Attacco alla sclerosi multipla

La stampa Tuttoscienze
Valentina Arcovio

Non più di 20 anni fa il destino dei malati di sclerosi multipla era segnato: con pochi farmaci a disposizione, scarsa diagnostica e una generale disinformazione erano costretti a vivere la propria condizione con rassegnazione. «Ma i tempi sono cambiati», assicura Antonio Bertolotto, responsabile del Centro regionale sclerosi multipla presso l’Azienda Ospedialiero-Universitaria S. Luigi di Orbassano (Torino). Oggi la vita e l’atteggiamento dei pazienti non sono più quelli di una volta. Informati, autonomi e attivi, i malati riescono a convivere meglio con questa malattia cronica e invalidante del sistema nervoso centrale, come dimostra un’indagine condotta da Stethos Italia, con il sostegno di Novartis.

Scienza e tecnologia sono riusciti a migliorare notevolmente la condizione dei malati. «Oggi abbiamo a disposizione un gran numero di farmaci che hanno di fatto rivoluzionato la vita dei pazienti – spiega Bertolotto -. Anche se non abbiamo ancora una cura definitiva siamo in grado di contrastare meglio i processi infiammatori e degenerativi della malattia grazie ad alcuni farmaci innovativi, molto più efficaci nel prevenire le ricadute». Innovative sono anche le strategie per migliorare l’aderenza alla terapia, problema ancora critico nella gestione della malattia. La sclerosi multipla è una delle malattie neurologiche più diffuse tra i giovani: colpisce nel mondo tra i 2 milioni e mezzo e 3 milioni di persone, 450 mila solo in Europa e circa 65 mila in Italia. «Ha un decorso imprevedibile e le cause sono ancora in parte ignote, nonostante le numerose ricerche attive in tutto il mondo», dice Bertolotto. Quello che sappiamo è che una migliore aderenza alle terapie si traduce in meno recidive e in una minore evoluzione verso la disabilità. La costanza nel seguire i trattamenti, però, non è un’impresa facile. I farmaci prevedono iniezioni pluri o monosettimanali e questo è uno dei fattori che abbassa l’aderenza.

Per far fronte al problema ci si sta muovendo in più direzioni: da un lato l’utilizzo di farmaci orali, come il fingolimod (Novartis) già in uso e i prossimi arrivi come la teriflunomide (Genzyme) e il dimetil fumarato (Biogen Idee); dall’altro lato il miglioramento dei dispositivi autoiniettori che permettono ai pazienti di seguire in autonomia la terapia. Dedicata a un altro aspetto importante della malattia è anche l’iniziativa del gruppo di ricerca capitanato da Giampaolo Brichetto, neuroscienziato presso la Fondazione dell’Associazione italiana sclerosi multipla, l’Aism. I ricercatori hanno sviluppato un software specifico per la riabilitazione cognitiva attraverso il tablet: l’obiettivo è fornire ai pazienti un trattamento che poggi su una tecnologia utilizzabile facilmente anche a domicilio (e disponibile gratuitamente). Si tratta di un programma basato su un algoritmo in grado di formulare esercizi di vero e proprio training mentale via via più complessi, sulla base delle capacità dimostrate dal singolo paziente, che durante il trattamento non necessita di essere affiancato da un operatore e può esercitarsi in completa autonomia. A breve partirà una sperimentazione per verificare l’efficacia del progetto. Ma accanto alle nuove ricerche rimane fondamentale il ruolo dei centri dedicati. «In Italia la loro rete – sottolinea Bertolotto – è molto efficiente: grazie al contributo degli specialisti (neurologi, psicologi e neuroriabilitatori), oltre alle diagnosi tempestive e precise, i pazienti vengono aiutati a seguire con continuità le terapie e, quindi, ad affrontare i vari aspetti della malattia». Tuttavia, se la ricerca di Stethos Italia dipinge un quadro piuttosto confortante della vita dei pazienti, più attiva e motivata rispetto al passato, una ricerca condotta dall’Istituto Coleman Parkes Research, per conto di Almirall, fa luce su un aspetto ancora negativo. Dai risultati emerge che in Italia il 48% dei pazienti under 35 affetti da sclerosi multipla non è più in grado di lavorare o studiare e il 42% ha difficoltà nel compiere queste attività: solo il restante 10% dichiara che la malattia non ha un impatto su lavoro e studio, mentre in Europa questo valore sale al 14%. «E’ evidente che, nonostante i numerosi progressivi realizzati in questi ultimi anni, c’è ancora tanto da fare. Tuttavia sono molto fiducioso: la ricerca, infatti, va avanti e i centri per la sclerosi multipla hanno ormai sviluppato un’ottima rete di collaborazioni. L’obiettivo – conclude Bertolotto – è quello di migliorare la vita dei pazienti, costretti a convivere con una malattia che, ancora in troppi casi, può essere ancora molto invalidante».