Le parole sono importanti e allora aboliamo “cancro”

La Repubblica
Umberto Veronesi

Le parole sono fondamentali nel linguaggio del dolore, e lo sono ancor di più quando questo dolore è una diagnosi di cancro, un trauma profondissimo che tocca oltre mille persone ogni giorno nel nostro Paese. E prezioso quindi il dibattito semantico sollevato dal National Cancer Institute e ripreso ieri da Repubblica. Perché il cancro non è solo una malattia grave e a volte mortale, ma è anche la rappresentazione della maledizione, è il male per antonomasia, un male oscuro e inspiegabile che nasce in noi e dall`interno ci distrugge, tanto che è una parola usata per denominare le degenerazioni sociali che appaiono inestirpabili. È un cancro la mafia, l`inflazione, oggi anche la crisi finanziaria. Come si può pensare di guarire da un`entità simbolica, uno spettro che si può materializzare solo pronunciando il suo nome?

Diventa allora un dovere morale per i medici togliere l`angoscia creata dalla parola cancro. In Italia ci abbiamo pensato sin dal 2006, quando abbiamo proposto alla comunità medica internazionale una nuova classificazione per i tumori del seno. Invece del termine “carcinoma duttale in situ” abbiamo introdotto “neoplasia intraduttale” (in termine tecnico Din). Questa semplice sostituzione evita di utilizzare parole come “infiltrante” o “invasivo”, che evocano una malattia insinuata in tutto il corpo, generando terrore. Va detto che fino a qualche decennio fa il medico usava volentieri parole difficili dal significato minaccioso, che lasciava cadere come pietre dall`alto del suo sapere su pazienti e familiari, facendoli sentire inadeguati e ancora più impotenti. E’ una tecnica per tenere a distanza il malato e proteggere se stessi. Qualcuno la adotta ancora oggi. Però ora l`atteggiamento del paziente, più consapevole e informato, è cambiato e soprattutto è cambiato il volto del cancro.

Oggi di tumore si può guarire e le cure sono rispettose della qualità di vita. Non era così quando la parola fu usata per la prima volta da Ippocrate, 2500 anni fa. L`inventore della medicina moderna definì ” karkinos” – che significa granchio – la forma del tumore della pelle, il primo ad essere osservato. Arrivò anche ad avanzare una teoria sulla sua origine: l`eccesso di bile nera, in greco “melanconia”. Oggi le cause dei tumori diffuse sono conosciute, e mediamente il 60 per cento guarisce se diagnosticato per tempo; anzi per alcune neoplasie (mammella, prostata, tiroide eccetera) si arriva fino al 90 per cento. È davvero tempo di cambiare nome a questa malattia – noi proponiamo neoplasia- e di scacciarne i fantasmi. Così come dobbiamo smettere di chiamare gli ex malati “sopravvissuti”. Si sopravvive a una calamità, a una guerra, a un incidente: a un evento catastrofico, insomma, in cui solo per miracolo ci si sottrae alla morte. Ma oggi il cancro è una malattia curabile nella maggioranza dei casi e non deve spaventare. Le parole sono fondamentali nel linguaggio del dolore.