La decisione con cui il 27 maggio la Corte Costituzionale sudcoreana ha stabilito la legalità della ricerca sugli embrioni crioconservati provenienti dalle cliniche di procreazione assistita non poteva passare inosservata. «La decisione conferma che gli embrioni umani nel loro sviluppo iniziale non impiantati nell’utero della madre non possono essere considerati una forma di vita umana», ha spiegato il portavoce della Corte costituzionale. Quindi che «gli embrioni non impiantati nell’utero materno non hanno alcun diritto umano». La sentenza conferma pure la legittimità della legge sulla bioetica che autorizza la distruzione degli embrioni sovrannumerari ottenuti dalle tecniche di fecondazione in vitro dopo cinque anni o il loro uso scientifico.
La questione di costituzionalità era stata sollevata da un gruppo di cittadini, tra cui esponenti di associazioni pro-fife. Dura la reazione della Chiesa cattolica coreana. “La Corte ha tenuto conto solo dell’opinione dei genetisti favorevoli alla ricerca sulle cellule staminali”, ha denunciato padre Hugo Park Jung-woo, responsabile per le attività pro-vita dell’arcidiocesi di Seoul. Secondo padre Park, la Suprema corte “ha fatto un passo indietro e preso una decisione sbagliata”. Ferma anche la posizione del segretario della Commissione per le attività provita della Conferenza episcopale (Cbck), padre Casimir Song Yul-sup, che ha definito la decisione "vergognosa”, a partire dal fatto che stabilisce “un trattamento discriminatorio verso gli embrioni non impiantati”. In una società già divisa sulle delicate questioni dell’aborto – illegale salvo casi eccezionali – e della procreazione ,assistita, quella di giovedì scorso è sembrata a molti una decisione che favorisce i genetisti impegnati nella ricerca sulle cellule staminali.
Dalla vicenda di Hwang Woosuk, finito in disgrazia nel 2006 per attività di ricerca non consentite dalla legge e truffa, ma le cui ricerche sono di fatto proseguite da altri nel suo paese, dopo le recenti modifiche legislative, o attraverso iniziative da lui controllate, Ia Corea del Sud ha cercato di venire a patti con l’opposizione. Allo stesso tempo, Seoul ha cercato di "valorizzare" le sue risorse nel campo, tra le più avanzate al mondo. In una dichiarazione diffusa domenica scorsa, dichiarata in Corea del Sud «Giornata nazionale per la vita», il presidente della Commissione bioetica della Cbck, monsignor Gabriel Chang Hong-Hun, ha richiamato alla necessità di nuove strutture per incoraggiare le nascite. La Chiesa coreana stima che le interruzioni volontarie di gravidanza siano circa un milione e mezzo all’anno, su 50 milioni di abitanti, un dato quasi equivalente a quello dei nati.
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