Marijuana terapeutica. Quel diritto di cura ignorato

Il Salvagente
Lorenzo Misuraca

Sono ancora in pochi gli italiani che fanno uso di questa terapia, ma potrebbero essere in tanti. I derivati della cannabis, pianta conosciuta dall’opinione pubblica quasi solo come droga leggera, in realtà vengono usati anche per alleviare i sintomi di malattie gravi come la sclerosi multipla, la Sla, alcuni tumori, epilessia, emicrania, artrite reumatoide e alcuni effetti dell’Hiv. Nel nostro paese i farmaci che hanno come base il thc, il principio attivo della cannabis, comunemente conosciuta come marijuana, sono in grado di migliorare la vita difficile di tanti malati cronici, eppure questa possibilità è limitata dalla complessità della legislazione italiana che si trasforma in ritardi nell’approvvigionamento oppure in alti costi per il paziente. Pregiudizi o interessi? Spiega al Salvagente Francesco Crestani, medico e presidente dell’Associazione cannabis terapeutica, che riunisce pazienti e dottori in tutta Italia: “Il regolamento nazionale prevede da alcuni anni la possibilità di importare e prescrivere farmaci di tipo industriale o preparati galenici a base di cannabinoidi. Alcuni pazienti, circa un centinaio in varie parti di Italia, sono riusciti a ottenere questa cura. Le leggi sono un po’ farraginose e data la situazione a macchia di leopardo, alcune Regioni hanno deciso di fare dei regolamenti ad hoc per rendere più facile la terapia”. E il caso della Puglia, della Toscana, della Liguria, del Veneto e della Provincia autonoma di Bolzano. Grazie a questi provvedimenti, in alcuni casi delibere, in altri vere e proprie leggi, i malati che riescono a ottenere una prescrizione dal medico ospedaliero o da quello di famiglia hanno la copertura dei costi da parte del Servizio sanitario nazionale. Ma vanno incontro a due grossi problemi. II primo ce lo spiega Gianpiero Tiano, originario di San Giovanni in Fiore, vicino a Cosenza: “Io sono affetto da epilessia, e da quando ho scoperto che i farmaci a base di thc mi fanno star meglio ho iniziato questa battaglia per poterli usare. Non è facile perché in teoria la legge li permette, ma in pratica è molto difficile trovare un medico che te li prescrive”. Le motivazioni, secondo Tiano, sono legate in parte ai pregiudizi di molti medici che associano la cannabis alle “canne” di marijuana, e si rifiutano di considerarla un farmaco come gli altri. In parte però gli ostacoli nascono dagli “scarsi” interessi farmaceutici. Prosegue Tiano: Trattandosi di una pianta, la cannabis non può essere brevettata, quindi lapossibilità di ottenere grossi profitti per l’industria è molto minore rispetto ad altri farmaci tradizionali. Se consideriamo che la stessa ricerca scientifica è per il 70% finanziata dall’industria farmaceutica che poi è la stessa che propone ai medici l’adozione di un farmaco invece che un altro capiamo come sia praticamente impossibile in molte regioni d’Italia trovare un dottore disposto a prescriverla”. In altre parole: se non conviene a Big Pharma, non si prescrive. Il Salvagente si è rivolto a Stefano Cascinu, presidente dell’Aiom, l’Associazione italiana di oncologia medica, per avere un parere sulla questione da parte di chi queste prescrizioni potrebbe farle: “Può anche darsi che da parte del mondo medico ci siano dei pregiudizi nei confronti dei farmaci derivati da cannabis. Però credo che la questione principale riguardi il fatto che sono molto limitati i casi in cui per combattere gli stessi sintomi non si possa ricorrere ad altri farmaci che sono molto più familiari ai dottori. Non credo ci sia una preclusione né che c’entri la volontà dell’industria farmaceutica, bensì l’abitudine a prescrivere farmaci sperimentati da molto più tempo”. Ma non esiste soltanto il problema culturale. L’altra grande difficoltà a cui vanno incontro gli italiani che vogliono adottare questaterapiaè lalentezza nell’ottenere i farmaci, dovuta alla complessità dell’iter burocratico. Stefano Balbo, che vive a Merano, in provincia di Bolzano, è affetto da sclerosi multipla: ‘Per curarmi ho bisogno di un farmaco che