Patto salute, i paletti regionali

Il Sole 24 Ore Sanità
Paolo Del Bufalo

Conto alla rovescia per l’avvio delle trattative sul nuovo Patto per la salute che dovrebbe aprire i cantieri a fine mese. Sempreché resti tra le priorità del Governo, stretto tra le vicende della finanza pubblica e il caos nato dall’ostracismo del Pdl che minaccia la crisi sul processo Berlusconi, paralizza le Camere e divide in due la politica tra chi vorrebbe il ritorno alle urne e chi invece, come Giorgio Napolitano, esorta il premier Letta a continuare. In questo quadro Beatrice Lorenzin lavora intanto nelle stanze della Salute, ma non solo: il ministro ha già avviato incontri serrati con il collega Saccomanni, perché è dall’Economia che dovrà arrivare il via libera a una serie di problemi su finanziamento e piani di rientro, propedeutici per le Regioni all’avvio delle trattative. E intanto pensa a modelli di bestpractice per tutti, deospedalizzazione, e-health e più territorio con la massima attenzione a cure domiciliaci e prevenzione. E niente tagli lineari giura, ma nemmeno ritorni alla spesa pubblica «disinvolta». Con questi obiettivi, il ministro sta scrivendo quello che definisce il «piano regolatore della Sanità». un Patto che vorrebbe trasformare in quinquennale e portare al tavolo ufficiale con le Regioni entro il mese. La bozza c’è già, assicura Lorenzin.

Regioni al lavoro. Anche le Regioni però sono al lavoro. La Commissione salute della scorsa settimana ha deciso all’unanimità di formalizzare una richiesta di incontro al ministro Lorenzin non solo sul Patto per la salute, ma anche su tutte le questioni aperte del settore. Con una pregiudiziale per la ripresa del confronto con il Governo: il definitivo chiarimento sui 2 miliardi di ticket relativi al 2014 e la garanzia sul finanziamento 2013. II riparto federalista non è ancora arrivato – e le Regioni del Sud già rilanciano l’introduzione dell’indice di deprivazione – e negli ultimi anni le manovre di finanza pubblica – hanno determinato per quest’anno e per la prima volta, una riduzione rispetto al 2012 delle risorse assegnate di un miliardo. Chiarezza ci vuole anche, secondo le Regioni, sulle risorse adeguate per gli investimenti in edilizia sanitaria anche per quanto riguarda il rispetto delle norme sismiche e antincendio. II punto di partenza concordato e confermato dalle Regioni è il documento già approvato a febbraio 2012, integrato con alcune tematiche visto che nell’anno passato dalla sua stesura il Governo Monti è intervenuto con la legge 135/2012 sulla “spending review” in cui ci sono la riduzione dei contratti per beni e servizi e la previsione del regolamento per la definizione degli standard ospedalieri, e con la legge 189/2012, che ha introdotto innovazioni con il «parziale riordino» del-1’assistenza territoriale, la mobilità del personale, la nuova intramoenia e i nuovi criteri per la nomina dei direttori generali e dei primari.

I nuovi argomenti per li Patto. Per questo la Commissione salute ha elaborato un documento approvato all’unanimità in cui si prevede la prosecuzione del percorso di definizione dei costi standand in Sanità; la necessità di definire i Liveas (Livelli essenziali di assistenza sociale); la rivisitazione e l’aggiornamento delle prestazioni indicate dal Dpcm del novembre del 2001 sui Lea; l’importanza delle politiche per la gestione e lo sviluppo del personale; la necessità di approfondire due importanti aspetti come le cure primarie e l’assistenza ospedaliera Altri aspetti che dovranno essere trattati nel Patto riguardano l’innovazione, per cui è stato proposto di valorizzare alcuni centri di eccellenza regionali prevedendo un apposito finanziamento vincolato e il privato accreditato sul quale è stata sottolineata la necessità di prevedere delle verifiche sull’appropriatezza delle prestazioni erogate in convenzione e della differenziazione di costi fissi. Standard ospedalieri nel mirino. A proposito della possibilità di prendere nuovamente in esame il regolamento riguardante la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera, Campania, Lazio e Calabria hanno rilanciato le loro osservazioni critiche su cui le Regioni dovranno intervenire. La prima è che il calcolo dei posti letto per la mobilità sanitaria non può essere a “somma zero” a livello nazionale e deve essere sganciato dal saldo complessivo per le Regioni che hanno una mobilità passiva per non confermare la situazione attuale impedendo, di fatto, un recupero dei cosiddetti “viaggi della speranza”. Poi la soglia di almeno 60 posti letto fissata per l’accreditamento e la sottoscnvibilità degli accordi contrattuali annuali per le stimane private: secondo le Regioni questo passaggio deve essere riformulato prevedendo una deroga per le stnoture monospecialistiche.