La lettera di Beppino Englaro: un anno dopo mi batto ancora in nome di Eluana.

Beppino Englaro

Beppino EnglaroCaro direttore, un anno è passato dalla «fine di un incubo». Era un incubo nostro, degli Englaro, perché avevamo un componente della famiglia in balìa di mani altrui, contro la sua volontà. Ma credo che questo incubo familiare sia entrato in molte case. Incontro sempre più persone che vogliono stringermi la mano, salutarmi e dirmi grazie. Penso che questa gente abbia capito il senso dei diritti individuali di libertà delle persone. Sono convinto che molti si siano resi conto del prezzo che abbiamo pagato. C`è una questione che viene sempre capovolta. Mi sento dire: «Mai più Eluane». E cioè, mai più contro la sacralità della vita e la sua indisponibilità. Ma, secondo me, è l’esatto contrario. E cioè, nessuno deve avere il potere di disporre di un’altra vita com’è avvenuto per Eluana.

Il miglior modo di tutelare la vita in tutte le situazioni è affidarne le decisioni a chi la vive. Sia a chi  è in condizioni di intendere e volere, sia a chi non è più capace, ma ha spiegato che cosa avrebbe voluto per sé. Che cosa mi diceva Eluana? «La morte l’accetto, fa parte della vita, ma che altri  mi possano ridurre a una condizione  di non-morte e di non vita, no, questo non l’accetto». C’è chi la pensa in maniera diversa, e lo so bene. Ma so bene anche che mentre Eluana moriva, il Parlamento aveva organizzato una corsa per approvare una norma che annullasse quello che aveva stabilito la corte di Cassazione. C’era un giudicato e c’erano dei politici che volevano sovvertirlo. C`era  una nostra lunga e dolorosa battaglia, e c’era chi voleva  farne carta straccia. Sembrava che quella legge fosse indispensabile  per gli italiani. Che fosse fondamentale per la salvaguardia ideologica di alcuni partiti.

Adesso io vorrei  dire: è passato un anno, e la legge non c’è. Come  mai? A che punto è? Tutta  quella forza d’urto lanciata mentre una ragazza moriva dov’è finita? Vedo che non hanno capito niente: i politici ne fanno una questione di conflitto di poteri, di chi decide che cosa. Dimenticano che la corte costituzionale s’è già espressa, avallando l’operato della magistratura di fronte a un cittadino che s’era rivolto a loro per il riconoscimento  di un suo diritto. E se questi politici leggono  bene la sentenza dei 16 ottobre 2007, capiscono che è perfettamente allineata ai principi della nostra Costituzione. Se i politici vogliono riappropriarsi, come del resto a loro spetta, del diritto  "dell’ultima parola" su temi eticamente controversi, devono tenere conto di quello che è accaduto sinora.

E come diceva Pulitzer, «un’opinione  pubblica bene informata è la nostra corte suprema». I sondaggi ci sono, dicono che il mio è il sentire  comune. E invece questa  legge, così come viene formulata, non tiene e non terrà. E poi come non considerare che anche la terza carica dello Stato si è espressa sul tema, mettendo in guardia il legislatore da autoritarismi da stato etico? I cittadini, come era esasperatamente cittadina Eluana, vogliono essere  essi in condizione di assumersi le loro responsabilità. E non essere trattati come se non fossero responsabili delle loro scelte di coscienza.

Un anno dopo la morte di Eluana, io voglio semplicemente separare la tragedia privata  di aver perso una figlia dalla violenza terapeutica. Non credo che la medicina  giusta sia quella che offre  una «vita senza limiti». Eluana un anno dopo è come un anno fa, o diciotto anni fa: un simbolo pulito della libertà individuale. Ed è nel mio cuore costantemente.

 

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