Arriva l’occhio bionico che dona la vista ai ciechi

Libero
Daniela Mastromattei

Uscire dal buio e per la prima volta vedere la luce. Deve essere una sensazione meravigliosa per chi è cieco dalla nascita e non ha mai visto il mondo. Non ha mai visto i colori, le piante, gli animali né i suoi simili, gli esseri umani. A volte i miracoli accadono. E a volte è la scienza a fare passi da gigante e a cambiare la natura delle cose, come in questo caso. Per sessanta non vedenti si è illuminato il mondo: la ricerca ha permesso loro di acquistare la vista, anche se solo parzialmente, grazie all’occhio bionico. Non siamo nel campo della fantascienza, né tra i protagonisti ciechi della saga spaziale di Star Trek a cui bastavano un paio di occhiali. Siamo negli Stati Uniti, dove dopo anni di laboratorio esce allo scoperto la protesi chiamata Argus H Retinal realizzata da Second Sight Medical Products. L’occhio bionico, composto da 60 elettrodi impiantati nella retina, ha già avuto l’approvazione dai regolatori europei. E a breve dovrebbe esprimere il suo verdetto anche la Us Food and Drug Administration, rendendo Argus il primo «occhio bionico» ampiamente disponibile su larga scala. E infatti è già commercializzato in diversi Paesi europei al prezzo di 73mila euro. Siamo di fronte al «primo occhio bionico ad essere venduto in tutto il mondo, il primo in Europa e il primo negli Stati Uniti», ha spiegato Brian Mech, vice presidente della società californiana che lo ha prodotto. Questa protesi è particolarmente adatta ai pazienti che sono affetti da retinite pigmentosa, una malattia genetica rara, che colpisce circa 100.000 persone negli Stati Uniti. Le cellule fotorecettrici riescono a convertire la luce in impulsi elettrochimici che vengono trasmessi al cervello attraverso il nervo ottico: qui vengono decodificati in immagini. «La protesi sostituisce la funzione dei fotorecettori», ha aggiunto Mech. Trenta persone di età compresa fra 28 e 77 anni, che erano completamente cieche, hanno partecipato alla sperimentazione clinica del prodotto con risultati diversi. Non tutti hanno reagito all’occhio bionico nello stesso modo. «Abbiamo avuto alcuni pazienti che hanno tratto solo un po’ di giovamento e altri che potrebbero fare cose incredibili come leggere i titoli dei giornali», ha ammesso Mech. È sorprendente scoprire che in alcuni casi i pazienti vedono anche i colori: gli stessi ricercatori hanno riferito che i risultati hanno superato le aspettative. Nelle persone sane infatti il sistema di captazione dei colori è gestito, all’interno dalla retina, da diverse popolazioni di cellule specializzate nella ricezione dei singoli colori primari. Una complessità che gli attuali sistemi non erano riusciti fino ad oggi a riprodurre. Ma in Italia lo scorso aprile l’Unità operativa di chirurgia oftalmica dell’Azienda ospedaliera universitaria pisana con l’équipe di Stanislao Rizzo aveva impiantato (si diceva: per la prima volta nel mondo) la protesi retinica a quattro pazienti. Con buoni risultati. Dopo 5 mesi di riabilitazione ortottica gli operati riescono ora a distinguere la forma (tondo, quadrato e triangolo) di figure bianche su sfondo nero e viceversa oltre a leggere lettere di 15 centimetri di altezza. Vedono le ombre e intravedono i contorni dei volti. E dopo il successo dell’occhio bionico che fa tornare la vista, altri ricercatori si sono buttati a capofitto nel business con l’intenzione di mettere a punto altri prototipi, che offrano immagini ad alta risoluzione con più elettrodi impiantati nella retina. Al Massachusetts Institute of Technology, un team guidato da John Wyatt sta lavorando su un sistema che ha fino a 400 elettrodi. Mentre Daniel Palanker, medico presso la California Stanford University, propone un approccio diverso, basato su piccole celle fotovoltaiche al posto di elettrodi. Anche se dovesse essere il business l’unico motore che manda avanti il mondo, questa volta per un obiettivo… nobile.