“La Sla taglia la vita, il governo non tagli i fondi”

Il Giornale d’Italia
Francesca Ceccarelli

Adesso basta. I malati di Sla non ci stanno più. Stufi delle rassicurazioni-beffa hanno deciso di continuare sulla strada delle maniere forti.Così Salvatore Usala, uno dei malati di Sclerosi laterale amiotrofica del Comitato 16 novembre, ha deciso di agire staccando il respiratore dopo ore di attesa. Pronti a seguirlo a breve altri 10 pazienti se non saranno ricevuti da rappresentanti del ministero o del governo. La protesta ieri mattina con altri 100 disabili gravi di fronte al ministero dell`Economia per chiedere più fondi per l`assistenza domiciliare: nemmeno il maltempo li ha spaventati, anzi , si sono mossi da tutta l`Italia per un lungo sitin. 

“In sostanza- spiega Mariangela Lamanna, vicepresidente del Comitato 16 novembre onlus – gli restano poco meno di quattro ore di autonomia respiratoria”. Sottolinea Mariangela Lamanna, vicepresidente del comitato 16 novembre Onlus:” Non si ritengono colpevoli della morte del dottor Pennacchio (il medico malato di Sla ucciso da un infarto dopo giorni di manifestazioni sotto le finestre del ministero), allora perché siamo qui da tre ore e non ci hanno ancora ricevuti? Adesso basta, abbiamo politici che trovano i soldi per tutto, non per i disabili gravissimi. Vengono spesi 18 miliardi per le Rsa, ne basterebbero un quarto per farli stare a casa: non andremo a casa fino a quando non otterremo quello che vogliamo”. 

Una protesta cha ha inciso anche sul traffico cittadino poiché i malati con le loro carrozzine hanno bloccato via Venti Settembre: addirittura quelli del Comitato 16 novembre onlus, sono pronti a dormire per strada se non avranno risposte. A sostenerli nell`iniziativa anche l`Associazione Luca Coscioni. Questa volta l`allarme rientrerà solo dopo effettive garanzie. Spiega la presidente del Comitato 16 novembre Laura Flamini: “Lo Stato risparmierebbe con l`assistenza domiciliare. Un disabile come me dovrebbe pagare minimo due badanti, che vengono a costare 44.000 euro all`anno. Non è sostenibile. 

Se la persona non ha una pensione da lavoro, potrà contare solo su quella di invalidità di 270 euro e su 495 euro di accompagnamento. Con 750 euro al mese cosa può fare? O imprigiona un familiare, un coniuge, un figlio o un genitore che sia in casa per assisterlo giorno e notte, magari licenziandosi se lavorava, oppure entra in una struttura Rsa, una residenza sanitaria assistita. Ma in questo caso muore rapidamente, perché queste strutture non possono assicurare quella vigilanza continua”. Dati alla mano i malati hanno le idee chiare su quali possano essere le soluzioni: “Il costo per una persona malata non autosufficiente in Rsa per lo Stato è molto alto, parliamo di 80-90mila euro l`anno. Molto più di quanto si spenderebbe per l`assistenza a casa.

Una soluzione che funziona da anni in Sardegna, con notevole risparmio. Da due anni chiediamo che venga preso in considerazione nel resto d`Italia”. Eppure, dopo le precedenti richieste del Comitato 16 novembre, il Fondo di non autosufficienza è stato sbloccato, ma evidentemente non basta. “Nel 2011 era di 2.300 milioni, Tremonti lo azzerò, nel 2012 è rimasto a zero, con le nostre proteste l`anno scorso strappammo 275 milioni per il 2013 che ancora non sono arrivati alle regioni. Nella legge di stabilità per il 2014 ci sono 275 milioni – asseriscono dal Comitato – Ma noi chiediamo minimo 600”. 

Dunque l`invio di nuove richieste agli organi centrali come le proposte di emendamento alla legge di Stabilità: tra queste la messa a disposizione di 600 milioni di euro per il 2014, di 700 per il 2015 per il fondo per la non autosufficienza (il 50% del quale “vincolato” per i malati gravissimi), l`istituzione di un contributo ai caregiver e la possibilità di scelta per i disabili tra la permanenza in una Rsa e le cure domiciliari. Come non farsi carica di una battaglia sociale di questa portata in contesto storico italiano in cui ogni giorno si legge di sperperi e “spese pazze” ai piani alti, mentre la popolazione stenta a sopravvivere. Una realtà ancora più grave per i malati sui quali pende la spada di Damocle più pesante, quella della malasanità.