Ti serve una carrozzina? Paga tu che Roma non paga

Serenella Mattera

Malati costretti a sobbarcarsi le spese di protesi e altri ausili per non aspettare che lo Stato aggiorni l’elenco delle tariffe. Varato nel ‘99 e mai aggiornato. La ricerca intanto è andata avanti, ma la politica no.

«Non tutti sanno che la vita può diventare una questione di grammi o centimetri. I politici o gli amministratori sicuramente questo non lo sanno». Nevio Minici è tetraplegico, ha una malattia che gli impedisce di muovere braccia e gambe. Ha bisogno di una carrozzina e di altri ausili che gli permettano di essere autonomo. Se li è comprati e ora riesce anche a lavorare. Ma ha pagato quasi tutto di tasca propria. Perché ha deciso di sobbarcarsi la spesa e smetterla di aspettare. Aspettare che il governo, uno qualsiasi, si decida finalmente a rinnovare l’elenco delle protesi, delle carrozzine e di tutti gli altri ausili riconosciuti e garantiti dal Servizio sanitario nazionale. Quello attualmente in vigore è stato redatto nel 1995, varato nel 1999. E vecchio, obsoleto, oltre che fatto male. La ricerca intanto è andata avanti, si è inventata strumenti che consentono ai disabili di «vivere davvero liberi». Ma lo Stato quegli strumenti non li paga, o li paga in parte. O peggio, li paga per intero, ma soltanto perché qualche funzionario si assume la responsabilità di interpretare la legge a modo suo, per piegarla alle reali esigenze del malato. E la politica? «Il nuovo elenco è all’esame della conferenza Stato-regioni».

Dopo dieci anni, ancora si discute. «La carrozzina costa intorno ai 3.200 curo e il cuscino contro le piaghe da decubito circa 600. Lo Stato mi ha passato per la carrozzina 1.650 giuro e per il cuscino 200» racconta Nevio Minici. E rivendica: «Uno come me che lavora, oltre a guadagnare soldi, autostima e dignità, versa le tasse. Ma ho deciso di pagare di tasca mia quello che non mi garantiva lo Stato, perché ausili più adatti alle proprie esigenze fanno la differenza tra lavorare e non lavorare, tra essere di peso ai propri familiari ed essere autonomi, tra prendersi delle soddisfazioni o deprimersi, insomma tra vivere e vegetare». « A tutta qui la questione», assicura Maria Teresa Agati, presidente della Commissione studi e ricerche sugli ausili tecnici di Confindustria. «Il nomenclatore tariffario (così è chiamato l’elenco varato nel ‘99, ndr) va sostituito al più presto, perché è basato su presupposti culturali del tutto sbagliati – dice – l’ausilio tecnico prima era considerato un risarcimento riconosciuto dallo Stato al disabile ed era scelto con criteri opinabili. Invece rientrano nella categoria tutti quegli strumenti indispensabili per ottenere una vita adeguata».

«Sono quelle cose belle che fanno venir voglia di vivere» riassume Mario Melazzini, un medico oncologo che convive da qualche anno con la Sla, la sclerosi laterale amiotrofica, la malattia che ha ucciso Luca Coscioni. Non ne vuole fare una questione politica, Melazzini, ma «una battaglia quotidiana contro la mancanza di sensibilità». Insensibile, ovviamente, è un mondo politico che per 10 anni dimentica di rinnovare un elenco e poi all’improvviso sale sulle barricate per un singolo caso. Perciò a chi in questi giorni è tutto assorbito dal dibattito sul fine vita, Melazzini chiede semplicemente: «Dateci prima la possibilità di essere nutriti e idratati, garantiteci gli strumenti per vivere degnamente, poi dopo decidiamo quando si tratta di accanimento terapeutico».

Il nomenclatore tariffario nel 2001 è stato inserito nei Lea, le prestazioni essenziali che lo Stato deve garantire a tutti. Ma non è stato rinnovato. Mercoledì prossimo, 4 marzo 2009, la conferenza Stato-regioni si riunirà (come già nelle scorse settimane) per trovare l’accordo sul testo del nuovo nomenclatore varato dal governo. «La parte tecnica è quasi ultimata, dovremmo farcela in due settimane. Ma resta aperta quella sulle risorse, perché è previsto un taglio drammatico per il 2010» dice Mario Romeri, coordinatore tecnico della commissione Salute che riunisce gli assessori regionali. Peccato che intanto il tempo passi. Come sono passati, dal ‘99, sette governi, quattro presidenti del Consiglio, centinaia di deputati e senatori e decine di governatori regionali. Solo il nomenclatore è ancora lì, immutato, con le tariffe degli anni ‘90 e le stesse lacune di allora. A un certo punto, un anno fa, ci si era illusi: Romano Prodi e il ministro Livia Turco avevano varato tanto di decreto. Ma l’esecutivo è caduto, sono arrivati Silvio Berlusconi e Maurizio Sacconi, e il nuovo ministro si è accorto che il provvedimento della Turco era irregolare: mancava un bollino. E allora? Tutto da rifare. Altri nove mesi e nessuno sa dire quanto ancora ci voglia. 1126 gennaio una delegazione dei 5mila malati italiani di Sla si è presentata davanti al ministero della Salute. Un sit-in per sollecitare a fare presto. L’inerzia, del resto, costa anche allo Stato. Un corredo di ausili con alte performance per la gestione a domicilio di una persona con gravissima disabilità, va dai 7 ai 13mila curo, ma si risparmierebbero molte ore di assistenza e si garantirebbe dignità al malato. Altri esempi, per rendere meglio l’idea, li porta Mario Melazzini, che ha partecipato al tavolo tecnico che ha redatto il nuovo nomenclatore. «Ci sono strumenti, nel nuovo elenco, che faciliterebbero la nostra vita in maniera incredibile» dice.

«Viene riconosciuto tra l’altro il diritto a un ventilatore portatile perla respirazione. lo me lo sono comprato: costa tra i 6mila e gli 8mila euro. Non tutti se lo possono permettere. Poi ci sono i comunicatori e la domotica (le tecnologie per automatizzare la casa). Ma anche una previsione banalissima come la possibilità di sostituire la carrozzina quando, in malattie degenerative, le esigenze cambiano. E non, come ora, solo ogni cinque anni». La richiesta è fare in fretta. Insensati i tempi della politica, se solo si considera che nella sostanza il nuovo nomenclatore è quello che era stato approvato dalla Turco. La dottoressa Agati avverte: Se si attende ancora, il rischio è che la nuova lista nasca già vecchia».