Danni animalisti

Libero Quotidiano
Salvatore Garzillo

Criticare gli animalisti è compito sempre molto rischioso, perché espone a critiche e prese di posizione che non hanno tinte intermedie. Ma stavolta sono i ricercatori a chiedere spiegazioni, ad alzare la voce nei confronti del collettivo «Fermare Green Hill», il gruppo animalista nato nell’aprile 2010 per chiedere la chiusura di un allevamento di cani da laboratorio a Montichiari, in provincia di Brescia. Il 20 aprile scorso cinque attivisti sono saliti al quarto piano del Dipartimento di Farmacologia di Milano, in via Vanvitelli 32, esattamente nello stabulario dove vengono tenuti gli animali per gli esperimenti del Dipartimento di biotecnologie mediche e medicina traslazionale dell’Università degli Studi di Milano, dove ha sede l’Istituto di Neuroscienze del Cnr. Sono rimasti per ore in trattativa, incatenati alle porte, e alla fine hanno portato via un centinaio di topi e un coniglio come trofei. «Hanno tolto i cartellini alle gabbie – scrivono in una lettera i ricercatori – facendo sì che gli animali non fossero più identificabili e vanificando anni di ricerche su malattie del sistema nervoso come l’autismo, la sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica, il morbo di Parkinson, l’Alzheimer, la dipendenza da nicotina». Un danno non ancora stimato esattamente, ma che risulterebbe di diverse centinaia di migliaia di euro. In trenta hanno sottoscritto la missiva, tra cui la dottoressa Francesca Navone, primo ricercatore del Cnr. «I danni non sono solo economici (il che ha comunque un valore importante quando si parla di ricerca), ma anche e soprattutto di tempo. Ci vorranno mesi per poter ritornare nelle stesse condizioni di sabato. Vi faccio un esempio: una collega che oggi (ieri, ndr) avrebbe dovuto compiere un importante esperimento comportamentale con un gruppo di animali su cui lavorava da tempo, potrà ripeterlo tra sei mesi. E lei si occupa di autismo, una patologia delicatissima». Nelle parole della dottoressa non c’è rabbia, ma delusione e stanchezza. Sa benissimo che il tempo è prezioso e che molte delle persone che aspettano una cura per malattie terribili, non ne hanno. «Questi animalisti dovrebbero avere il coraggio di informarsi, avere l’umiltà di ascoltare. I loro sono atti fatti in maniera irrazionale, in assenza di una vera conoscenza». In buona sostanza non sanno quel che fanno. «Esatto, è evidente che non pensano alle conseguenze, che sono molteplici, su vari livelli, e coinvolgono per primi gli animali». Il paradosso, infatti, che in molti casi gli animali “salvati” muoiono subito dopo per lo stress. Questo perché – per esempio come nel caso dello stabulario di Milano – sono geneticamente modificati e creati per vivere in condizioni particolari e delicate, al di fuori delle quali non hanno speranza di sopravvivere. Dunque lo spreco è doppio: l’animale muore e sparisce anche la possibilità di salvare vite umane grazie al sacrificio della bestiolina «Irrompere in un laboratorio in quel modo – commenta la Navone – significa non avere rispetto per gli animali, per il lavoro di moltissime persone, per i finanziatori, per le piccole associazioni di malati che con fatica raccolgono fondi per la ricerca e che vedono andare in fumo i loro sogni». Per non parlare del fatto che in mancanza di risultati e rendiconti scientifici, i finanziatori possono decidere di chiudere il rubinetto dei fondi. E allora ciao ricerca e addio cura. «Ci accusano di essere dei mostri pronti a torturare gli animali ma non sanno che esistono protocolli internazionali che vietano qualsiasi tipo di violenzaeche, anzi, richiedono l’uso di anestetici e di un preciso rapporto finale. Inoltre – precisa la dottoressa – molti ricercatori hanno animali e amano gli animali. L’ultimo raid è stato compiuto con la scusa della vivisezione, eppure dovrebbero sapere che ormai vietata da anni». Secondo i dottori, infatti, le azioni sfruttano la generale ignoranza in materia e per questo si auspicano che possa finalmente essere compresa la differenza tra vivisezione e semplice ricerca su vivo.