Svizzera, «Dai vescovi nessun via libera alla “dolce morte”»

Viviana Daloiso

Dopo dieci annidi discussioni e proposte, la Svizzera adotterà il prossimo dicembre la riforma del codice civile. Tra le principali novità anche un articolo – precisamente il 370 – che si occupa di «Dichiarazioni anticipate di trattamento», alias testamento biologico. L`articolo si inserisce in una risistemazione più ampia della tutela dei diritti del paziente, che entrerà in vigore solo nel 2012, e che non fa alcun cenno alle pratiche eutanasiche, tanto meno a come si devono intendere i trattamenti di alimentazione e idratazione artificiale. Punto che divide il dibattito politico italiano e sulla cui obbligatorierà – come naturale-la Chiesa svizzera ha le stesse posizioni della nostra. Di qui lo stupore di Claudio Mésoniat, direttore del Giornale del Popolo, che ieri è rimasto a bocca aperta leggendo su alcuni quotidiani italiani che l`episcopato svizzero addirittura benedirebbe la dolce morte. Intanto un po` di chiarezza, cosa succede di nuovo in Svizzera? Niente di nuovo. Le «direttive anticipate» hanno ricevuto valore legale da un voto parlamentare federale di tre mesi fa, che esaminava una riforma del Codice civile. Si tratta di un testo molto generico, sul quale potranno appoggiarsi diversi tipi di testamento biologico che sono già in circolazione da anni. C`è per esempio quello di Caritas svizzera, ovviamente contrario a ogni forma di eutanasia. Si fa, ad esempio, menzione del diritto del futuro paziente di rifiutare alcuni mezzi terapeutici, ma senza precisare nulla a proposito di idratazione e alimentazione artificial i. Si tratterà di interpretarlo, e ogni Cantone dovrà emanare i propri regolamenti applicativi entro il 2012. Su questo punto la Chiesa svizzera come la pensa? La posizione dei vescovi svizzeri circa la natura da attribuire a idratazione e alimentazione artificiali è chiara da sempre: non vanno considerate terapie, ma normali cure di base. Quindi, per i vescovi svizzeri, non dovrebbero rientrare affatto tra i «mezzi terapeutici» che si possono rifiutare. Né più né meno che la posizione dei vescovi italiani. Che poi, com`è noto, è quella del magistero cattolico. Il contrario di quanto affermato ieri da alcuni quotidiani italiani. Già. Ho spiacevolmente notato come abbiano nuovamente perso la tramontana su questi temi, in particolare La Stampa, facendo una totale confusione tra «suicidio assistito» – una triste specialità elvetica che esiste da 20 anni e ha radici nel codice penale degli anni `30 del secolo scorso – e «direttive anticipate. Che sono due cose differenti… Il suicidio assistito è opera di un paio di associazioni, Exit e Dignitas, che operano sul crinale della legalità facendo leva su un articolo del nostro codice penale che non punisce chi assiste senza scopi di lucro – una persona che intende suicidarsi. E la posizione della Chiesa svizzera in proposito è da sempre di nettissima condanna. Come spiega, allora, le dichiarazioni messe in bocca ai vescovi svizzeri? A un insolito meeting che si è svolto nei giorni scorsi a Berna su iniziativa dell`Ambasciata svizzera a Roma (stranamente molto intraprendente in questo caso: il nostro ministro degli Esteri è la signora Calmy Rey, notaper le sue posizioni «aperte» in fatto di fine vita), erano stati invitati cinque giornalisti italiani. A spiegare le posizioni dei cattolici c`era il teologo Jerumanis, professore della Facoltà teologica di Lugano. Le cui posizioni su idratazione e alimentazione sono state fuorviate. E, a rischio di essere ripetitivi, quali sono? No alla «dolce morte» (che per il titolone de La Stampa sarebbe «benedetta» dalla Chiesa in Svizzera), sia nella forma suicidale che in quella procurata, e no a delle «direttive» di fine vita che contemplino il rifiuto di idratazione alimentazione artificiali (come nel caso di Eluana): questa, e solo questa, è la posizione dei vescovi svizzeri. Mésoniat, direttore del «Giornale del Popolo.