Embrione, sì dei giudici alla diagnosi preimpianto

Libero Quotidiano
Caterina Maniaci

Lo ha deciso un tribunale, quello di Cagliari, e quindi per la prima volta, da quando è entrata in vigore della legge 40 sulla fecondazione assistita, un giudice ha riconosciuto il diritto di poter fare la diagnosi preimpianto. 
Una coppia, lei malata di talassemia major e lui portatore sano, potrà quindi eseguire il test all`Ospedale Microcitemico di Cagliari sull`embrione ottenuto con le tecniche di procreazione medicalmente assistita. In sintesi, il tribunale in questione ha decretato che i centri pubblici italiani specializzati in Procreazione medicalmente assistita (Pma) devono offrire la diagnosi preimpianto alle coppie che la richiedono perché affette da malattie genetiche. 
I giudici emanano una sentenza in materia di bioetica e si riapre la delicata questione: sempre più spesso sono i tribunali a decidere su questioni tanto complesse e delicate, quando non interviene, dall`alto, l`Europa. Perché i giudici di Cagliari hanno rispettato la sentenza della Corte europea dei diritti dell`uomo di Strasburgo che lo scorso agosto aveva accolto il ricorso presentato da una coppia italiana contro la legge 40. La Corte di Strasburgo, dando ragione a una coppia italiana portatrice sana di fibrosi cistica, aveva bocciato l`impossibilità per la coppia (fertile) di accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni, bypassando, di fatto, la legge italiana sulla procreazione assistita. Il governo si è impegnato a presentare ricorso alla Corte europea. La procreazione assistita nell`ordinamento civile italiano è disciplinata dalla legge n. 40 del 19 febbraio 2004. La legge è sin dalla sua nascita al centro di infuocati dibattiti poiché pone una serie di limiti alla procreazione assistita e alla ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni. Non solo. La legge è stata oggetto di numerose sentenze e pronunciamenti da parte di tribunali. 

Alle tecniche di procreazione assistita, infatti, possono accedere «coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi». È vietato il ricorso a tecniche di fecondazione eterologa. Sono vietati l`eugenetica e la crioconservazione degli embrioni. Le reazioni, come sempre, sono vibranti e di segno opposto. «Questa è la sentenza numero 19» contro la legge 40 «e si constatano così la via crucis infinita e i guai ai quali espone una legge ideologica e al di fuori di ogni contesto. Colgo l`occasione per lanciare un appello al governo, affinchè nonpresenti ricorso contro la recente sentenza della Corte europea dei diritti umani». E` questo il commento della vicepresidente del Senato Emma Bonino. Il senatore Pd Ignazio Marino dichiara: «La sentenza di Cagliari è un altro passo per riconoscere l`impianto ideologico e incoerente di una legge sbagliata». 
Secondo Eugenia Roccella, ex sottosegretario alla Salute e deputato Pdl, il tribunale di Cagliari «ha sostanzialmente decretato che una persona affetta da talassemia ha meno diritto a nascere di una persona sana, affermando, così, non solo un chiaro presupposto eugenetico, ma anche un forte elemento di disuguaglianza tra i cittadini». Si tratta, afferma in una no ta, di «un criterio ingiusto e pericoloso che tradirebbe anche il principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione». 
E si profilano altre controversie legali sul tema. Trentamila euro per avere accesso alla diagnosi preimpianto nel tentativo di concepire un figlio sano: è la cifra pagata da una coppia di Torino, affetta da una grave malattia genetica, per la diagnosi effettuata in Spagna. Ora, questi due aspiranti mamma e papà chiedono che lo Stato italiano gliela rimborsi. E perciò si sono rivolti al tribunale del capoluogo piemontese, dove «è già stato depositato il ricorso», come annuncia l`avvocato che assiste la coppia, Maria Paola Costantini.