Dolce attesa, un test sostituirà l’amniocentesi

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Federica Cappelletti

Lo specialista: si può svelare l’ammalia del feto con un piccolo campione di sangue materno

«La tutela della salute della donna e del bambino, e la garanzia di pari accesso alle cure in tutti i Paesi, oltre al progresso delle scienze, sono i traguardi della nostra missione». Lo afferma Flavia Bustreo, vicedirettore Oms con delega alla salute di donne e minori. A conclusione del congresso mondiale della Federazione internazionale di ginecologia e ostetricia (Figo), che ha riunito a Roma novemila esperti di 170 paesi, si tirano le somme di anni di ricerche e innovazioni. Ma anche di tabù, ritardi culturali e reticenze. «La ginecologia negli ultimi tempi ha fatto passi da gigante – afferma Gian Carlo Di Renzo, nuovo segretario generale della Federazione (è la prima volta per un italiano) – aprendo scenari incredibili e impensabili fino a qualche decennio fa. Dobbiamo comunque crescere, soprattutto nelle realtà arretrate. Ma attenti a non esagerare: l’incremento dei cesarei nei paesi industrializzati ha aumentato, nelle gravidanze successive, i rischi di anomalie della placentazione, seguite da grossi rischi di emorragie nel dopo parto». «Per quanto riguarda le nuove frontiere della diagnosi prenatale non invasiva – sottolinea il medico — che si avvale dello studio delle cellule fetali o del Dna fetale circolanti fin dalle prime settimane di gravidanza nel corpo della madre, alcune grosse ditte hanno messo in commercio test sofisticati ma molto attendibili che a breve eviteranno amniocentesi o prelievo dei villi coriali». La diagnosi di sesso fetale, fattore Rh, o di alcune anomalie cromosomiche (trisomia 21, Down, trisomia 13 e 18), è già eseguibile con un semplice prelievo di sangue alla fine dei primi tre mesi di gestazione. «Inoltre — spiega Di Renzo — dosando sempre nel primo trimestre alcuni marcatori nel sangue materno é possibile predire se la mamma sarà soggetta a sviluppare patologie come la preeclampsia (gestosi) e intervenire con adeguate terapie profilattiche per ridurne il rischio». La medicina materno fetale sta quindi sperimentando gli screening sempre più precoci. Anche la misurazione del collo dell’utero, fatta ecograficamente a metà gravidanza, riesce a fornire indicazioni sul rischio di partorire prematuramente. In questi casi, la somministrazione di progesterone protegge madre e feto da un parto prematuro. La tendenza per i prossimi anni sarà incentrata nel diminuire i tassi di prematurità nel mondo (oltre 15 milioni di bambini nascono prima del termine e oltre 4 milioni muoiono nel primo anno di vita). Al progetto, contribuiranno fondazioni come quella di Bill Gates, la March of Dimes e l’Oganizzazione mondiale della sanità (Oms-WHO). Anche le madri bambine (nel mondo il 10% dei parti avviene da ragazze che hanno meno di 18 anni e che sono ancora biologicamente e psicologicamente inadeguate) avranno il loro peso. «Lavoreremo sodo – assicura Di Renzo – per far comprendere l’importanza della contraccezione sicura, della sfida all’aborto clandestino, della dissuasione alle infibulazioni o alle mutilazioni femminili, delle strategie per riparare le fistole che si producono dopo parti non assistiti nei paesi poveri e che relegano la donna ai margini della società (spesso all’abbandono e al suicidio), dello screening della sfera ginecologica e in particolare l’implementazione di vaccinazioni HPV (anche nell’uomo) per ridurre l’incidenza dei tumori del collo dell’utero».