L’industria: giro di vite per chi opera nell’illegalità

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Il Sole 24 Ore
Natascia Ronchetti

In attesa dell’entrata in vigore del decreto Balduzzi, con le nuove norme sul settore, l’industria del gioco chiede un inasprimento delle sanzioni per le imprese che operano nell’illegalità. «Le attività illecite sono il principale fattore di concorrenza sleale», dice il vice presidente della federazione Sistema gioco Italia di Confindustria, Massimiliano Pucci. Il danno all’erario e alle aziende del settore, stimato dall’associazione di categoria, è infatti notevole. Qualcosa come il 30% del volume d’affari complessivo, che l’anno scorso ha raggiunto quasi gli 80 miliardi, con una spesa al netto delle vincite pari a 184 miliardi. Nonostante i videpoker siano stati dichiarati illeciti dal 2004 e ritirati dal mercato, «soprattutto nel Sud del Paese – prosegue Pucci – esistono ancora vaste sacche di illegalità di fronte alle quali rischiamo di soccombere. Un problema al quale si aggiunge quello della rete, con i giochi online senza concessione». Per questo l’industria del gioco, ieri riunita a Bologna, chiede regolamenti maggiormente restrittivi. La filiera si compone di oltre 6.600 aziende, con più di 100mila addetti, dei quali ventimila impiegati direttamente nel settore e più di ottantamila nei punti vendita. Sul totale della raccolta al netto delle vincite sono quasi 9 i miliardi destinati all’erario, il resto è suddiviso tra rete commerciale (50%), imprese concessionarie di Stato (30%), altre aziende della filiera (20%). Un aiuto per far emergere il sommerso arriva, almeno in parte, dal decreto del ministro della Salute Renato Balduzzi, in vigore nel 2013.