Lo scrittore Terry Pratchett soffre di Alzheimer. Da un po’ di tempo non riesce ad autografare i libri. Ma ha la lucidità e la voglia di lanciare la sua «provocazione», il suo grido di battaglia da una delle trasmissioni della Bbc più serie e più seguite: «Panorama». E ora, sostiene, che nel Regno Unito vengano istituiti i «tribunali dell`eutanasia» in modo da consentire ai malati terminali di «stringere la mano alla morte».
Autore, oggi sessantaduenne, reso famoso dalla serie romanzesca ambientata nel «Mondo Disco» e cominciata nel 1983 con Il colore della magia, Terry Pratchett convive con il morbo dalla fine del 2007 quando annunciò sul suo sito Internet che i medici gli avevano scoperto «l’atrofia corticale posteriore». Non ha smesso di lavorare e di mantenere un contatto quotidiano con i lettori attraverso il web. Ma ha dedicato anche grande impegno alla causa del suicidio assistito. A metà gennaio la Bbc aveva annunciato che proprio Terry Pratchett avrebbe tenuto la sua «lezione» dal piccolo schermo. E così ieri, davanti a una platea di alcuni milioni di telespettatori, si è aperto il dibattito, reso ancora più attuale dal recente caso di Kay Gilderdale, la mamma assolta per avere aiutato la figlia, immobile e a letto da 14 anni, a compiere l’atto estremo.
Su un tema tanto delicato le coscienze si dividono, i sentimenti si lacerano, lo Stato laico è prigioniero di dubbi e di paure. Come è possibile conciliare le sensibilità e i dolori individuali con i diritti e l’etica collettiva? È giusto aprire una «finestra» legislativa che aggiri la punibilità penale del suicidio e dia un «salvacondotto» a chi, consapevolmente e di fronte alla irreversibilità della salute, desideri porre fine alle sofferenze? È possibile trovare nuove barriere normative che archivino la situazione attuale nella quale chiunque assista un malato terminale nel suicidio è considerato «un sospetto omicida»? S’intrecciano mille domande.
Terry Pratchett ha sostenuto che le resistenze culturali, religiose e politiche vanno superate. «Sarebbe molto meglio se una persona che vuole morire potesse andare in un tribunale con gli amici e con i parenti a presentare il suo caso». Un tribunale specifico, «un tribunale non aggressivo», istituito proprio per concedere o negare il via libera. Ne dovrebbero fare parte un medico specialista in malattie non curabili e un legale esperto in diritto familiare, in prima istanza avrebbero il compito di accertare l’assenza di qualsiasi condizionamento. «Mi sembra ragionevole guardare alla professione medica che nel corso dei secoli ci ha aiutato a vivere più a lungo e in maniera più sana. Ora ci deve aiutare a morire con serenità nelle nostre case, circondati dai nostri cari, evitandoci una lunga permanenza nella sala d`attesa di Dio». Pensiero e posizione che Kay Gilderdale ha condiviso.
A pochi giorni dalla vittoria davanti all`Alta Corte, la signora della quale la Procura generale chiedeva la condanna per avere somministrato la dose letale alla figlia consenziente, ha detto nel corso della stessa trasmissione: «So di avere fatto la cosa giusta per Lynn. Lei è libera e in pace dove aveva bisogno di essere. Lo ripeterei affrontando qualsiasi conseguenza. Questo era ciò che mi aveva chiesto Lynn. Un atto d’amore». Eutanasia sì? Eutanasia no? Il sondaggio della Bbc rivela che la maggioranza del Regno Unito ha le idee chiare: nel caso di menomazioni irreparabili, il 73 per cento è favorevole alla dolce morte.
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