Alzheimer, chi sono le vittime

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Per ogni nuovo caso di Alzheimer si possono individuare almeno due “vittime”: il malato e la persona che se ne prende cura, il cosiddetto care giver. Quasi sempre quest’ultimo è una donna. In oltre l’80 per cento dei casi sono le donne della famiglia a occuparsi dei malati. Questo perché, quando la malattia colpisce pazienti uomini, sono tendenzialmente le mogli a occuparsi di loro (54,3 per cento), ma anche quando ad ammalarsi sono le donne, almeno nel 60,3 per cento dei casi, spetta alle figlie assistere le madri. Questo spiega anche perché il 32 per cento delle famiglie si avvale di una badante. I costi della malattia poi sono molto elevati: intorno ai 10mila euro l’anno. Questi i dati emersi da un’indagine dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna (O.N.Da), in collaborazione con l’IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia, il Pio Albergo Trivulzio e l’Università Bocconi, di Milano.

L’obiettivo era capire quanto l’assistenza a una persona colpita da Alzheimer incidesse sul bilancio famigliare, non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale. «Abbiamo predisposto un questionario di 45 domande, sottoposto a 80 care giver afferenti ai due centri», spiega Francesca Merzagora, presidente di O.N.Da, «e cercato di quantificare e valutare i costi, la capacità di curare, il livello di miglioramento della salute e della qualità della vita, ottenibili con modalità diverse d’intervento per questa malattia. I risultati sono stati sotto molti aspetti allarmanti e devono certamente far riflettere le istituzioni. Innanzitutto perché molte di queste donne si ritrovano a dedicare tutto il loro tempo e le loro energie psicofisiche al malato in assoluta solitudine, per la carenza di strutture di assistenza sociale. Una necessità di vivere la vita per conto del malato che le porta spesso a depressione, stati ansiosi, isolamento.

In questo contesto allarmante, arriva finalmente una buona notizia. Esistono centri in Italia dove le donne, e in generale i famigliari incaricati dell’assistenza dei malati di Alzheimer, non vengono lasciati a loro stessi. Qui i care giver vengono seguiti insieme ai pazienti, vengono informati, preparati a gestire, non solo praticamente ma anche psicologicamente, la malattia. Per il 54 per cento di loro, questo approccio all’Alzheimer comporta un miglioramento delle proprie condizioni psicofisiche e anche del malato».Costi spropositati «Secondo l’indagine appena conclusa», continua la professoressa Giuliana Baldassare, SDA Bocconi, «nel 26 per cento dei casi i care giver sono costretti ad avvalersi di un supporto per lo svolgimento delle attività domestiche e il 32 per cento di loro ha assunto una badante».

Senza dimenticare i costi dei farmaci, delle visite specialistiche, degli ausili medici e di sicurezza. Che stime nazionali calcolano intorno ai 10mila euro l’anno. Cifre importanti che pesano sul bilancio di una famiglia e a cui bisogna aggiungere i costi indiretti, più difficili da calcolare ma altrettanto elevati (se non di più). «Il 67 per cento dei pazienti, aggiunge la professoressa Baldassarre, «viene assistito da famigliari, dal coniuge o dai figli. Nell’85 per cento dei casi si tratta di donne. La maggior parte di loro è ancora in età lavorativa ma, quasi sempre per motivi economici, non riduce il proprio orario di lavoro.

Per assistere i malati, infatti, il 78 per cento dei care giver è costretto a sacrificare il proprio tempo libero, il 37 per cento rinuncia alle ferie, il 63 per cento le fa a periodi alternati o addirittura con accanto il malato». Infine nel 73 per cento dei casi, l’assistenza a un congiunto affetto da Alzheimer ha comportato un impatto negativo sull’equilibrio emotivo e anche sulla salute del care giver, nonché la rinuncia quasi totale alle relazioni famigliari e sociali. Completa il quadro l’alta incidenza di stati d’ansia, insonnia, difficoltà relazionali, soprattutto tra le donne.