono donne che si trovano a dover gestire malattie non preventivate ma non tutte avrebbero scelto,anche se innamorate,di entrare nel tunnel di una distrofia muscolare progressiva. Mina.a mio avviso ha seguito,in tutti questi anni, il percorso di una “maternità inversa”.
Infatti, anche se una giornalista di un noto quotidiano torinese ,inventandosi una intervista mai concessa,descrisse un dialogo con una figlia “inesistente”la maternità di Mina io l’ho potuta apprezzare nelle visite che, in questi 4 anni e mezzo,ho fatto ai coniugi Welby. Quando Don Oreste Benzi ,nell’apprendere della richiesta di Eutanasia del mio Comandante,imputò alla carenza di affetto la sua voglia di morire ,invitandolo nella sua Comunità,mi resi conto che spesso si va in “scia”di una storia senza conoscerla veramente.Infatti se di una cosa Piero non è carente è proprio negli affetti.La prima volta che ci siamo incontrati,nella loro casa romana,mi era difficile riuscire a capire la flebile voce che usciva con tanta fatica dal mio carissimo amico e solo lei faceva rimbalzare ,interpretandole,le bellissime battute ironiche che fanno parte del nostro navigare sul forum dei radicali(www.radicali.it ).
Mentre Maria Antonietta,moglie di Luca Coscioni,fondatore dell’Associazione Luca Coscioni per la ricerca scientifica(old.associazionelucacoscioni.it), deceduto da pochi mesi ,accettò il rifiuto della tracheotomia da parte di suo marito che gli avrebbe consentito di continuare a “vivere” Mina,al contrario, si trovò in prima persona a gestire questa decisione “salvavita”.
La tracheotomia è un intervento cruento capace,nelle malattie degenerative, di farti sopravvivere per rimanere,poi, legato ad un iperventilatore polmonare e questo temibile evento, sempre tenuto presente, aveva generato un patto tra Piero e Mina.Infatti avevano deciso che se ci fosse stata una crisi respiratoria non si doveva chiedere aiuto ma accettare la morte come una liberazione.
Ecco l’amore di questa donna,in quella giornata in cui il marito era sul punto di morire,fu superiore a qualunque”pietas”,avrebbe potuto egoisticamente aiutarlo ,ponendo fine a tutto,ma invece decise di infrangere il patto per dare inconsapevolmente,corpo, a distanza di anni, a questa loro e nostra battaglia che quotidianamente sta imbarcando numerosi uomini ,come equipaggio, su questa zattera che cerca l’approdo,il più dolce possibile, della nostra vita.
Avrei voluto tante volte invitare i coniugi Welby a Rimini e fare con loro e il mio amico bracco ,Tabar,quelle passeggiate in riva al mare ,da anni a loro negate, ma il rischio di peggiorare il suo stato di salute,anche per un banale raffreddore,è sempre stato elevato.Questo cercare di conservare ogni più piccola riserva dal corpo immobile di Piero ci fa capire che,per Mina, anche solo l’osservare il suo compagno ,che tramite l’uso di un dito, continuava a vivere trasmettendo tante sensazioni agli amici le era sufficiente per sentirsi felice e realizzata.Purtroppo in questi ultimi mesi la situazione è ulteriormente degenerata,la macchina iperventilatrice polmonare è continuamente collegata alla gola per evitare l’anossia tessutale,periodicamente,in modo molto ravvicinato nel tempo,Mina è costretta a pulire con il sondino il muco tracheale e cosa ben più grave il nostro Comandante,sempre più immobile, non riesce più a scrivere sui tanti perchè che ci assillano ma solo seguirci con lo sguardo dettandoci la rotta con i suoi bellissimi “copia e incolla”.
Avevo chiesto a Mina di scrivere per voi ,cari lettori,un suo profilo,le tante cose in cui crede ,i suoi timori,le sue ansie e le sue certezze ,ma ieri mi ha risposto dicendomi: “Caro Sergio,con calma, ti scriverò qualche cosa….Ora mi è difficile ,un abbraccio a tutti”.