Lotta alla sclerosi, sperimentazione al palo

Il Giornale di Vicenza

«L’Ulss di Vicenza? Deludente. Abbiamo speso 60 mila euro per donare all’ospedale un ecocolordoppler e pagare le consulenze del prof. Zamboni. Noi sul San Bortolo abbiamo investito. In cambio l’Ulss non ha rispettato l’impegno preso tre anni fa.

Vicenza era la prima in Italia in questa sperimentazione, poteva fare grandi cose, e invece oraé tutto fermo». Sergio Dalla Verde, presidente della Fondazione vicentina Smuovilavita nata per aiutare i 7 mila veneti che lottano contro la sclerosi multipla, non si dà pace sullo stand by che ha fatto vacillare l’entusiasmo con cui voleva fare di Vicenza la capitale italiana del “metodo Zamboni , cioè di una scoperta che divide la comunitàscientifica, ma che trova sempre più conferme fra i malati che hanno verificato su di sé la scoperta del direttore del Centro malattie vascolari dell’Università di Ferrara. Promette, però, di continuare fino in fondo la sua battaglia per dare una prospettiva diversa a chi oggi convive con una malattia inguaribile che in Italia tormenta 58 mila persone e sposta come Fondazione il fronte operativo anti-sclerosi su Padova, dove un’équipe dell’ ospedale Sant’Antonio guidata dal primario di angiologia Giampiero Avruscio, grazie a una delibera firmata dal dg Adriano Cestrone, è pronta a un primo blocco di 30 interventi con la tecnica lanciata da Zamboni.Ora però la sperimentazione è stata bloccata anche a Padova.

La teoria del professore ferrarese è che la Ccsvi sia una delle cause della sclerosi, per cui, liberando alcune vene ostruite della testa e del torace, si otterrebbe una importante regressione della malattia. La teoria di Zamboni sostiene che, primo, con uno speciale ecodoppler si può diagnosticare la Ccsvi, cioè un restringimento delle vene sospettate di provocare un cattivo drenaggio del cervello e un progressivo corto-circuito dei neuroni. Secondo: questa occlusione può scatenare la sclerosi a placche, anzi, può moltiplicarne di 43 volte il rischio. Se la causa è questa, esiste anche una terapia che lo stesso Zamboni in un convegno a Vicenza due anni fa aveva semplificato: «Le vene ostruite si possono riaprire con un trattamento endovascolare in day hospital. Basta un’angioplastica con il palloncino che dilata la vena ».

In effetti i risultati sembrano avvalorare la teoria del professore che si occupa di sclerosi da quando la moglie è stata colpita da questa malattia. I pazienti operati mostrano grossi benefici. Si torna a camminare, correre. Per questo si é allargato il numero di pazienti che crede in questa nuova via e il metodo si sta facendo conoscere in tutto il mondo. Dalla Verde nel 2009 ne parlò con il dg Antonio Alessandri per avviare col San Bortolo un rapporto di consulenza con Zamboni e far partire un primo ciclo di sperimentazione con i reparti di neurologia e di chirurgia vascolare diretti dai primari Francesco Perini e Nico Milite. Un programma finanziato dalla Fondazione che ha messo a disposizione dell’ospedale un ecocolordoppler da 54 mila euro.

L’intesa, siglata da Ulss e Smuovilavita, era di concentrare in una prima fase la ricerca su 120 pazienti, per poi passare, se i dati avessero dato ragione a Zamboni, al secondo step degli interventi chirurgici di disocclusione. C’è stato di più. La Regione Veneto, con una delibera, ha individuato l’Ulss 6 fra le strutture di riferimento per la sperimentazione, assieme all’Azienda ospedaliera di Padova, all’Ulss 9 di Treviso, e per la sola diagnostica all’ Ulss 5 di Arzignano e all’Ulss 8 di Molo. «Ma – accusa Dalla Verde – il primario Perini non ha voluto firmare il progetto predisposto dal collega Milite. Così si è arenato tutto».