Ovociti e spermatozoi direttamente dalle cellule staminali della pelle e nuove cure contro la sterilità.
E’ questo il traguardo cui sembrano puntare i risultati del team dell’Università di Stanford, in California, guidato dalla ginecologa Renée Reijo Pera e presentati sulla rivista Nature. Sostenuti da un finanziamento dell’Nih, l’Istituto superiore della sanità Usa, i ricercatori hanno svelato il funzionamento di tre geni, Dazl, Boule e Daz, che controllano la trasformazione delle staminali embrionali in quelle cellule germinali in grado di produrre spermatozoi e cellule uovo. Le germinali ottenute nei laboratori californiani sono ancora imperfette e lontane dal poter essere utilizzate per eventuale programma di fecondazione artificiale, ma nel caso delle germinali maschili, che evolvono più rapidamente, i ricercatori sono riusciti a osservare anche le prime fasi di sviluppo degli spermatozoi .Il risultato apre la strada a molte innovazioni sul fronte della cura della sterilità, che solo negli Usa costano oltre cinque miliardi di dollari l’anno. Genitori in carne e ossa hanno dunque i giorni contati e basterà una riserva di staminali per concepire un bambino in provetta? Reijo-Pera, tra le donne più influenti d’America secondo Nemsweek nel 2006, è molto cauta e spiega che la vera svolta del suo lavoro è la possibilità di osservare il processo di formazione di ovociti e spermatozoi umani al di fuori di un organismo vivente. Fino ad ora si utilizzavano infatti topi da laboratorio per moltiplicare le cellule umane, ma c`era sempre il timore di una contaminazione con i tessuti animali. Poter osservare lo sviluppo da cellule germinali, è molto importante spiegano i ricercatori, perché la sterilità si manifesta in età adulta ma le su origini risalgono spesso all’infanzia o alle prime fasi dello sviluppo dell’embrione e potrebbero essere dovute all’inquinamento e ad altri stress. “Credo- osserva Allan Pacey, andrologo dell’università di Sheffield, in Gran Bretagna- che questi risultati ci aiuteranno a trovare nuove cure, ma non necessariamente attraverso la produzione di sperma in laboratorio, che considero improbabile. Piuttosto identifico nuovi bersagli per farmaci e geni che possano stimolare la naturale produzione di queste cellule”.
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