Alzheimer senza illusioni

Il Sole 24 Ore Domenica
Arnaldo Benini

La malattia di Alzheimerè la causa più frequente di demenza. Il fattore predisponente è l’età avanzata. L’allungamento della vita si sta accompagnando inevitabilmente all’aumento del numero di anziani dementi. Oggi, nel mondo, sono circa 3o milioni, fra vent’anni saranno più del doppio. Nonostante la mole di studi (di cui riferiscono ottime riviste specializzate), sulla malattia conosciamo quanto sapeva Alois Alzheimer quando la descrisse nel 1906. Cioè, ben poco. Gli aggiornamenti del 2013 sono concordi nell’escludere l’efficacia di prevenzioni e cure. Posta la diagnosi, non c’è che proteggere, accudire e accompagnare le persone colpite: un impegno familiare e sociale enorme, di cui poche società sembrano essere del tutto consapevoli.

Il carburante del cervello sono le proteine, che esso produce giornalmente in sovrabbondanza. Un terzo di loro è dannoso o inutile. I neuroni se ne liberano giornalmente con la pulizia chiamata autofagia. Quando essa, per ragioni sostanzialmente ancora oscure, prende a far difetto, proteine di scarto si accumulano fra i neuroni sotto forma di placche, più tardi anche dentro i neuroni. Gli accumuli provocherebbero la morte di neuroni e sinapsi e quindi la demenza. Giacché essi si trovano regolarmente nel cervello dei dementi con i sintomi della malattia di Alzheimer si pensò e si pensa ancor oggi che ne siano le causa. Recenti dati rinforzano però i dubbi su questa ipotesi, già sorti per il fallimento delle cure basate su di essa. Si è visto che accumuli di proteine si trovano nei cervelli di bambini e di adolescenti, in cervelli senza alcun segno e sintomo di demenza, e in cervelli di persone molto anziane decedute in condizioni mentali normali. Per casi di persone mentalmente integre con accumuli nel cervello si è coniata la sibillina diagnosi di Alzheimer senza Alzheimer. L’ipotesi che le placche senza demenza sarebbero il segno precoce della malattia non è confermata. La tentazione di porre diagnosi precoci di Alzheimer in persone mentalmente sane è stata fortunatamente abbandonata, non solo per mancanza di misure preventive, ma perché non si può prevedere quando e se le persone con gli accumuli nel cervello diventeranno dementi. La diagnosi cosiddetta precoce rischierebbe di aumentare i suicidi. Ricercatori brasiliani hanno analizzato 14 cervelli di donne decedute fra i 71 e gli 88 anni: cinque con placche e «demenza moderata» e quattro con placche senza demenza, vale a dire con l’Alzheimer senza Alzheimer. I cervelli senza placche di cinque donne decedute per malattie non neurologiche, con mente intatta, servivano da controllo.

I cervelli furono studiati con la nuova tecnica dell”‘isotopie fractionator”, che consente di valutare la composizione e la densità cellulare delle aree cerebrali. Lo studio è limitato a pochi casi, va preso con cautela e corroborato con ben più ampia casistica, ma i risultati sono sorprendenti. Si è trovata una riduzione molto forte del numero di neuroni nell’ippocampo e nella corteccia cerebrale di pazienti dementi e con placche, mentre i cervelli con placche identiche a quelle di cervelli di dementi, ma senza demenza (cioè gliAlzheimer senza Alzheimer), hanno la densità dei neuroni uguale a quella dei cervelli di controllo. Inoltre, solo nei cervelli di pazienti dementi con placche c’è, oltre alla rarefazione dei neuroni, anche un aumento considerevole della glia (cioè di cellule cerebrali non nervose, in parte capaci d’attività elettrica) nella corteccia specie del lobo frontale e in regioni sottocorticali. Il dato anatomopatologico specifico della demenza di Alzheimer non sarebbero le placche, ma la massiccia rarefazione primaria di neuroni e l’aumento della glia. La causa della demenza sarebbe dunque la morte dei neuroni per un male loro proprio, non per avvelenamento e distruzione da parte di accumuli di proteine di scarto. Resta da capire se e perché gli accumuli sono presenti in tutti i casi di demenza di Alzheimer.

I neuroni formati durante lo sviluppo non si divideranno più, conservando dentro di loro scorie e organelli usurati e lesi. Per l’impossibilità di distribuire le scorie a cellule figlie, i neuroni hanno un invecchiamento diverso dalle altre cellule. La loro morte è dovuta a una malattia, cioè a qualcosa d’imprevisto e imprevedibile, o, come già sospettato, è la fine prevista dai geni sin dalla loro formazione? In questo caso interventi preventivi e curativi della malattia di Alzheimer sarebbero ardui, perché manipolando i geni del cervello si rischiano guai enormi. L’aumento della durata della vita rende la fragilità mentale una delle più gravi minacce all’umanità.