Un plauso doveroso alla presidenza per come hanno organizzato e gestito questo congresso, che ha visto diverse presenze importanti, sia a livello tecnico che giuridico, che scientifico. Forse mancava qualcosa a livello umanistico, per cui se posso dare un contributo da questo punto di vista lo dò volentieri, anche se ci sono stati diversi interventi molto autorevoli a livello politico. Una cosa che mi ha colpito forse più di altre è stato un intervento mediano che sembrava dovesse essere un intervento di routine che si è dimostrato estremamente efficace per il messaggio che ha saputo dare, ed è stato del presidente dell’Aied, il quale forse non ha centrato da un punto di vista della tecnicalità giuridica il concetto fra doveri e diritti però ha centrato esattamente il merito della questione quando ha detto una cosa importante, fondamentale, da utilizzare sia come battaglia etica che come politica che come battaglia giuridica: non esiste un diritto alla vita. Guardate che questa è una cosa fondamentale e importantissima: non esiste un diritto alla vita.

 

MARCO CAPPATO – Un obbligo.

 

STEFANO FARAONE – No, io dico non esiste un diritto alla vita perché esiste un diritto alla procreazione che è una costa completamente diversa. La nostra Costituzione e le nostre leggi ci dicono che io ho il diritto di procreare ma non è che ho un diritto di stare al mondo e di vivere per la semplice ragione che io non sono un titolare, un soggetto di diritto perché non esisto. Semmai sono un soggetto di diritto in un secondo momento, cioè quando sono nato, e quindi ho diritto a mia volta a procreare, alle cure, alla sanità, a vivere in maniera dignitosa, e un diritto a disporre del mio corpo. Ma nel momento in cui io non esisto non c’è nessun diritto. Attenzione, i diritti vengono in un secondo momento nel momento in cui esisto, sono, sono nato. Io questo lo dico perché da questo derivano una serie di ragionamenti etici e giuridici che riguardano le battaglie proprie dell’associazione Luca Coscioni ma anche quelle generali dei radicali, sull’aborto, la fecondazione assistita, il tema del fine vita e quant’altro. Questo è il primo dei ragionamenti importanti che noi dobbiamo inserire nei nostri ragionamenti futuri. La seconda cosa che mi ha colpito è stato l’intervento della scienziata del nord america quando ha parlato delle cosiddette “rosette”, della semi- clandestinità in cui vivevano le scienziate iraniane. Quello mi ha colpito non solo perché la scienziata americana ha parlato di problemi ideologici e politici, nel senso che evidentemente lei è sbilanciata quando diceva che queste donne non aveva la possibilità nemmeno di colorare le loro provette perché non arrivano dagli Stati Uniti o dall’est, non è solo quello. Il problema è un altro: io in quella fotografia ho visto una foto del medioevo, quelle donne sole, isolate, senza contatti con l’esterno perché la gente non ci poteva andare, con due microscopi raffazzonati in un ambiente assolutamente medioevale. Lì la ricerca scientifica è legata o slegata a quelli che sono i concetti di natura etico ideale religiosa che esistono nell’Iran. Questo lo dico perché se noi trasliamo esattamente il ragionamento e lo rapportiamo da noi, vediamo che in effetti la religione per duemila anni ha fermato il concetto di ricerca scientifica, della scienza in generale. È un riverbero anche se sotto un’altra aurea, un’altra religione, di quello che è successo qui con la religione cristiana cattolica che ci ha fermato per duemila anni. Anche questo è un fatto importante perché io credo che da questo derivano anche una serie di riflessioni, cioè noi dobbiamo cercare di introdurre il concetto di ricerca scientifica laddove è stato frenato per secoli e decenni anche dalla scienza nella scuola, cosa che non è stata fatta finora. Blair diceva: la scuola, ma nella scuola la ricerca scientifica non esiste. Questo è un fatto fondamentale. E purtroppo le ragioni sono di tipo ideologico religioso che da deumila anni ci stanno travagliando e ancora non esiste questa mentalità e questa cultura di trasporre nella scuola il concetto di scienza e ricerca scientifica. Anche su questo, quando si cerca di ragionare e dire genericamente: facciamo questo o quest’altro, i nostri ragazzi vanno a studiare all’estero, i nostri ragazzi devono studiare qua, devono fare formazione e ricerca scientifica qua perché qui la scuola deve essere formata e non altrove. L’ultima cosa che volevo dire è quella che forse ha divaricato un po’ l’assemblea nei vari interventi che ci sono stati su un tema non direi eticamente sensibile, ma sensibile eccellenza, che è quello dell’animalismo in relazione alle ricerche sul modello animale e alla sperimentazione sugli animali. A mio avviso, e qualcuno lo ha detto, forse ci sono stati i talebani dell’una e dell’altra parte ma ci sono stati coloro come la Bonino e la Spadaccia che abbiano centrato il problema: cioè se da una parte c’è chi pensa che con la scienza si può fare veramente tutto, e si deve fare veramente tutto anche nei confronti degli animali, esistono fior di scienziati come il Prof. Veronesi o Margherita Hack che dicono che gli esseri viventi soffrono come noi, e non credo che siano gli ultimi arrivati, specialmente la Professoressa Hack che è il prototipo dello scienziato qua in Italia. Il professore che è intervenuto qui nel pomeriggio e ha detto cose interessanti, si è fermato su due punti che io ritengo abbastanza deboli, quando ha fatto le similitudini con i topi, ha parlato di cellule, sangue, biologia, e lui da neurologo si è fermato nel momento in cui doveva dire che queste creature hanno dei nervi, muscoli e sentono dolore e provano dolore anche loro, quindi la similitudine doveva andare oltre e si è fermato quando stava per dire la ragione per la quale non faceva più da tempo questo tipo di ricerche, probabilmente era una ragione psicologica e poi le sue ricerche sono del passato. Io mi chiedo: non si tratta qui di fare la solita mediazione politica, si tratta di usare la ragionevolezza, qui nessuno ha detto: la ricerca scientifica non si fa più sugli animali. La ricerca scientifica si deve continuare a fare sugli uomini e a maggior ragione sugli animali con criterio facendo sì che gli animali non soffrano durante la ricerca perché come gli uomini, con la quasi certezza scientifica, soffrono. Quindi un punto di incontro e una mozione coordinata e ragionevole su questo si può anche trovare.