Intervento di Vidmer Scaioli nella commissione ricerca scientifica dell’XI Congresso Coscioni (seconda giornata giornata)

Buongiorno, buongiorno, mi chiamo scaioli, sono un neurologo, neurofisiogo clinico, da qualche anno, anche se negli ultimi anni, diciamo, il mio interesse e la mia curiosita’ nell’ambito dell’argomento di cui adesso vi parlero’ si e’ un po’ intensificato e sta diventando un argomento di mio interesse anche scientifico oltre che, metdere risalto quello che politiche sanitarie e impostazioni sociali di tipo proibizionistico abbiano in un certo senso condizionato la ricerca scientifica in senso negativo nel nostro paese in particolare.

Ultimamente seguo le problematiche connesse alla cannabis terapeutica, offre due tipi di letture, la lettura dominante e’ quella di essere un oggetto conteso tra due impostazioni, l’impostazione proibizionista droga e l’impostazione antriproibizionista, droga si’, pero’ la politica di tipo antiproibizionista ha fallito e occorre trovare strumenti di legalizzazione.

A mio avviso anche questa e’ un’impostazione riduttiva e limitativa perche’ la cannabis e’ impostata secondo un oggetto, e’ un oggetto che deve essere modulato secondo le problematiche sociali, politiche, etc. In realta’ sta emergendo sempre piu’ sulla base anche delle segnalazioni dei pazienti e’ che la cannabis non sia un oggetto che deve essere conteso, ma e’ soggetto che ha dignita’ di ricerca scientifica.

Questo emerge se si va a vedere e ad analizzare quelle che sono le segnalazioni che giungono dai pazienti.

Noi in italia, ho scoperto recentemente sulla base di una segnalazione di un paziente, questo paziente ha una particolare sindrome, comincio da questo caso, ho sentito dire che non ci sono documenti, evidenze scientifiche, no no, la ricerca c’e’, i dati ci sono se in italia non e’ stato possibile sviluppare una ricerca scientifica sulla cannabis terapeutica e’ perche’ e’ stata interdetta da politiche che hanno volutamente incoscianmente, piu’ o meno anche in modo anche un po’ deciso interdire questo tipo di ricerca fosse perche’ non era conveniente che si facesse.

La malattia e’ una sindrome che si chiama di olmsted, una rara malattia, il paziente, il bambino sviluppa una alterazione di sviluppo del tessuto cutaneo e intestinale e la pelle si spacca, diventa secca e il bambino sta male, soffre.

Andando a studiare si e’ visto che alla base di questa anomalia genetica vi e’ un alterato recettore che e’ modulato dai cannabinoidi, rimodulando l’attivita’ di questi ricettori si puo’ ripristinare la funzionalita’ delle cellule.

Questa ricerca e’ stata fatta da quelli che hanno identificato questi canali sono ricercatori italiani dell’istituto di biochimica molecolare, di pozzuoli, italia.

Nell’introduzione al loro lavoro scientifico pubblicato sulla journal.. Anno 2006, dicono che le proprieta’ della cannabis attiva e’ nota fin dall’antichita’ ma che l’uso ricreazionale per i suoi aspetti psico-attivi hanno a lungo, lo traduco dall’inglese, per lungo tempo le ricerche e le sue possibili applicazioni farmacologiche.

Questo e’ un dato a mio avviso molto interessante perche’ mostra come la cannabis sia effettivamente una risorsa da esplorare e da indagare, gli stessi ricercatori indicano nel loro lavoro come dentro la cannabis, parlo come gruppo, vi siano almeno 400 componenti chimiche delle quali 66 sono state identificate, molte delle quali hanno documentato un effetto di interazione.

Questo a mio avviso e’ un aspetto molto interessante perche’ gli stessi autori italiani avevano trovato per esempio dei riferimenti in riferimento alla cannabis nel trattamento del tumore della mammella umana e gli stessi autori avevano trovato riferimenti per esempio per il trattamento di effetti sull’intestino nel modulare attivita’ antinfiammatoria, un paziente che mi ha scritto, un paziente del nord italia, amico di un altro paziente che ha la stessa malattia che si era recato perche’ ha i soldi in svizzera, dice che la malattia hanno curata con l’olio di bediol, perche’ non ti fai prescrivere la cannabis? Lui non ha i soldi non ha potuto curarsi, da quando ha il bidiol ha ripreso a mangiare, era 40 chili, sta guadagnando peso e sta bene anche perche’ lui non ha gli effetti psico-attivi che temeva ma si sa perche’ il bediol non ha questi effetti.

