Buongiorno a tutti. Io sono qui semplicemente per portare la mia testimonianza, per farvi capire che cosa rappresenta e ha rappresentato per me la legge 40.

Io e mio marito ci siamo scoperti portatori di atrofia spinale alla nascita della nostra prima bambina, nel 2003. Beatrice appunto era affetta da atrofia spinale, è nata malata. La malattia è una generale paralisi di tutti i muscoli, progressiva e se l’esordio è molto precoce come quello che è stato per mia figlia, è a morte certa quasi sicuramente entro l’anno di solito, perché anche i muscoli deputati alla respirazione vengono paralizzati.

Quindi ci siamo scoperti portatori di atrofia spinale e siamo entrati in un mondo che non conoscevamo. Ci siamo iscritti all’associazione “Famiglie SMA Onlus” e vi assicuro che nonostante sia chiamata “malattia rara” non lo è, perché sono circa 2 mila le famiglie coinvolte in tutta Italia, e questa è solo una delle malattie genetiche. Successivamente, quando nel 2004 la nostra voglia di famiglia è riemersa, dopo la morte di Beatrice, la legge 40 era già entrata in vigore e quindi la legge 40 non ci permette di accedere alle tecniche di fecondazione assistita e quindi ad una possibile diagnosi preimpianto, proprio perché noi siamo fertili e quindi non possiamo accedervi. Quindi per noi avere un figlio vuol dire tutte le volte rischiare, è una percentuale che sembra piccola perché è del 25% di generare un figlio malato, ma nel nostro vissuto la percentuale ha inciso molto di più e quindi è puramente statistico questo 25%. Nel 2004 infatti la seconda gravidanza era di nuovo feto affetto da atrofia spinale e, dopo aver visto le sofferenze di mia figlia, io e mio marito abbiamo deciso di non mettere al mondo questo bambino, anche se vi assicuro che per noi è stata una decisione molto sofferta e l’abbiamo vissuta quasi quanto un lutto. Noi volevamo questo bambino, quindi non è non accettare un handicap, è non mettere al mondo un bambino che non ha un’aspettativa di vita e non può assolutamente vivere e tra l’altro deve subire delle sofferenze assolutamente atroci perché muoiono per asfissia polmonare.

Quindi l’anno successivo, senza troppo deciderlo, è arrivato il nostro unico figlio sano, che si chiama Pietro, e questa veramente è stata una gioia immensa. Tre anni dopo mio figlio ha iniziato a chiedermi un fratellino, ma anche noi avevamo questa idea di non avere un figlio unico e quindi ci siamo ributtati, nonostante le paure e le incertezze, qui però avevamo pensato in parallelo di informarci anche per un’eventuale tecnica assistita all’estero, visto che in Italia non era possibile, perché non volevamo di nuovo andare incontro alla sorte. Purtroppo però nel frattempo i tempi erano lunghi, io avevo già 38 anni e quindi abbiamo riaffrontato un’altra gravidanza naturale, che purtroppo ha dato un altro esito di atrofia spinale. Nel frattempo ci siamo messi in lista d’attesa a Bruxelles e ad Atene, però veramente poi è diventata anche una questione di principio, perché ci siamo resi conto che la legge 40 non ci aveva semplicemente dimenticati, come all’inizio forse pensavamo, ma era stata voluta questa esclusione e quindi è diventato veramente anche un principio, anche perché comunque le coppie in Italia sono veramente tante e non rappresentava una cosa solo personale e ci siamo quindi rivolti ad un legale, a Filomena Gallo, che veramente ci ha subito scortato e capiti, e ha capito che la nostra era una volontà molto forte. In sei mesi ci ha portato alla vittoria in tribunale. Quindi noi nel 2010 abbiamo avuto l’ok per poter accedere alla fecondazione assistita. Purtroppo è valsa per far giurisprudenza e di questo sono molto contenta, però è valsa solo per noi, ma le famiglie interessate sono numerosissime, quindi ci siamo subito messi a cercare un figlio ma io a quell’epoca già avevo 42 anni e purtroppo la mia capacità ovarica non mi ha permesso di andare oltre la speranza.

Questo è un po’ quello che abbiamo vissuto sulla pelle. La rabbia che ne è derivata in questi anni è stata tanta, perché nonostante la nostra vittoria ci siamo sentiti anche etichettare coppia che vuole figli perfetti, coppia che crea casi di eugenetica e vi assicuro che nel nostro caso volevamo solo un figlio con una aspettativa di vita normale, volevamo solo essere aiutati dalla medicina a non trasmettere una malattia mortale e conclamata di cui purtroppo siamo portatori. Niente di più. Grazie.