In 28 anni aborti dimezzati

Il Sole 24 Ore

Rispetto al 1982 ne è passata di acqua sotto i ponti: in poco meno di trent’anni le interruzioni volontarie di gravidanza nel nostro Paese si sono ridotte del 53,3 per cento. Da 234.801 casi, il record registrato in Italia, si è passati a 115.981 nel 2010 e a 109.538 nel 2011 (ma il dato è provvisorio). Un calo vertiginoso, il più grande successo della legge 194/1978. Confermato dai tassi di abortività, ovvero dal numero di Ivg per mille donne in età feconda tra 15 e 49 anni, che è l’indicatore più accurato per valutare correttamente il trend degli aborti: nel 2011 è risultato pari a 7,8 per mille, in calo del 5,3% rispetto al 2010 e del 54,7% rispetto al 1982. oli valore italiano è tra i più bassi di quelli osservati nei Paesi industrializzati», spiega il ministro della Salute, Renato Balduzzi, nella presentazione alle Camere della Relazione sull’attuazione della legge 194. Ma non è tutto oro. Negli stessi anni è drammaticamente cresciuto il numero di medici obiettori di coscienza, che si è stabilizzato intorno al 70% (69,3% nel 2010) con punte superiori al-l’80% tra i ginecologi in Basilicata, Campania, Molise e Sicilia. Un fenomeno che rende difficilissimo l’accesso al servizio in molti ospedali d’Italia, specialmente al Sud. Balduzzi ricorda il recente parere del Comitato nazionale di bioetica, che ha raccomandato «misure adeguate a garantire i servizi», come un’organizzazione di mansioni e reclutamento differenziato per «equilibrare il numero degli obiettori e dei non obiettori». Il ministro suggerisce inoltre di valutare l’opportunità di un coinvolgimento degli obiettori «in attività di prevenzione dell’aborto, in maniera coerente con le convinzioni di coscienza manifestate». L’altra criticità emersa dalla Relazione è l’aumento della quota di Ivg tra le immigrate, passata dal 10,1% del 1998 al 34,2% del 2010. Poiché, di contro, le più rapide riduzioni del ricorso all’Ivg sono state osservate tra le italiane più istruite, tra le occupate e le coniugate, è lampante che per loro soprattutto hanno funzionato i programmi di promozione della procreazione responsabile, svolti principalmente dai consultori. Mentre molto resta da lavorare sulle straniere e sulle donne che vivono in condizioni di maggiore svantaggio sociale. «Verso questa popolazione – sottolinea Balduzzi – si impongono specifici interventi di prevenzione». La Relazione ha raccolto anche i dati sull’utilizzo, ancora contenuto, della pillola abortiva Ru486, da luglio 2009 commercializzata anche in Italia. Nel 2010 è stata usata in 3.836 casi (il 3,3% delle Ivg), nei primi sei mesi del 2011 in 3A04 casi. Nella quasi totalità (96,1%) non si sono avute complicazioni e molte donne hanno firmato per rientrare subito a casa. Davanti a queste evidenze, i radicali sono tornati alla carica, accatastando davanti alla sede del ministero una decina di sacchi contenenti 2mila scatole vuote di Ru486: «Il ministero rimuova l’indicazione del ricovero di tre giorni, non solo perché ampiamente non rispettato, ma perché è diventato un alibi per non introdurre la Ru486, un farmaco che migliora l’assistenza alle donne e rende più sicure tutte le pratiche abortive». Resta basso il ricorso al consultorio per la documentazione e certificazione (40,4%), in particolare al Sud, ma questo canale è preferito dalle straniere. «Dal rapporto – sottolinea comunque Balduzzi – si evince che nel tempo i consultori familiari non sono stati nella maggior parte dei casi potenziati né adeguatamente valorizzati». Il ministro auspica un’inversione di rotta: i consultori, dice, vanno effettivamente integrati con le strutture in cui si praticano le interruzioni. E va potenziato il loro molo di centri di prenotazione per le analisi pre-Ivg e per l’intervento. «Sono i servizi di gran lunga più competenti – conclude il ministro – nell’attivazione di una rete di sostegno per la maternità».