Stretta su Stamina, sperimentazione come per i farmaci

Corriere della Sera
Margherita De Bac

ROMA — «Anche la speranza deve avere fondamento perché senza verità scientifica si illudono le persone». Le parole di Pia Locatelli, gruppo misto, riassumono l’orientamento della commissione Affari sociali della Camera che ieri ha avviato con una serie di audizioni il lavoro sul decreto sulle terapie avanzate. Quello incentrato sul metodo a base di cellule staminali mesenchimali della Stamina foundation, società fondata dal dottore in Lettere Davide Vannoni. Secondo l’impostazione condivisa all’unanimità dai deputati, che modifica il testo approvato dal Senato, verrà avviata una sperimentazione centralizzata, coordinata dal ministero della Salute attraverso l’Aifa (Agenzia nazionale del farmaco). Lo studio rispetterà le regole europee per i medicinali, più stringenti rispetto a quelle per i trapianti, percorso meno rigoroso previsto dal testo approvato dal Senato che aveva attirato sull’Italia critiche feroci (editoriali della rivista Nature, critiche di premi Nobel, ricercatori). Se passerà questa linea le cure attualmente somministrate su circa 100 bambini con malattie rare in base a ordinanze e sentenze di tribunali dovranno essere testate in centri pubblici certificati per produrre staminali. Vannoni dovrà dunque mostrarsi disponibile a consegnare all’Aifa i protocolli. Allo stato attuale non c’è prova scientifica che renda plausibile il suo metodo che riparerebbe i neuroni. E anche fra i malati rari c’è divisione. «Quel metodo di fatto non esiste, non è provato, vogliamo una sperimentazione seria e etica», ha chiesto in audizione Anita Pallara, colpita da Sma, l’atrofia muscolare spinale, patologia rara che sferza duramente il fisico. Oggi l’altra parte dei malati organizzati manifestano durante i lavori della Commissione. I tempi stringono. Entro il 25 maggio il testo dovrà essere convertito dopo un secondo passaggio in Senato. In un appello al ministro della Salute Beatrice Lorenzin un nutrito gruppo di associazioni scientifiche tra cui Telethon chiedono «di rivedere il contenuto del decreto per proteggere i pazienti».