Napolitano: più cultura e ricerca, meno burocrazia. “Sulla cultura no alla logica dei tagli lineari”

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Sole 24 Ore
Pesole Dino

Non possiamo, non dobbiamo rassegnarci alla logica dei tagli lineari e a rigidi formalismi. ll compito della politica è proprio quello di operare delle scelte e la colpevole assenza, la clamorosa e persistente sottovalutazione dell’enorme potenziale che la cultura può offrire allo sviluppo del Paese non può essere sottaciuta. Un settore «trascurato per un lungo arco di tempo» dalle istituzioni, un problema che non nasce certo con questo Governo ed è la conseguenza di perduranti «incrostazioni burocratiche», della foresta di norme e autorizzazioni che frenano le scelte governative. II presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, prende la parola al termine dell’animata sessione mattutina agli Stati Generali della cultura, e prova anche in qualche modo a farsi interprete dei malumori che aleggiano in sala, sfociati anche nelle contestazioni ai ministri presenti al dibattito. Le proteste sono legittime, ma serve razionalità. Prima di tutto vanno chiariti i veri confini della questione. Non è corretto parlare di «emergenza cultura». Siamo in presenza di una ben più grave ed evidente trascuratezza che si protrae da un lungo arco di tempo. Una scelta di fondo perpetrata con miope sottovalutazione, che va anche oltre l’attuale, grave congiuntura. I margini di intervento sono strettissimi, non lo si può negare. Napolitano richiama con decisione la necessità di finanziamento del nostro debito pubblico, che impone di impegnare ben 80 miliardi l’anno solo per interessi passivi («non possiamo giocare con il rischio fallimento»). E tuttavia pur nelle ristrettezze di bilancio, non tutte le spese possono essere collocate sullo stesso piano. Occorrono investimenti pubblici e privati. La cultura è la nostra risorsa naturale. Ed è qui che Napolitano coglie i limiti e l’inadeguatezza delle scelte operate negli ultimi anni. Occorre sapere dire molti no, «ma di certo alla cultura bisogna dire molti sì». II presidente della Repubblica fa suo il contenuto del «Manifesto per la cultura» lanciato dal Sole 24 Ore e ribadisce che l’investimento in questo settore strategico resta «il motore moltiplicatore dello sviluppo». Napolitano parla di vero assillo, di preoccupazione costante: come rilanciare la crescita e l’occupazione. Le responsabilitàvanno individuate a tutti i livelli, dal governo nazionale e locale ai diversi soggetti della società civile. Spicca «la scarsa consapevolezza del nostro patrimonio». Basta rileggere quel che c’è scritto all’articolo 9 della Costituzione, uno dei principi fondamentali della Carta. «Una scelta meditata, lungimirante che abbraccia in due righe tutti gli aspetti che affrontiamo. Dobbiamo rendere omaggio a questi signori». E come valutare quell’«oscuro estensore di norme» che in uno degli ultimi provvedimenti anti-crisi aveva soppresso d’un colpo ben dodici istituti di ricerca? Tentativo poi finito in un cassetto, ma che rappresenta la spia «di cosa possa essere la peggiore mentalità burocratica nelle scelte del governo, che devono essere libere da queste incrostazioni». L’appello è forte, appassionato. «Dobbiamo salvaguardare una quota consistente di risorse per la cultura, la ricerca e la tutela del patrimonio e del paesaggio». E anche, certo non solo, questione di risorse: abbiamo una tradizione ed un prestigio nella ricerca che molti ci invidiano. Occorrono capacità progettuali e operative. Certo non tutto è difendibile: nelle nostre istituzioni, in tutti i settori occorrono scelte non conservative per le strutture e le realtà che sono venute incrostandosi. Guai se dovessero prevalere «atteggiamenti difensivi in termini di categorie». In un quadro assai poco incoraggiante, Napolitano coglie comunque «segni di evoluzione nuova: diminuiscono le spese per consumi diretti ma non diminuisce la spesa culturale». Al governo Monti va il riconoscimento per aver contribuito a ripristinare la perduta credibilità internazionale del nostro Paese. Ma troppo poco è stato fatto per questo fondamentale settore in funzione dell’indispensabile sostegno alla crescita.