Addio caro Marco, ci hai scelti a caso, come i cioccolatini di Forrest Gump

L’Huffington Post
Marco Perduca

Addio caro Marco, è matematico che non saremo all’altezza di quel che ci tocca da domani, ma per 60 anni ci hai scelti così, a caso, come i cioccolatini nella scatola di Forrest Gump e guarda cosa siamo riusciti a fare finché c’eri tu.

Ho visto Marco Pannella dal vivo per la prima volta il 9 marzo 1994 ai funerali di Andrea Tamburi, uno dei coordinatori delle attività del Partito Radicale in Russia trovato morto in circostanze mai chiarite a Mosca. Da poco mi ero iscritto al PR con un salasso da mille lire al giorno.

Era qualche mese che avevo fatto il passaggio da “ascoltatore passivo” di Radio Radicale a militante – s’era da poco conclusa la raccolta firme per 13 referendum e pochi giorni dopo ci sarebbero state le elezioni politiche – ma mai avrei immaginato di conoscere Pannella in chiesa a Firenze. Frequentavo la sede fiorentina e il movimento dei club Pannella e un anno dopo ero capolista della lista omonima per il Comune di Firenze. Prima di salire sul palco Pannella, a chi gli era vicino bisbigliò: “Ma questo chicazz’è?”. Quando gli fu spiegato mi ritrovai con lui su un palco infinito per un comizio in Piazza della Repubblica. Non prendemmo lo zerovirgola.

Da quella messa funebre, e da quel primo comizio a 27 anni, la mia via è cambiata. Alti, bassi, insoddisfazioni, frustrazioni, incazzature, soddisfazioni, notti insonni, viaggi in tutto il mondo e ore di riunioni. Di questi ultimi 22 anni non rimpiango assolutamente nulla, neanche il fumo passivo subito durante incontri convocati spesso per il piacere di un “giro di tavolo” tra passanti e compagni. Da domani la mia vita, e quella di molti altri, non sarà più la stessa. E non è detto che sia un male.

Quando Pannella saltò per la prima volta in 15 (credo) anni, la sua trasmissione domenicale su Radio Radicale, Stefano Baldolini dell’HuffingtonPost mi chiese se avessi voluto scriverne qui. Declinai per pudore più che per scaramanzia (ero anche in partenza per le Nazioni Unite). Da quel giorno però, la tentazione di scrivere un post su Pannella si affacciava quotidianamente ma il rischio di scadere in un “coccodrillo” mi aveva fatto desistere. Avevo scelto anche il titolo “Dio è morto, Marx è morto e anche Pannella non si sente molto bene”. E forse sarebbe bastato quello.

In effetti, purtroppo, Pannella non si sentiva molto bene da tempo – molto di più di quanto non si sapesse (un giorno scriverò di quanto, secondo me, è iniziata la parabola discendente) -, e il lento peggiorare della sua salute psico-fisica condizionava molto la politica. La politica di Pannella quanto quella del Partito Radicale e delle varie associazioni che lo costituiscono.

Da quando è stato diramato il comunicato che ci ha informato della morte di Pannella, la rete, le radio e le televisioni sono state invase da messaggi di “unanime cordoglio” – e ci mancherebbe! – e successivi attestati di stima, riconoscimenti per la “tenacia” la “coerenza” la “lotta per i più deboli”, “le carceri”, “la giustizia giusta”, i “diritti civili”. L’unanimità si è ampliata anche alle similitudini: era un “leone”, un “lottatore”, un “don chisciotte” “il signor Hood”, addirittura “politico di valore”! I dietrologi hanno recuperato connessioni coi “poteri forti”, “la massoneria”, il “neo-liberismo”, la “CIA”, “Israele” e il “mossad”, tutte cose provocatoriamente spesso millantate da Pannella stesso e quindi comprensibili. Poi qualche “radical chic” ha recuperato la peggiore delle scemenze possibili, quella che proprio non ho mai potuto tollerare: l’istrione.

Lasciando da parte la filologia, oggi con istrione s’intende un attore che indulge in una recitazione enfatica, volta a suscitare plateali emozioni. Per estensione si intende quindi una persona che nell’atteggiamento e nel comportamento assume pose insincere, affettate o esibizionistiche. Il solo pensiero che per quasi un quarto di secolo io sia stato adepto della “setta” di un “istrione” mi fa perdere la pazienza perché è l’esatto contrario di ciò che ho visto, e fatto, per anni.

Se al mondo c’era qualcuno che alle pose, alle posizioni – Pannella parlava del kamasutra della politica (degli altri) – opponeva la politica, l’analisi e la proposta politica, questo era Marco Pannella. E, se è vero come è vero quanto ha affermato il Presidente Mattarella nel suo messaggio di cordoglio e cioè che “Pannella è sempre lontano dai giochi di potere“, le conquiste in materia di diritti civili guadagnate dall’Italia grazie a Pannella e al Partito Radicale dimostrano il perfetto contrario di quanto questi radical chic hanno sempre imputato a Pannella.

Dopo averlo per anni snobbato, osteggiato, ostracizzato, oggi tutti ricordano quanto abbiano imparato da Pannella e gli mostrano riconoscenza. Mai nella storia dei necrologi tanta gratitudine è stata meritata. Sinceri o di facciata, questi attestati di stima smontano la storia dell’istrione – si spera una volta per tutte – e recuperano un minimo di verità storica. Ma con Pannella morto cui prodest?

Avendo vissuto 25 anni di esperienze più uniche che rare, tra cui cinque da Senatore della Repubblica, il mio debito di riconoscenza con Pannella non finirà mai. O meglio quella personale è finita il 19 maggio 2016, quella politica, o simbolica, adesso sarà molto critica da praticare in sua assenza: morto Pannella non se ne fa un altro. Morto Pannella il Partito Radicale, per come lo abbiamo conosciuto fino a ieri, non esisterà più. Ci sarà qualcosa d’altro, di radicalmente diverso, o almeno è da sperarlo.

Quando mi presentai a Pannella sul sagrato della Chiesa del Sacro Cuore di Firenze, mai avrei immaginato che l’ultima volta in cui l’avrei visto sarebbe stato sdraiato in una camera ardente. Lo spirito di Pannella aleggerà sereno venerdì alla Camera dei Deputati dove sarà esposto e sabato in Piazza Navona per un funerale laico, sai quanti “ma questo chiccazz’è” riecheggeranno tra le nuvole romane.

Addio caro Marco, è matematico che non saremo all’altezza di quel che ci tocca da domani, ma per 60 anni ci hai scelti così, a caso, come i cioccolatini nella scatola di Forrest Gump e guarda cosa siamo riusciti a fare finché c’eri tu.