Queste non pono problematiche.. Sono medico-scientifiche, questo ha fatto emergere quello che e’ il retroscena culturale di cui anche molti medici con cui sono entrato in contatto temono, cioe’ perche’ vi e’ difficolta’ oggi a lavorare sulla cannabis in italia? Vi e’ difficolta’ a vari livelli perche’, ve lo dico cosi’, vi sono dei timori.

Mi spiego, la cannabis, tu prescrivi la droga? Ma siete matti, io non prescrivo droga, prescrivo un farmaco, faccio una prescrizione di un medicinale che nella condizione specifica puo’ essere di aiuto e che pertanto se quel paziente mi risponde in modo positivo per me e’ un trattamento.

Ma mi dicono: prescrivi droga, sai la legge, non c’entra niente la legge, qui e’ un problema, io adesso in questo periodo lavoro un po’ sul velluto nel senso che sono ricercato da pazienti ai quali hanno fatto giri da vari blasonati, istituzioni, professori e dicono, io cosi’ non posso piu’ fare niente e quando il paziente dice perche’ non mi fa provare la cannabis? Non so come si fa, qui c’e’ la legge, c’e’ il problema che sei poi rischi, non ci sono rischi.

Il rischio vero, e questi sono aspetti che io ho gia’ messo in evidenza, due tipi di rischi connessi alla cannabis in italia.

Primo rischio, che i pazienti abbiano beneficio. Come? Usi la cannabis e stai bene, come ti permetti? Non e’ possibile.

Questo e’ il primo problema.

Con la cannabis si puo’ stare bene, perche’ ha potenzialita’ terapeutiche. Ho un grafico di un paziente che e’ stato classificato farmacoresistente e dice: dottore, ho letto il suo articolo, il mio, la sua intervista, ho visto quello che lei ha fatto, a questo punto ho provato la cannabis.

Ho provato a farmela prescrivere dal mio medico, ho avuto problemi, immagini come me la sono procurata.

Questo paziente ha delle crisi, purtroppo non si riesce a vedere, mi ha autorizzato a rivelare nome e cognome.

In questa parte ci sono, lui ha fatto un istogramma e vediamo le crisi che ha dopo il trattamento. Questa e’ terapia.

Il problema quindi, altri medici mi dicono: non ci sono i criteri.

Scusate, quando avete un paziente che avete definito farmaco intollerante, che ha un abuso di medicinali a mio avviso siete assolutamente legittimati a fare in modo che questo paziente possa assumere la cannabis.

Ma solo in casi estremi.

Alla luce di quello che ho raccolto come esperienza dico di no, l’impostazione sulla cannabis terapeutica deve essere rivista.

Puo’ essere una prima scelta, una scelta che va a integrarsi con una terapia in corso, puo’ essere anche un’alternativa.

Abbiamo un grosso percorso da fare, il grosso percorso da fare e’ recuperare e reimpostare il problema della cannabis secondo una piu’ corretta collocazione, che e’ quella di tipo medico-scientifica.

 ci sono punti di concatto con antiproibizionismo.

La cannabis ha un suo uso ricrezionale, ludico, benissimo, il problema dell’uso ludico o l’uso ricreativo puo’ essere 

Sicuramente modulato e controllato tramite delle opportunita’ di concedere a questi soggetti, a queste persone di potere accedere e di potere usufruire di questa sostanza.

Ma ci sono i rischi.

Rischi non ce ne sono.

I rischi sono quelli per cui effettivamente occorrono delle prudenze, sicuramente occorre avere delle attenzioni soprattutto in certe fasce di eta’, ma va considerato che la cannabis in modalita’ terapeutica rappresenta uno dei farmaci piu’ sicuri e esenti da rischi, non ci sono casi di abuso, non ci sono morti di abuso di cannabis, non ci sono riportati.

