Sciopero della fame tetraplegico muore

Repubblica
Maria Elena Vincenzi

ROMA . Ne aveva fatte di battaglie, Giuseppe Nardi, 62 anni, di Sermoneta in provincia di Latina, da quando quel giorno del 1991, per un incidente in macchina, era diventato tetraplegico. Aveva prima combattuto per tornare a muoversi, poi per avere il diritto di scegliere di morire, poi, ancora, per ottenere la pensione di inabilità al lavoro e non quella di invalidità civile, di soli 289 euro. Una battaglia che aveva ricominciato, con uno sciopero della fame e della sete, sabato scorso. Ora, a 62 anni, aveva la pensione regolare dell’Inps, ma voleva tutto quello che gli era stato tolto in questi anni, a lui e alla sua famiglia. E così aveva iniziato una nuova protesta. Ma questa volta il suo corpo, già provato, non ha retto. Giuseppe Nardi è morto per gravi complicazioni nella notte tra venerdì e sabato. Era stato ricoverato d’urgenza martedì scorso, a metà dello sciopero. Ventitré anni fa, prima dell’incidente, Giuseppe Nardi, padre di due figli, lavorava in un’azienda farmaceutica. «Era un uomo attivo, entusiasta, che amava la vita e la sua famiglia», racconta la co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, Mina Welby. Una famiglia alla quale, nonostante quell’immobilità, voleva dare un aiuto, almeno economico. Cosa impossibile con quel risicatissimo assegno di invalidità civile che gli era stato riconosciuto. Anche adesso che, finalmente, la pensione Inps era arrivata, Giuseppe pretendeva di avere il conguaglio per quei ventitré anni in cui, invece, aveva percepito molto meno di quello che gli spettava. Così la sofferenza e i continui ostacoli burocratici alla fine lo hanno sopraffatto. «Spero soltanto che si faccia un’indagine per andare a fondo e dare giustizia alla sua famiglia», dice Mina Welby, «speriamo che qualcuno, a questo punto, si metta una mano sul cuore e garantisca ai figli di Giuseppe almeno un risarcimento del danno».