Famiglie come questa fanno litigare i VIP

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Alessandra Gavazzi

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Maddalena, Clelia e Bartolomeo hanno due papà. E, in fondo, anche due mamme. Una ha donato loro gli ovuli, l`altra li ha portati in grembo nove mesi. La chiamano maternità surrogata, è il modo in cui Claudio Rossi Marcelli e Manlio Sanna sono diventati genitori grazie al contributo biologico di due giovani americane, Jamie Kramer e Tara Bartholomew.

«Ai nostri figli», spiega Claudio, che fa lo scrittore e vive con la famiglia in Danimarca, «abbiamo spiegato fin da subito che, non avendo la pancia, io e papà Manlio ci siamo fatti aiutare da Tara e Jamie che tuttora sono presenti nelle nostre vite». Quel legame, così ben immortalato dalla foto che vedete a sinistra, è il racconto di come è nata una famiglia, ma è anche l`incarnazione di quel groviglio di umani desideri, interessi legali ed etici dilemmi che nelle ultime settimane ha scatenato polemiche tra intellettuali, attori e scrittori nostrani.

Con le femministe di “Se non ora quando” che si sono schierate apertamente e un po a sorpresa contro l`utero in affitto, facendo appello perché questa pratica di fecondazione venga dichiarata non solo illegale in Europa, ma del tutto bandita a livello globale. Un manifesto pubblicato sulla pagina Internet cheliberta.it al quale hanno aderito, tra i tanti, Stefania Sandrelli, Claudia Gerini, Ricky Tognazzi, Simona Izzo, Micaela Ramazzotti, Claudio Amendola e Francesca Neri. Capostipite di questo movimento la regista Cristina Comencini. Attualmente a Pisa sul set del suo nuovo film con Paola Cortellesi, ha spiegato: «Una madre non è un forno. Concepire che il diritto di avere un figlio possa portarti all`uso del corpo di donne che spesso non hanno i mezzi, che per questo vendono i loro bambini, riconduce la donna e la maternità a un rapporto non culturale, non profondo».

Una posizione forte, in realtà non condivisa da tutti nello stesso movimento femminista, tanto che la stessa sorella della Comencini, Francesca, anche lei regista e anche lei tra le fondatrici di “Se non ora quando”, non compare tra i firmatari. Per non parlare di chi, pur nella stessa ala di pensiero, si è schierato decisamente contro questo punto di vista: «La questione riguarda anche la libertà di una donna di decidere di portare avanti la gravidanza per qualcun altro», ha argomentato la bioeticista Chiara Lalli, «e definire questa scelta come necessariamente un abuso, una violazione, una forma di schiavitù è un errore grossolano».

Insomma, lo slogan “l`utero è mio”, che negli anni 70 univa tutte o quasi, ora è la fonte di una polemica furibonda. A fortissimo rischio di strumentalizzazione visto che lo sfondo è anche politico, con il disegno di legge per il riconoscimento delle unioni civili promosso dalla senatrice Monica Cirinnà incardinato al Senato e in discussione a gennaio. «Ma bisogna ricordare che la maternità surrogata non è neanche menzionata nel provvedimento e che, anzi, in Italia è vietata per legge», spiega l`avvocato Filomena Gallo, segretario dell`associazione Luca Coscioni e presidente di Amica Cicogna Onlus.

A ben vedere, in realtà, ricorda il legale, da noi l`utero in affitto non sarebbe una novità. «Nel 1993, prima che l`Ordine dei medici si dichiarasse contrario alla pratica, una madre si offrì di portare avanti la gravidanza per conto della figlia ventenne che, per motivi di salute, non poteva affrontare una maternità ti due tentativi non andarono poi a buon fine. E nel più vicino 2000, il Tribunale di Roma diede l`assenso a una donazione su base solidale: si trattava di una donna “aiutata” da un`amica di famiglia senza compenso». Il nodo, probabilmente, sta anche qui.

La pratica, infatti, è legale negli Stati Uniti, in Canada, in Russia, in Ucraina, in Grecia e in India, dietro compenso alla madre surrogata che chiaramente varia molto da Paese a Paese. E dunque il dubbio è questo: davvero queste donne sono libere di scegliere oppure, soprattutto in Asia, mettere al mondo un figlio dal quale già si sa in partenza di doversi separare in cambio di denaro è, in fondo, solo una forma di moderna schiavitù? «Occorrerebbe ragionarci serenamente», continua Filomena Gallo, «magari pensando alla possibilità di donazioni solidali, senza che ovuli e uteri siano commercializzati, se questa è la critica etica fondamentale. Avviene già in Gran Bretagna. L’appello delle femministe oggi dice che un figlio non è un diritto. Allora, nemmeno l`adozione lo è».

Intanto il dibattito prosegue, anche sulla pelle di famiglie che, nel bene o nel male, si sono già formate. «Quando nacquero le nostre gemelle Maddalena e Clelia 8 anni fa», ricorda Claudio Rossi Marcelli, «le persone in Italia ci accolsero benissimo perché, non sapendo quasi nulla sulla maternità surrogata, ci incontravano senza preconcetti». Poi il clima è cambiato. «Il dibattito di oggi, sia chiaro, è sacrosanto. Ma non accetto l`accusa di sfruttamento: la nostra mamma surrogata ha scelto in piena libertà. Per lei è stata innegabilmente anche un`opportunità economica, ma non solo, ed è tutto avvenuto alla luce del sole. Diversa la questione in India. Ma proibire questa pratica alimentarebbe solo le discriminazioni verso chi non ha le possibilità. E potrebbe creare un “mercato nero” incontrollabile».