Sulla fecondazione assistita i giudici tutelano le famiglie più della legge

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Grazia
Umberto Veronesi

La scorsa settimana una sentenza del tribunale di Cagliari ha disposto che una struttura pubblica garantisse la diagnosi preimpianto a una coppia portatrice di una malattia genetica trasmissibile, che ha fatto ricorso alla fecondazione assistita per avere un figlio. Questa sentenza si inserisce in una serie di altri 19 interventi dei tribunali sulle norme che regolano la fecondazione assistita (Legge 40), dimostrando che la magistratura è in grado di tutelare i principi stabiliti dalla Costituzione, anche nei casi in cui il Parlamento si dimostra debole nel difendere i diritti dei cittadini. Ciò avviene con la Legge 40, che per molti aspetti non rispetta la libertà e il diritto per tutti di essere genitori. La recente sentenza di Cagliari ribadisce, invece, la libertà di una coppia, anche se portatrice di una malattia genetica, di avere un figlio sano. Ricordiamo che in Italia nascono migliaia di bambini con gravi malformazioni ogni anno e la quasi totalità di queste tragedie può essere evitata. Con questa sentenza, inoltre, viene riaffermata l’incoerenza della situazione del nostro Paese: da un lato, è vietato sapere se l’embrione è gravemente malato prima di impiantarlo nell’utero, dall’altro sono permessi gli esami di diagnosi prenatale (come la villo-centesi e l’amniocentesi) ed è ammesso l’aborto. Non possiamo ignorare che l’evoluzione ci conduce verso un mondo in cui la sterilità non è più un’eccezione: sono cambiati i nostri stili di vita e sono diverse, di conseguenza, le “età della vita”, per cui le donne hanno figli in età più avanzata, si riducono le possibilità di rimanere incinte e aumentano le probabilità di avere figli malformati. La scienza, tuttavia, è in grado di aiutare a realizzare il desiderio di procreare: il più antico, il più naturale e il più positivo di tutti quelli umani. Il fatto di poter riconoscere, già a livello dell’embrione, la presenza di anomalie nel genoma che possono portare a malattie gravissime (e, dunque, a nuove vite fatte di dolore e sofferenza) credo ci obblighi moralmente a intervenire. Una cosa va, infine, sottolineata. Il contributo fondamentale della sentenza di Cagliari a rendere la fecondazione assistita un diritto per tutti, stabilendo che tutti i centri pubblici si debbano attrezzare per eseguirla. Senza l’intervento dei magistrati, la fecondazione assistita sarebbe, infatti, un privilegio per le coppie più abbienti, che sono in grado di rivolgersi ai centri privati in Italia oppure recarsi all’estero alimentando il fenomeno del “turismo pro-creativo” che rappresenta una vergogna per il nostro Paese.