Le giuste ragioni per legalizzare la cannabis. Una risposta

Linkiesta
Benedetto Della Vedova

Caro Direttore,

 ho letto con interesse l’articolo di Marcello Esposito sull’ipotetico “trilemma” che avrebbe di fronte lo Stato in caso di legalizzazione della cannabis. Dati i tre obiettivi della riduzione dei costi della repressione, della protezione dei consumatori e degli introiti fiscali del mercato legalizzato, il legislatore – dice l’autore – è costretto sempre a sacrificarne uno. Tesi suggestiva, che parte però da una premessa sbagliata.

Guadagni e risparmi fiscali non sono affatto l’obiettivo della nostra iniziativa. Le riflessioni e il lavoro dell’intergruppo parlamentare per la cannabis legale (che ha prodotto il testo della proposta di legge poi depositata in Parlamento e firmata ad oggi da 294 tra deputati e senatori) non hanno mai ridotto la questione a una mera partita fiscale tra maggiori introiti per l’erario e riduzioni di spesa pubblica. Abbiamo ben presente la complessità dell’argomento e la necessità di un bilanciamento tra le aspirazioni alla libertà di scelta legale dei consumatori (cui – confesso – sono molto interessato per idee e storia personale) e il dovere dello Stato di contrastare gli abusi e i rischi per la salute.

Siamo sempre stati prudenti nell’avanzare stime di gettito e non abbiamo mai sostenuto che lo scopo della legalizzazione fosse fare cassa. Lo scopo di una proposta antiproibizionista – è quasi banale dirlo – è ridurre i danni prodotti dalle politiche proibizioniste, in primis il “monopolio” di fatto concesso per decenni alla criminalità organizzata e la totale assenza di controllo sulla qualità dei cannabinoidi assunti da milioni di italiani. Il gettito fiscale e l’indotto economico e occupazionale derivanti dalla legalizzazione non sono dunque il fine, ma una positiva conseguenza di questa scelta, che il 58 per cento degli italiani (Ipsos) considera apprezzabile.

Sul tema della tassazione, proponiamo di replicare il modello seguito in Italia con il tabacco. Non si può negare che sia una tassazione severa, da maneggiare con cura: quando diventa eccessiva, ad esempio perché si usa il carico fiscale sul tabacco più per esigenze generali di bilancio pubblico che per regolare la domanda dei consumatori, si crea evidentemente un incentivo al contrabbando. Questo vogliamo evitarlo. Ciò detto, siamo tutti consapevoli che il mercato legale, regolamentato e tassato della cannabis ad uso ricreativo non assorbirebbe immediatamente il mercato nero di hashish e marijuana, che persisterebbe in forma residuale, come quello del tabacco. Nessuna legge può produrre miracoli e noi preferiamo un approccio pragmatico: ogni “canna” sottratta alle mafie sarà un passo avanti.

Proprio come per le sigarette, peraltro, crediamo che la maggioranza dei consumatori abituali o saltuari non opterebbe tra mercato legale e illegale solo sulla base del prezzo, ma includerebbe nella scelta anche considerazioni riguardanti la qualità del prodotto, la sicurezza e il rifiuto di finanziare con i propri soldi le mafie.

Per quanto riguarda il gettito e il paragone con il Colorado, è probabile che l’autore dell’articolo pubblicato da Linkiesta si basasse sulle cifre del 2014. Gli ultimi dati sul 2015 testimoniano una crescita molto robusta del gettito: ha già superato i 73 milioni di dollari in sette mesi e potrebbe attestarsi a fine anno intorno ai 125 milioni (ricordiamo che si tratta di uno Stato di 5 milioni di abitanti). Le minori entrate del 2014 rispetto alle previsioni, 44 milioni anziché 70, sono state con ogni probabilità dovute alla necessità di assestamento da parte dell’offerta (era il primo anno e la rete di vendita ha avuto bisogno di tempo per strutturarsi), mentre nell’anno in corso è andata consolidandosi l’accettabilità sociale della marijuana, il turismo e la transizione dal contrabbando al settore legale.

Nella relazione della proposta di legge non abbiamo sovrastimato le dimensioni del mercato della cannabis in Italia, per promettere un miracoloso effetto di gettito. Noi abbiamo documentato una stima di 7,2 miliardi, tratto da uno dei lavori scientifici più recenti (Rossi, 2013). Questa stima, a dimostrazione della sua serietà, è stata riportata anche, insieme ad altre, nella Relazione annuale 2015 del Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Inoltre, ci siamo limitati ad evidenziare cosa verrebbe fuori semplicemente moltiplicando le quantità di cannabis circolante stimate dalla Direzione Nazionale Antimafia – fra 1,5 e 3 milioni di Kg all’anno – per il prezzo medio stimato dalle forze di polizia. Viene fuori un dato eclatante – almeno 15 miliardi di euro – ma non gonfiato. Altre stime, ottenute incrociando i prezzi di mercato con le dosi consumate rilevate attraverso l’analisi delle acque reflue – Progetto Aqua Drugs del Dipartimento politiche antidroga di Palazzo Chigi, in collaborazione con l’Istituto Mario Negri – portano a una stima compresa tra i 6,4 e i 9,6 miliardi (David e Ofria, 2015).

Ci sono, d’altra parte, anche stime inferiori, di cui Esposito è evidentemente più persuaso. Ma chiaramente né lui né io possiamo presupporre che tutte quelle che meno ci convincono e che pure circolano nella letteratura scientifica siano per ciò stesso sbagliate o strumentali.

Un’ultima considerazione. Esposito esclude “per principio” che l’obiettivo della nostra proposta di legge sia “promuovere la diffusione della cannabis anche laddove non è mai arrivata e mai arriverebbe finché rimane illegale”. Lo ringraziamo per la fiducia, ma si tratterebbe di un obiettivo comunque impossibile da raggiungere, visto che la cannabis, come tutte le droghe proibite, è già arrivata ovunque, proprio perché è illegale. Se milioni di italiani la consumano, ma molti di più no, la ragione non è che non l’hanno mai incrociata sulla loro strada.

Ho molti dubbi che la proibizione rappresenti un disincentivo morale all’uso (penso tendenzialmente il contrario), ma ci sono molti dati e decenni di esperienza a dimostrare che rappresenta di certo un insormontabile incentivo economico alla diffusione delle droghe. Visto che nel caso della cannabis la proibizione non è neppure giustificata dalla maggiore pericolosità dei suoi derivati rispetto a quella di molte sostanze legali, la legalizzazione ha dalla sua tutte le ragioni, da quelle di principio, a quelle pratiche. E auspichiamo, per il bene di tutti – consumatori e no – che siano riconosciute al più presto.