“Embrioni sani”, più vicini i bimbi con tre genitori

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Repubblica
Silvia Bencivelli

Per farlo ci si sono messi in tre, e il risultato funziona. È un embrione, umano e perfettamente sano, alla cui formazione hanno partecipato due cellule uovo e uno spermatozoo.

Ma è anche una prima assoluta che promette di inaugurare una strada per la soluzione di alcune malattie genetiche. Lo racconta un articolo pubblicato sulla rivista Nature da un gruppo di ricercatori della Newcastle University, che sta lavorando alla tecnica da anni. L’annuncio era atteso soprattutto dopo che un anno fa la Camera dei comuni inglese aveva approvato la tecnica a una larga maggioranza, e la pubblicazione di questi dati era l’ultima prova richiesta dalle autorità regolatone per dare il via al suo impiego.

La tecnica è stata pensata per evitare al nascituro malattie legate ai mitocondri. Questi sono organelli galleggianti nel citoplasma della cellula, che servono a produrre l’energia necessaria al funzionamento della cellula e che contengono un proprio Dna: un Dna diverso da quello del nucleo, il Dna davvero nostro che decide (insieme all’ambiente) come siamo fatti. ll Dna del mitocondrio infatti abita soltanto li dentro: è poco ( meno dello 0,05% del Dna totale di un individuo ), è piccolo ed è circolare. ll problema è che questo Dna può essere responsabile di alcune malattie ereditarie, causate dall’indebolimento del muscolo, del cervello, del cuore (organi che richiedono più energia degli altri ), ma anche del sistema endocrino, dell’occhio, dell’orecchio, del rene e dell’apparato gastrointestinale.

Queste condizioni però si trasmettono solo dalla madre ai figli, perché con la fecondazione sono i mitocondri della cellula uovo che vengono passati, e solo quelli. Di conseguenza la soluzione pensata dai ricercatori inglesi è una specie di trapianto di mitocondri da cellula uovo, ma al contrario. La tecnica infatti prevede di prelevare il nucleo di un embrione malato entro poche ore dalla fecondazione, lasciandosi dietro il guscio vuoto della cellula, mitocondri compresi. E poi di trasferire questo nucleo in una cellula uovo di una donatrice, a sua volta svuotata del nucleo.

In questo modo, i mitocondri dell’embrione che si svilupperà sono quelli della seconda donna, cioè di una donna sana. Mentre il resto del Dna, il Dna del nucleo, rimane quello dell’embrione. I ricercatori hanno testato i tempi ottimali per il trasferimento del nucleo, un fattore cruciale per il successo della tecnica. E l’hanno provata su 500 cellule uovo di 64 donne donatrici, senza osservare nessun danno allo sviluppo degli embrioni. O meglio: c’era un 2% di Dna mitocondriale difettoso che veniva comunque trasferito. Ma in ogni caso si trattava di una quantità molto inferiore a quello di una fecondazione tradizionale, sottolineano i ricercatori, e insufficiente a dare malattie.

Se le autorità regolatorie riterranno, come pare molto probabile, che la tecnica possa già dirsi sicura, a Newcastle cominceranno presto a nascere bambini con tre genitori biologici e nessuna grave malattia.