Coltivare la marijuana non è reato

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Il Tempo
Valeria Di Corrado

Rita Bernardini non ha il «pollice verde» per la marijuana, per questo il Tribunale di Roma ha archiviato il procedimento che la vedeva indagata per produzione di sostanze stupefacenti. Secondo la Procura le 56 piante di cannabis che la segretaria dei Radicali Italiani coltivava sul suo terrazzo erano innocue, perché «troppo piccole e tenute in condizioni climatiche sfavorevoli per produrre quantità di principio attivo tale da superare la soglia dell’offensività». Una pronuncia che sta già facendo discutere il mondo del web.

Lo scorso 15 maggio, su mandato della Procura, la polizia ha perquisito l’abitazione della Bernardini, sequestrando le 56 piantine di marijuana che dal primo di aprile coltivava sul balcone di casa. Nelle settimane precedenti aveva pubblicato minuziosamente sui social network i progressi nella crescita degli arbusti. Il suo scopo principale era quello di alimentare il dibattito sulla legalizzazione e l’uso terapeutico della cannabis.

«Voglio essere arrestata come tutti gli altri cittadini», scriveva su Twitter e Facebook. In questo non è stata accontentata, ma la procura, dopo il sequestro, l’ha iscritta sul registro degli indagati contestandole la violazione del Testo unico sulla droga. La coltivazione della marijuana, infatti, è vietata dall’articolo 26 del Dpr n.309 del 1990. Pochi giorni dopo il sequetro, il 4 giugno, il pubblico ministero ha chiesto al giudice delle indagini preliminari l’archiviazione del procedimento, motivandolo così: «Ai fini della rilevanza penale occorre ravvisare in concreto l’offensività della condotta. Nel caso di specie occorre considerare che gli arbusti rinvenuti nell’abitazione dell’indagata, seppure in numero di 56, sono di piccole dimensioni (40 di circa 30 centimetri di altezza e 16 di circa 12 centimentri), piantati in modeste quantità di terriccio contenuto in buste di stoffa e custoditi in un terrazzo con esposizione a condizioni climatiche sfavorevoli».

«In assenza di accorgimenti mirati e di specifiche modalità di coltivazione (quali lampade per assicurare condizioni idonee allo sviluppo completo del principio attivo) – spiega il pm – le piantine non avrebbero potuto mantenersi e crescere fino a produrre quantità di principio attivo tale da superare la soglia dell’offensività. Tanto che dalle numerose piante sequestrate è stato rilevato un esiguo quantitativo di principio attivo, pari a soli 0,468 grammi».

In pratica, le piante di marijuana dalla Bernardini erano inoffensive perché troppo piccole e, secondo la Procura, non sarebbero nemmeno potute maturare perché la segretaria dei Radicali le coltivava male. Tenendololi all’aria aperta e nel clima di Roma, gli arbusti – in base a quanto mette nero su bianco il pm – non avrebbero avuto possibilità di arrivare a produrre quantità di principio attivo «offensive». Solo una coltivazione come quella che sfrutta le lampade per ricreare un microclima ideale per questo tipo di specie vegetale avrebbe, secondo la tesi della Procura, offerto prospettive di crescita alle piante della Bernardini.

Il gip Stefano Meschini ha sposato in toto la tesi sostenuta dall’accusa e l’8 febbraio scorso ha archiviato il procedimento, ritenendo «che la richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero è fondata e che devono qui ritenersi come integralmente trascritte le argomentazioni addotte dal pm».

«Vuol dire che sono autorizzata a coltivare la marijuana sul mio balcone, come ho sempre fatto – commenta Rita Bernardini – Sono contenta soprattuto per i malati che non hanno accesso ai farmaci a base di cannabinoidi. Non uso le lampade perché mi piace la coltivazione naturale, alla luce del sole. Mi inchino di fronte al giudizio della procura, secondo cui le piante, in quelle condizioni climatiche, erano innocue. Di diverso parere, però, sono stati gli agenti che nel 2014 mi hanno sequestrato piantine di cannabis durante il congresso dei Radicali Italiani. Per quella vicenda sarò processata a Siena. È stato dimostrato che avevano un principio attivo intorno al 16%. Eppure le avevo coltivate sempre sul balcone di casa, con le stesse modalità».

Alla luce di questa pronuncia dei magistrati romani, d’ora in poi dal terreno di scontro giuridico sulla legalizzazione della marijuana, ci si dovrà spostare sui manuali di giardinaggio.