Reato di vita

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Filomena Gallo, Maurizio Bolognetti

Sono trascorsi ormai 7 anni dalla morte di Eluana Englaro, rimasta in stato vegetativo per ben 17 anni, e dalla battaglia giuridica del padre Beppino. Sono trascorsi ormai anche 2 anni dalla morte di Paolo Ravasin, attivista radicale malato di SLA, che affidò al web il suo testamento biologico. Sono trascorsi 10 anni, e sembra ieri, da quando scendevamo in piazza con Piergiorgio e Mina Welby “per affermare i diritti alla vita e alla morte, diritti umani fondamentali delle donne e degli uomini, sempre più negati nella loro verità e nella loro esistenza“.

Dieci anni dalle “veglie” organizzate nelle piazze e strade d’Italia per rivendicare il diritto, sì diritto, di Piergiorgio Welby a una buona morte; il diritto a poter morire senza dover subire l’onta di inutili sofferenze; dieci anni da quando scendevamo in piazza con e per Piergiorgio per dire no ai torturatori di Stato. “Devo essere io a scegliere, non la malattia. Non ho paura. E so che, anche se non mi ridaranno i soldi, posso tornare indietro fino all’ultimo istante. Ho un’opportunità in più“, così si esprimeva Paola Cirio, consigliera dell’Associazione Coscioni, in un’intervista rilasciata al quotidiano “La Stampa“.

La nostra lotta vive nella semplicità delle parole di Paola e prima ancora dello stesso Luca Coscioni, e nel sentire comune e collettivo di tutti coloro che hanno, loro malgrado, dovuto assistere ad agonie e tormenti gratuiti. Il tempo trascorso, sebbene abbia congelato la discussione parlamentare sui temi dei diritti civili legati al fine vita, è stato occasione di iniziativa e mobilitazione per l’Associazione Luca Coscioni. Con il Comitato Eutanasia Legale (www.eutanasialegale.it) sono state raccolte oltre 100mila adesioni su una proposta di legge di iniziativa popolare per la legalizzazione dell’eutanasia e il pieno riconoscimento del testamento biologico, sono state attivate oltre 70 personalità del mondo della cultura e dello spettacolo impegnate su questo fronte e sono state organizzate manifestazioni e convegni per sollecitare il Parlamento a discuterne.

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Tutto ciò, seppur nel silenzio della grande informazione di massa, ha permesso l’avvio di una discussione alla Camera dei Deputati. Il 4 febbraio la Commissione Affari Sociali ha avviato infatti la discussione sul testamento biologico e, a partire dal 2 marzo, per la prima volta nella storia repubblicana, inizierà la discussione sulla legalizzazione dell’eutanasia. Discussioni che si preannunciano difficili e piene di ostacoli. Nelle riunioni iniziali riguardanti le norme che dovrebbero riconoscere legalmente il testamento biologico, c’è già chi tenta di sabotare questo strumento di autodeterminazione.

In prima fila per una legge contro il testamento biologico troviamo le note Eugenia Roccella e Paola Binetti, le quali chiedono che le indicazioni del paziente non debbano essere vincolanti per il medico, ma soprattutto chiedono di non permettere l’interruzione dell’idratazione e dell’alimentazione artificiale anche quando ad esprimere questa scelta è il paziente stesso attraverso le proprie dichiarazioni anticipate. Ma non solo loro, c’è già chi infatti pone veti a suon di “valori non negoziabili” sebbene questi siano stati disconosciuti addirittura da Bergoglio che nel marzo 2014 disse: “Non ho mai compreso l’espressione valori non negoziabili. I valori sono valori e basta”.

Capofila della non negoziazione è Benedetto Fucci il quale, preannunciando nell’ultima seduta una sua proposta di legge in materia, elenca le sue opposizioni: no all’eutanasia, no alla rinuncia all’idratazione e all’alimentazione artificiale, no alla vincolatività del rispetto delle volontà del paziente. Insomma, di fatto un “no” al testamento biologico, strumento richiesto dalla stragrande maggioranza degli italiani come dimostra qualsiasi rilevazione.

Un dibattito duro e ricco di insidie quindi, ma che non sarebbe stato possibile affrontare senza l’apporto fondamentale dell’Associazione Luca Coscioni e all’insistenza di chi, in tutti questi anni, dalla prima proposta di legge depositata nel 1984 dal deputato radicale e socialista Loris Fortuna, non ha rinunciato a lottare contro gli azzeccagarbugli della “vita” e i don Rodrigo dei proibizionismi.

Noi lottiamo e continueremo a farlo anche per rompere il muro di omertà e silenzio che da sempre grava sul tema dell’eutanasia, che è in questo nostro Paese eutanasia clandestina. Lo facciamo anche nel ricordo di Ernesto Rossi, che in una lettera indirizzata a Riccardo Bauer nel settembre del 1966, scriveva: “Crepare un po’ prima o un po’ dopo non ha grande importanza si tratta di anticipi infinitesimi, in confronto all’eternità, che non riusciamo neppure a concepire. Ma ho sempre avuto timore della ‘cattiva morte’, perché conosco quali crudeli, atroci aspetti può assumere nelle sue innumerevoli forme“.