Buona sera a tutti. Inizio il mio intervento con un verso tratto da una famosa canzone di Bertoli, che probabilmente é tra le più amate per melodie e contenuti: “e alla fine della strada potrò dire che i miei giorni li ho vissuti” per agganciarmi e continuare il discorso tenuto a Roma lo scorso anno e invitata a relazionare al congresso così come sto facendo ora. Nel mio intervento del 2 ottobre 2011 avevo forse soltanto accennato allo scopo della vita, in particolare della mia, ribadito dal verso appena proclamato e dalla mia esperienza.

Lo ricordo a tutti voi, a chi mi sta ascoltando in questo momento, a chi mi leggerà, a chi é impossibilitato ad esserci e userà la mia voce per trasformarla nella sua. Il mio unico scopo di vita é la vita stessa, da vivere e trascorrere nel tempo che mi sarà concesso, lungo o breve che sia, per inseguire vivendo un sogno realizzabile: la felicità.

Posto che il tema principale del mio intervento sia il viaggio come mezzo per il raggiungimento e il perseguimento della felicità, vorrei affrontarlo in due direzioni differenti, una verso l’interno, cioè verso l’interiorità, l’invisibile e una verso l’esterno, il visibile, che a volte si incontrano e si scontrano nella vita di ognuno di noi, qui e ora, per il tempo che ci é concesso. Ho deciso deliberatamente di non affrontare apertamente il tema della vita indipendente in senso stretto, lasciando gli aspetti legislativi e tecnici da parte. Preferisco darvi la mia testimonianza di vita indipendente così come la intendo io, quindi non esclusivamente legata alle leggi e concessioni da parte delle istituzioni, ma essenzialmente profondamente motivata dalla spinta interiore che ognuno di noi ha dentro, dalla curiosità di conoscere l’uomo e i luoghi al di là delle distanze reali e delle differenze. Sì, differenze, perché la differenza la facciamo noi, io che parlo in questo momento e tu che mi ascolti, qui oppure altrove.

Ho iniziato il 2012 facendo una promessa a me stessa: ho stabilito due obiettivi da perseguire: bastare a me stessa intellettualmente così come era quando anni fa ancora non mi sentivo un peso per l’uomo che avevo accanto e per la comunità che avevo intorno, e questo è il primo che rappresenta il mio viaggio interiore; il secondo obiettivo, cominciare a muso duro a viaggiare davvero fisicamente, aumentando le distanze piano piano anche in numero di chilometri. Ci tengo a dire che quasi sempre i miei viaggi, in entrambe le dimensioni, hanno sempre come molla e come obiettivo finale conoscere me stessa e di conseguenza conoscere gli altri, anzi l’altra che sono io dentro e l’altro fuori di me. Quando decidi fermamente e con convinzione qualcosa come quello che ho appena descritto, si opera una trasformazione che neanche immagini.

Ci sono delle forze dentro di noi, assopite o sconosciute che emergono prepotentemente, spiazzandoci e dandoci carica. Mi sono ritrovata così a progettare su due piedi, su ruote, i miei viaggi, di sola, senza accompagnatore, senza sapere che tipo di barriere avrei potuto trovare. Mi sono sentita e mi sento come Ulisse, attirata dalle sirene, mi lascio ammaliare, attirare, sedurre, ma a differenza di questo eroe, simbolo del viaggio verso l’ignoto, non ho un posto di cui avere nostalgia, non ho un posto a cui fare ritorno nel mio cuore, se non me stessa e i miei affetti più cari. Non ho mai sentito di avere radici in alcun posto in particolare, se non nell’amore delle persone a cui sono legata pur essendo distante, anche durante questo viaggio, quello interiore e quello esteriore, come anche sono convinta oltre il viaggio ultimo che é la morte. Per questo, non avessi più un giorno possesso delle mie facoltà, ho lasciato opportune disposizioni alla Luca Coscioni per il mio testamento biologico, perché la libertà sia vera e totale.

