Gli elementi necessari per un’opinione informata

Corriere della Sera
Luigi Ripamonti

Le storie di Sofia, di Celeste e degli altri pazienti trattati con cellule staminali dalla Stamina Foundation stanno scuotendo l’Italia. Cure praticate, poi bloccate, poi riprese o ancora fermate, a seconda dei casi e dei luoghi, a colpi di sentenze. Una situazione che propone interrogativi drammatici, fa appello alle coscienze, genera contese e formazione di schieramenti. Un quadro che, secondo diversi osservatori, riproduce lo schema della terapia «Di Bella». Quello che senza dubbio i due casi hanno in comune è la disperazione dei malati e delle loro famiglie, amplificata questa volta dall’età dei pazienti coinvolti. Una ragione di più per cercare di trovare, e di dare, risposte chiare agli interrogativi che moltissimi si pongono. Bisogna dare la possibilità a chi propone il metodo di spiegare le proprie ragioni, ed è altrettanto necessario dare agli scienziati lo spazio per spiegare i motivi che inducono a chiedere la sospensione di trattamenti, anche se ottengono solo qualche risultato, in casi in cui non ci sono altre speranze. Infine va spiegato come mai in Italia possano/debbano essere i giudici a trovarsi a decidere se una terapia deve essere praticata o no a una persona che la chiede. Domande che, qualunque sia il giudizio che si vuole dare, sono ineludibili. Per cercare di trovare le risposte abbiamo provato a ricostruire la vicenda dai suoi inizi, interpellando gli attori coinvolti a vario titolo (tranne, per rispetto, le famiglie dei malati, già molto esposte). Nella speranza di fornire ai lettori gli elementi per un’opinione informata.