Metodo Stamina, Lorenzin relaziona in Parlamento

Avvenire
Francesca Lo Zito

ROMA. II metodo Stamina non ha i parametri minimi per la sperimentazione. Per questo, la Commissione di esperti incaricata dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin di vagliare i presupposti scientifici della cura con le staminali del midollo osseo ha detto no all’unanimità. Lorenzin ha messo ieri a parte del parere espresso dai venti scienziati che hanno lavorato per un mese a vagliare il metodo Vannoni i presidenti delle commissioni Affari sociali della Camera e Salute del Senato. Lo ha fatto quando è arrivato sul suo tavolo il rapporto, risultato dei lavori. Quali scenari si aprono ora? La sperimentazione era stata votata dal Parlamento lo scorso maggio: il ministro dovrà dunque relazionare ai due rami quanto elaborato dalla Commissione.

E qui potrebbero aprirsi almeno due scenari differenti: da una parte come spiega Pierparolo Vargiu (Scelta civica) presidente della commissione affari sociali della Camera si potrebbe pensare a una nuova legge per avere «delle condizioni derogatorie che consentano di effettuare delle verifiche sul metodo» per dare una risposta definitiva alle attese e alle speranze create dai pazienti. Dall’altra, come afferma Emilia De Biasi, presidente della commissione sanità (Pd) «occorre stare molto attenti prima di dire che è possibile andare avanti. Il parere della commissione getta infatti una pesante ombra perché, per quanto attendiamo di leggere il rapporto, mi pare che non ci siano i requisiti di ripetitività del metodo». Ennesima fuga di notizie ieri su «Science» rispetto al parere della Commissione: «Inconsistente», nessun dato «relativo alla qualità della preparazione cellulare» assenza delle «proteine che le staminali dovrebbero esprimere quando formano nuovi neuroni». E la International Society for Stem Cell Research, associazione no profit presieduta dal premio Nobel ShinyaYamanaka, padre delle staminali riprogrammate torna a fare l’appello (si era già espressa ad aprile): istituzioni sanitarie, associazioni di pazienti e gli stessi medici dovrebbero scoraggiare l’uso di terapie cellulari non verificate attraverso adeguati test clinici.