si chiama Satirex, uno spray che mi permette di alleviare il dolore continuo che provo: scioglie i muscoli, e riesco a essere di nuovo abile. Prima usavo morfine, antiepi lettici, antidolorifici, ora invece il Satifex ha sostituito tutti questi farmaci”. Balbo però non può disporre del suo farmaco tutte le volte che serve: “Per avere questo benedetto farmaco bisogna aspettare tre mesi.” II mio medico chiede alla farmacia ospedaliera, che a sua volta deve rivolgersi all’Ufficio controllo stupefacenti di Roma. Ricevuto l’Ok da Roma, manda la richiesta al distributore europeo a Londra. Dopo una serie di passaggi burocratici che coinvolgono il Canada e Vienna, finalmente io posso andare a prendere il farmaco”. Balbo si trova così nelle stesse difficoltà di molti pazienti che rimangono senza medicina per diverse settimane. Alcuni si arrangiano, loro malgrado, autoproducendo la can-nabis in casa o rifornendosi al mercato nero. Devono cioè, violare la legge pur di non soffrire. Una scelta che nessuno dovrebbe essere costretto a fare in un paese civile. E in Puglia hanno deciso: “Ora ce la piantiamo da soli”. Erano stanchi delle attese,e hanno deciso di piantarla. Sono dei malati di sclerosi multipla pugliesi, che hanno messo in piedi un’associazione e un’iniziativa molto provocatoria per attirare l’attenzione sull’ipocrisiacheavvolge la cannabisterapeutica in Italia. E nella loro battaglia hannotrovato l’appoggio di un sindaco illuminato. Lucia Spiri e Andrea Trisciuoglio, a Racale, paesino in provincia di Lecce, loscorsogennaio hanno creato l’associazione non profit LapianTiamo. Racconta Lucia Spiri:”Lo scopo della nostra associazione è facilitare l’uso terapeuticodella canapa medicinale e offrire supporto, informazioni e idee utili peraffrontare il duro percorsodella malattia”Ok, ma coltivare in proprio la pianta in Italia è vietato e si rischia un processo penale.”Abbiamo deciso di intraprendere questa strada-ci risponde Lucia – per non doverci rivolgere al mercato nero per vedere riconosciuto il nostro diritto alla cura” In Puglia è in vigore una delibera regionaledel 2010, che permette la copertura delle spese da parte del Servizio sanitario anche peri farmaci a base di thc. Ma non pertutti,comeci spiega Andrea Trisci uog l io: “Solo alcune categorie di malati possono accedere alla cura,eicosti del farmaco vengono coperti solo quando il paziente si rivela resistente agli altri farmaci convenzionali. E in più è veramente difficiletrovare un medico che prescriva il bedrocan, farmaco che, per esempio, utilizziamo ioe Lucia. In Puglia ce ne sono solo due” Per Andrea è fondamentale avere un servizio sanitario che funzioni:”Potrei ordinare il bedrocan senza avere la copertura sanitaria nazionale, ma mi costerebbe circa milleeuro al mese” Anche peri pazienti pugliesi, come nel resto d’Italia, l’approvvigionamento è lento e tortuoso a causa dell’importazioneobbligatoria. E questo nonostante esista il Centro di ricerca per le colture industriali di Rovigo, regolarmente autorizzato a coltivare e studiare la cannabis, soprattutto peri gli utilizzi terapeutici. La legge italiana, però, prevede che i principi attivi provenienti dall’istituto di Rovigo ogni anno vengano distrutti dalla guardia di finanza, quando potrebbero essere utilizzati a scopo medico. Fortunatamente, per la battaglia dell’associazione LapianTiamo è arrivato anche l’appoggiodel sindacodi Racale, Donato Metallo,che ha concesso uno spazio comunale per la presentazione dell’associazionee ha scritto una lettera indirizzata a tutti i sindaci d’Italia affinché appoggino iniziative simili:”Come sindaco mi è sembrato un atto di giustizia appoggiare questa battaglia, nonostante questoci possa causare dei problemi. Se io so che usare la cannabis terapeutica può fare la differenza tra avere una vita normale o rimanere chiusi in casa a soffrire, come faccio non fare la mia parte?” Ci pensa Andrea a spiegare in un solo concettoquesta differenza:”Prima di usare il bedrocan i dolori erano così forti che non potevo nemmeno alzarmi. Adesso posso camminare, uscire, andare a farmi una passeggiata al mare”