Sul mio blog, che è il mio diario di viaggio personale, ho appuntato tutte le tappe. La prima tappa é stata Torino, luogo di residenza del mio ex compagno e di alcuni amici molto cari che non vedo da tempo. Mi sono sempre mossa io per prima, per andare verso di loro, ma questo non lo dico per rimprovero ma se permettete per orgoglio personale, di quello che sono riuscita ad essere: una persona tra le altre, che viaggiava sola in treno, alla quale tutti domandavano da chi fosse accompagnata e che sono rimaste colpite dalla mia solitudine come passeggera. Si sono susseguite poi dopo la mia decisione Milano, poi Verona, Bologna, Genova, Roma, unico viaggio in cui ero accompagnata perché mi son fermata fuori per la notte, Rimini anche questa fuori per la notte, Mantova. Roma e Rimini a parte, gli altri viaggi sono state scorribande di una giornata, stancanti, a volte massacranti, però che felicità! Lo spirito davvero vola. Come posso esprimerlo meglio? Forse potete solo leggerlo sul mio viso, sul sorriso che mi appare spontaneo sulle labbra ogni volta che penso con soddisfazione al passato e guardo con ansia positiva verso il futuro.

Per l’esperienza di Rimini mi sento di aggiungere altre due parole: é una tappa che rimarra’ particolarmente impressa nella mia memoria perché é il luogo dove dopo 18 anni con l’aiuto e il sostegno di un amico speciale e di due collaboratori, ho potuto tornare a fare il bagno nel mio amato mare. Non scherzo, per me Rimini il 27 agosto 2012 era le Bahamas! Una piccola nota speciale per quanto riguarda Milano, anzi per quanto riguarda Basiglio, il paese dove vivo. Nel nascondimento del mio appartamento, con la fisioterapista Paola e Severino, l’assistente, abbiamo fatto cordata e usando lo standing ho scalato l’Everest, infatti dopo 17 anni e 4 mesi e qualche giorno ho riconquistato la posizione eretta, contro ogni pronostico medico, aspettativa di chi avevo vicino in quel momento, ma soprattutto con l’emozione e la certezza che ce l’avrei fatta. E’ successo davvero, e continua a succedere due volte a settimane: da marzo adesso scalo l’Everest e con regolarità. E’ una delle poche cose che non ho lasciato perdere per quanto riguarda la mia attività fisica in senso muscolare propriamente detto.

Posso solo nominare alcune persone speciali che ho incontrato nel mio percorso, nei miei viaggi: Maria Vittoria, una amica virtuale che ho incontrato casualmente girando per il porto antico di Genova, con la quale é nata un’amicizia vera., direi anzi che amicizia è una parola troppo limitata. Lei é la prima ed unica mia amica, nel senso pieno della parola, che abbia una disabilità. Finora non ne avevo mai avuto di amicizie simili, non per scelta solo per diversità di vedute. Non tutti accettano il mio modo di vivere, non é un mio problema, cosa che rientra nel mio programma di viaggio e poi ancora la barista Paola, sempre a Genova, il macellaio di Mantova, del quale non so neanche il nome, l’albergatrice Barbara di Rimini, la dolcezza in persona, Andrea sempre di Rimini, nonché la miriade di persone a cui ho concesso di usare il mio cellulare per fotografare tutti i fotogrammi di questi ricordi, di cui non ho mai avuto paura che mi rubassero il cellulare, perché purtroppo io non posso usare le mani come vorrei, per cui mi devo fidare.

C’é un segreto per tutto questo: bisogna egoisticamente lasciarsi aiutare dagli altri, non solo assistere. Per quello la lotta é un’altra, politica, legale, anche culturale. Per questo abbiamo luoghi e istituzioni. Il messaggio che piuttosto vorrei far passare in questo mio intervento, e spero tanto che arrivi specialmente a te che ti trovi nelle mie stesse condizioni e che pensi sia impossibile uscire dal tuo piccolo mondo che hai costruito o in cui ti obbligano a vivere più o meno consapevolmente le persone che hai intorno, é questo: c’é un mondo fuori che ti aspetta, c’é un treno, una metropolitana, un tram, una strada, fosse solo percorsa inizialmente per pochi metri, per andare a comprare un quotidiano o una brioche come ho fatto io qualche anno fa, quando sono rimasta vedova. Nessuno ti offrirà il passaggio che aspetti da una vita, quello devi farlo tu, é il tuo lavoro, quello principale, ancora prima della riabilitazione, ancora prima dell’assistenza stessa. Dobbiamo cominciare a viaggiare nella testa e poi usare tutti, dico tutti i mezzi disponibili che abbiamo già e combattere per ottenerne di nuovi, per non rinunciare a muoverci, prima per noi stessi e poi credetemi, verrà naturale nel tempo per gli altri. Sarà dunque questa la felicità? A voi la risposta.

Grazie per l’attenzione.