Il paziente, quello che ho notato con i pazienti e’ che aumentando i dosaggi della cannabis il sistema va in saturazione, cioe’ non aumenta gli effetti all’aumentare delle dosi, praticamente il soggetto si stabilizza e non aumenta il suo effetto cosiddetto psico-attivo o euforizzante, non c’e’ questo sistema per cui va oltre.

Per ritornare quindi al problema della cannabis terapeutica ritengo di impostare il discorso su due aspetti, impostare, ridefinire il problema della cannabis come opportunita’ terapeutica scientifica andando a ricollocarla dove deve essere ricollocata, e sull’aspetto sociale mediante politiche razionali di legalizzazione, per esempio mediante strumenti di concessione governativa per l’autocoltivazione o per la cessione controllata facendo la griestrazione dei pazienti.

Questo puo’ essere, a mio avviso, uno strumento che sicuramente per quel che riguarda la cannabis risolverebbe gran parte dei problemi.

C’e’ un problema di tipo giuridico, non mi riferisco alla problematica del medico presgrittore, mi riferisco alla problematica di  quei pazienti e me ne sono capitati, me lo dicono loro, che per il trattamento della loro problematica a causa dei costi che l’uso della prescrizione dei galenici ha per loro si riferiscono al mercato clandestino, quindi agli spacciatori.

Alcuni di questi pazienti mi hanno detto di avere problemi giuridici, hanno avuto perquisizioni, allora sulla base di una segnalazione di un paziente ho detto, senti se questo e’ il tuo problema io ti prescrivo il bedrocan, ti certifico che e’ una terapia, sei tutelato giuridicamente, le stesse autorita’ gli hanno detto: ma fatti fare una certificazione.

Benissimo, lui e’ venuto, ho prescritto il bedrocan e ho fatto la certificazione, questa ha avuto un valore per lui, perche’ lo ha tutelato da un punto di vista giuridico.

Allora questo l’ho fatto per altri pazienti, adesso ho un altro paziente che era andato dallo spacciatore, e’ stato fermato, arrestato, l’hanno rilasciato, gli ho prodotto la certificazione, grazie a questa certificazione l’atteggiamento nei suoi confronti e’ diventato piu’ tollerante.

Non ha potuto..

Penso che vista la nostra particolare situazione questa e’ una proposta che faccio anche di tipo politico, bisogna anche ragionare in questi termini, se penso io questa modalita’ di agire ha funzionato ed e’ stata efficace in alcune situazioni io penso che tutti  quei pazienti, pazienti o non pazienti che comunque abbiano problemi psicologici che l’uso della cannabis possa essere consentito, possono se esposti a un rischio giuridico rivolgersi al loro medico farsi scrivere quello che puo’ essere piu’ opportuno per loro, bedrocan o altro, e farsi certificare che per loro la cannabis e’ una terapia perche’ e’ un farmaco, un insieme di prodotti che ha un effetto terapeutico. Vi sono prodotti che indicano come la cannabis possa essere utilizzata per il controllo di alcuni sintomi di natura… Possono risvolgersi a un medico e farsi certificare che per loro e’ un trattamento la cannabis.

Ultimo aspetto, noi abbiamo un sistema carcerario tale per cui, un sistema carcere per cui vi sono un certo numero di detenuti per reati, cosiddetti reati connessi con la cannabis, ritengo, in ipotesi, che molti di questi cosiddetti detenuti possono essere in realta’ pazienti per i quali quando sono stati portati davanti al giudice e’ stato messo dall’avvocato di difesa che doveva tutelare il soggetto, e’ stato omesso il fatto, per cui e’ stato omesso di presentare una relazione, una certificazione per cui quel soggetto assumeva cannabis con finalita’ di tipo terapeutico, e si e’ dovuto ricorrere all’uso clandestino, essere entrato nel giro, lo e’ entrato per una problematica di natura proibizionista, la pesante sanzionabilita’ a cui e’ assoggettato l’uso e consumo della cannabis in italia.

Andando a rivedere i fascicoli sanitari di molti detenuti per reati connessi alla cannabis, a mio avviso si puo’ sostenere se questi detenuti producendo le certificazioni possono essere rivisti e rimodulata la pena in funzione del fatto che per loro la cannabis non era qualcosa di connesso alla droga ma una esigenza terapeutica e sono finiti in quella situazione perche’ le leggi hanno voluto questo ma per loro l’uso era di tipo terapeutico.

Ho finito.