Niente da fare. I finanziamenti del Fondo per l’autosufficienza non saranno reintegrati. Né nel "milleproroghe", né all’interno di altri fonti. Toccherà alla Regioni, dicono al ministero del Welfare, trovare i soldi necessari per continuare a finanziare progetti e iniziative per disabili gravi e le loro famiglie. Come? C’è chi, come il governatore delVeneto, Luca Zaia, proprio recentemente, ha annunciato che questo tipo di assistenza potrebbe essere ridotta, proprio per i tagli ai fondi statali (ed è già avvenuto nel Trevigiano). E chi, come il presidente della Puglia, Nichi Vendola, per mantenere gli stessi livelli ha deciso di aumentare le tasse sui carburanti. O ancora chi, come la regione Marche, ha annunciato proprio ieri la creazione di un fondo straordinario regionale per compensare i mancati trasferimenti statali (ma non è detto come sarà finanziato…). Le altre regioni sono in attesa di farei calcoli per capire quale strada prendere, tagli o nuove tasse. I malati e le famiglie attendono di capire se tanti progetti che in questi anni hanno garantito, o provato a garantire, un’autonomia o almeno un sollievo, potranno continuare. In attesa di una generale riforma del Fondo sanitario nazionale che, come promette il ministero del Welfare, possa considerare anche il settore della non autosufficienza, superando la politica dei fondi settoriali da rifinanziare ogni anno, la situazione appare in forte crisi. Senza alcuna alternativa all’azzeramento del Fondo per la non autosufficienza. Cerchiamo di spiegare. Il Fondo nasce nel 2007 (Finanziaria 2008) con uno stanziamento di 200 milioni, con l’obiettivo di migliorare l’assistenza ai malati non autosufficienti (disabili, cronici, anziani, ecc.), per i quali è necessaria un’assistenza continuativa. Il finanziamento, salito poi a 400 milioni l’anno successivo, aveva carattere nazionale, e permetteva di ripartire annualmente le risorse alle Regioni, sulla base dei dati relativi alla popolazione non autosufficiente che vi risiede, e di altri indicatori demografici e socio economici. Tendeva a garantire ai malati i livelli essenziali, senza avere una funzione sostitutiva delle prestazioni sanitarie. Elemento, quest’ultimo, molto importante. Si tratta, infatti, di interventi di tipo sociale e non sanitario. Una filosofia molto diversa che punta non sulla cura ma sull’integrazione e autonomia del malato. Sul sostegno alle famiglie, cercando di non stravolgerne la vita. In questi anni, ad esempio, sono così nate iniziative come rassegno di cura" per pagare tra l’altro la badante e evitare i ricoveri. Un risparmio (l’assistenza domiciliare costa almeno la metà di quella in istituto o ospedale) ma, soprattutto, una vita migliore. Oppure le comunità alloggio e i centri occupazionali diurni pet disabili intellettivi gravi. Proprio quattro di queste strutture (due comunità e due centri), dopo l’azzeramento del Fondo, saranno chiuse nel Trevigiano, mettendo in gravi difficoltà una settantina di farnie. realtà il malato e la sua famiglia non sapevano di usufruire del Fondo, non sapevano da dove venissero i soldi che garantivano il servizio. Lo ricevevano e basta. Finanziato sia dalla quota del Fondo destinata alla Regione, sia da finanziamenti propri di quest’ultima. Ora, dopo l’azzeramento deciso dalla Le:4 e di stabilità, restano solo gli "autofinanziamenti" regionali. In molti casi insufficienti. Anche perché nel frattempo è calata la scure anche su un altro strumento fondamentale di sostegno del welfare, come il Fondo nazionale per le Politiche sociali (ne scriviamo a parte). Restano gli interventi di tipo sanitario ma in attesa di una riforma, si tratta di tutt’altra cosa.
Il dicastero del Welfare scarica i costi sulle Regioni. In Veneto sarà ridotta l’assistenza La Puglia aumenta le tasse sui carburanti per evitare tagli Tramontai’ "assegno di cura" per pagare la badante ed evitare ricoveri. A rischio comunità alloggio e centri occupazionali per disabili intellettivi Ridimensionati pesantemente gli stanziamenti per le politiche sociali Con la legge 449 del 1997 nasce il Fondo nazionale per le Politiche Sociali, poi ridefinito dalla legge 328 del 2000. Doveva finanziare, attraverso le Regioni e i Comuni, gli interventi di assistenza alle persone e alle famiglie, attraverso il sistema articolato dei Piani sociali regionali e dei Piani sociali di zona, per-realizzare, per ciascun territorio, una rete integrata di servizi alla persona rivolti all’inclusione dei soggetti in difficoltà (disabili, malati, anziani, tossicodipendenti, immigrati, ecc.) o, comunque, all’innalzamento del livello di qualità della vita. In Erano 435 milioni realtà,fino al 2009 –……….. una parte significativa nel 2010. Solo 275 del Fondo veniva nel 2011. Ancora destinato dall’Inps al finanziamento degli meno in futuro:69 "interventi nel 20I 2 e appena costituenti diritti soggettivi", quali gli 44 nel 2013 assegni di maternità o al nucleo familiare, le agevolazioni di genitori di disabili gravi, le indennità dei lavoratori affetti da talassemia. Succedeva così che, ad esempio, dello stanziamento per il 2006, pari a 1,625 miliardi di euro, solo 775 milioni andassero alle Regioni. Nel 2009 gli stanziamenti relativi ai "diritti soggettivi" sono stati coperti interamente da capitoli di spesa del Ministero del Lavoro. Il Fondo si è così ridotto a 584 milioni, scesi a 435 nel 2010. La Legge di stabilità ha calato la scure, portando lo stanziamento a 75 milioni per il 201 1, 69 per il 2012,e 44 per ìl 2013. Solo una forte protesta di associazioni e famiglie, che ha trovato voce anche sulle nostre pagine, ha ottenuto l’incremento per il 2011 di ulteriori 200 milioni. Siamo comunque a poco più della metà dello stanziamento dell’anno precedente. E nulla è annunciato per i prossimi due.
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